Intervento di Kemal Okuyan, Segretario generale del Partito Comunista di Turchia, al XX Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai svolto ad Atene dal 23 al 25 novembre. Traduzione dall’inglese a cura della redazione di La Riscossa.
In che modo la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, di cui abbiamo celebrato il 100° anniversario l’anno scorso, ha raggiunto i suoi obiettivi? Potremmo ribaltare la domanda e chiederci: “Perché dopo un periodo di tempo così lungo non si è verificata una svolta rivoluzionaria?”
Non sarebbe corretto rispondere in modo semplicistico a questo tipo di domande, né spiegare il verificarsi di processi storici di tale complessità attraverso un singolo fattore. Tuttavia, oggi, durante un incontro in cui discutiamo i compiti attuali del movimento operaio, possiamo affrontare un problema critico che limita l’influenza del movimento comunista internazionale.
Non possiamo negare che, oggi, la rivendicazione e l’obiettivo della creazione di una società senza classi e sfruttamento non occupano uno spazio significativo nella percezione delle masse lavoratrici. Il socialismo come sistema sociale ha lasciato tracce più profonde in alcuni paesi, mentre in altri tali tracce storiche sono state completamente cancellate. Tuttavia, se facciamo una valutazione complessiva, il socialismo non è riconosciuto come alternativa concreta a livello globale.
Si tratta soltanto di una valutazione della situazione attuale. Non intendiamo diffondere il pessimismo. Al contrario: vogliamo indicare quali sono i compiti che il movimento comunista deve assolvere affinché questo ostacolo possa essere rimosso.
Sono passati 170 anni dalla pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista. Se prendiamo in considerazione questo periodo storico nella sua interezza, il fatto che la creazione di una “società senza classi e sfruttamento” non abbia mai occupato uno spazio tanto limitato fra gli obiettivi dell’umanità come oggi ci impone di riconsiderare la nostra situazione. Durante questo periodo, la borghesia ha perso tutto il suo carattere progressista, il capitalismo ha raggiunto la sua fase finale, quella imperialista, il sistema capitalista ha costretto l’umanità ad attraversare due guerre mondiali e la frase “socialismo o barbarie” è stata confermata in innumerevoli occasioni.
I motivi alla base del fatto che il comunismo non è percepito adeguatamente dalle masse lavoratrici come programma attuale di riscatto sono molteplici. Tuttavia, se vogliamo discutere il ruolo dei partiti comunisti e operai, dobbiamo riconoscere che, oggi, tale situazione si verifica anche tra i membri del Movimento Comunista Internazionale. Negli ultimi 170 anni, i partiti comunisti e operai non sono mai stati così lontani dalla rivoluzione socialista come nella fase che stiamo attraversando, sia sotto il profilo programmatico che sotto quello strategico.
Viviamo un’epoca in cui il capitalismo non è in grado di dare nemmeno false speranze agli esseri umani. L’abiezione della politica borghese non è mai stata così evidente e milioni di persone sono intrappolate in una spirale di disperazione. Si dice che nel mio paese, in Turchia, vivano quattro milioni di immigrati. Dalla stessa Turchia, più di 5,5 milioni di persone sono emigrate in Europa, nella speranza di trovare lavoro o per motivi politici. Tuttavia, la maggior parte di queste persone è infelice in paesi come la Germania, la Francia, il Belgio e i Paesi Bassi. Alcune di queste persone emigrano in paesi lontani dall’Europa, come l’Australia. Ciò significa che il capitalismo, che semina nel mondo guerre, crisi, conflitti etnici e nazionalismo, costringe le persone a lasciare il proprio paese.
A questo punto la domanda è: Che cosa facciamo?
Indicare un percorso realistico di liberazione, mostrare un’alternativa credibile, vuol forse dire affermare che il capitalismo può essere meno violento o che l’imperialismo e la pace possono coesistere o, ancora, che la democrazia e la libertà possono sorgere in modo graduale?
Se continuiamo a ripeterci che, dopo 170 anni, l’enfasi sul comunismo non costituisce più un’alternativa credibile e cerchiamo di costruire una strategia basata su rivendicazioni o obiettivi senza riscontro nella realtà, ci allontaneremo sempre di più dall’obiettivo di una società senza classi e sfruttamento.
