Sono trascorsi esattamente 60 anni da quando Genova, Città Medaglia d’Oro della Resistenza, scacciò nuovamente i fascisti e contribuì alla caduta del Governo Tambroni, sostenuto dai missini.
Al posto di quell’esecutivo reazionario, e che aveva già represso i lavoratori in lotta, un altro, riformista e borghese, varava il cosiddetto boom economico che, a fronte di uno sfruttamento selvaggio, portava a una moderata crescita dei consumi.
Si è dovuto aspettare l’autunno caldo del 1969 per far sì che lo spirito di ribellione esploso tra i lavoratori durante i fatti di quel 30 giugno genovese, spezzasse le catene messe dai nemici e dai falsi amici revisionisti.
La Federazione genovese e ligure del Partito Comunista ricorda i fatti del 30 giugno 1960 come la giusta reazione di una classe operaia sulla quale si sparava in piazza, e sottolinea il carattere rivoluzionario di quella giornata, che ha messo in evidenza la lotta antagonista del proletariato.
Oggi, come ieri, il massacro sociale verso la classe lavoratrice non è altro che l’altra faccia dal fascismo, ovvero dello strumento che la borghesia usa contro il proletariato quando non è più in grado di governare la crisi o la ristrutturazione capitalistiche attraverso i meccanismi della democrazia borghese, detta anche il “volto umano” della dittatura del capitale.
Da qui, l’equazione antifascismo uguale anticapitalismo. Il fascismo si sconfigge difendendo i diritti sociali, rilanciando la lotta di classe e contrastando con forza i capitalisti, la loro Unione Europea e il loro braccio armato, la NATO.
Sessanta anni dopo, ricordiamo quel 30 giugno attraverso la testimonianza di uno dei protagonisti dei fatti di piazza De Ferrari: Giordano Bruschi, nome di battaglia Giotto.
Conclusioni del segretario generale Marco Rizzo.