Credo che in questo caso commetteremmo un errore cruciale. Le condizioni oggettive possono non essere favorevoli per una sollevazione rivoluzionaria. Sappiamo che ciò non dipende dalla nostra volontà. Ma la lunga esperienza degli ultimi 170 anni ha dimostrato, sia teoricamente che empiricamente, che l’idea dell’adozione di programmi diversi in fasi rivoluzionarie e fasi non rivoluzionarie è errata. L’idea di mettere il socialismo in secondo piano in favore di concetti quali i diritti umani, la democrazia, l’indipendenza, la libertà, la pace e di porsi come obiettivo di sferrare il colpo fatale per la conquista del potere da parte della classe operaia soltanto quando le condizioni saranno mature è priva di qualsiasi fondamento.
In particolare, è evidente che tracciare un percorso più “vendibile” con il pretesto che “la gente non crede nel socialismo come obiettivo” avrà come unico risultato quello di consegnare le masse lavoratrici nelle mani dei partiti borghesi. Nessuno sceglie l’imitazione al posto dell’originale.
Dobbiamo essere creativi. Dobbiamo respingere il settarismo, l’uso di frasi fatte e le scorciatoie. Perché la strada è lunga e il compito è difficile. Ma non dobbiamo dimenticare che, in quanto partiti comunisti e operai, la nostra missione prioritaria è di promuovere tra le masse lavoratrici l’idea che la rivoluzione socialista è attuale.
Siamo una famiglia e in questa famiglia dobbiamo discutere la questione in modo chiaro, franco e deciso, come compagni, fratelli e sorelle. A che scopo partecipiamo a questi incontri, se intendiamo la non-ingerenza negli affari interni degli altri partiti come totale indifferenza rispetto a ciò che facciamo o diciamo? Abbiamo imparato la lezione del passato: nessun partito consentirebbe ad altri di interferire nei propri affari interni; nessuno accetterebbe una distinzione tra partiti di grandi e piccole dimensioni. Tuttavia, dobbiamo ascoltarci e comprenderci l’un l’altro e dare voce a ciò che pensiamo quando è necessario. La missione prioritaria di ciascuno di noi è far avanzare la lotta nel proprio paese. Ma ciascuna lotta è anche parte del processo rivoluzionario mondiale. Siamo interconnessi: un successo nel nome della classe operaia in un paese diventa un esempio per la lotta negli altri paesi e viceversa. Il popolo sovietico ha pagato a caro prezzo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma il proletariato di tutto il mondo ha subito le conseguenze della controrivoluzione. È dunque possibile affermare che si è trattato di un problema che riguardava soltanto il Partito Comunista dell’Unione Sovietica?
Sì: siamo una famiglia e ci stiamo organizzando, come partiti comunisti e operai, per realizzare l’ideale del comunismo. Questo obiettivo finale è la ragione ultima di tutte le lotte che stiamo conducendo e del prezzo che paghiamo. Per fortuna, ci sono ancora centinaia di migliaia di comunisti nel mondo. Purtroppo, la necessità e l’attualità del socialismo non sono oggi all’ordine del giorno per l’umanità. Qui parliamo della nostra missione. Crediamo che la nostra missione sia di far sì che l’obiettivo della rivoluzione socialista e del comunismo sia di nuovo all’ordine del giorno per i popoli. Questa è la nostra missione prioritaria. Il fatto che le nostre lotte per la libertà, la pace e l’indipendenza dipendano da questa missione non le rende meno efficaci, ma, al contrario, le rafforza.
Per quale motivo la nostra lotta quotidiana per il pane e il lavoro dovrebbe essere in contraddizione con la lotta per un sistema senza fame e disoccupazione? Non esiste un ordine di priorità fra le due: entrambe le lotte vanno condotte contemporaneamente. Questa è la nostra prospettiva.
Il Partito Comunista di Turchia continua la sua lotta in questa prospettiva. Il partito ha consolidato le sue radici nella classe operaia attraverso la riforma organizzativa del 2018. L’esperienza acquisita attraverso le cellule e i comitati nei luoghi di lavoro, riorganizzati di recente, ci ha mostrato che i lavoratori affrontano la lotta per le rivendicazioni quotidiane con maggiore entusiasmo quando tale lotta è messa in relazione con l’obiettivo del socialismo. Nel contesto della disperazione dell’opposizione interna al sistema di fronte alla percezione dell’invincibilità di Erdogan, la sfida che abbiamo lanciato per la creazione di una nuova Turchia facilita l’ascesa della classe operaia turca sul palcoscenico della storia.
Con fede incrollabile nel nostro futuro, il futuro del nostro movimento…
Viva la rivoluzione! Viva il comunismo! Viva l’internazionalismo!