«Da eroi a esuberi». Una OSS racconta

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«Da eroi a esuberi». Una OSS racconta

di Silvia Stefani

 

Mentre l’Italia festeggia allegramente il passaggio alla fase 2 della pandemia, si moltiplicano le testimonianze dei lavoratori che arrivano a #SoccorsoRosso, l’iniziativa social lanciata dal Partito Comunista per creare un filo diretto con i lavoratori nel momento di emergenza, ma anche per il periodo successivo che, come previsto, ha fatto registrare un notevole calo dei livelli occupazionali.

Operai e dipendenti di piccole aziende si sono ritrovati ad aspettare una cassa integrazione che in molti casi non è mai arrivata, così come molti piccoli negozi e realtà artigianali hanno chiuso le serrande per sempre.

Il tutto, mentre il Governo non ha lesinato aiuti e prebende alle grandi imprese. Un massacro sociale, che come al solito è ricaduto sulle spalle della classe lavoratrice, del proletariato.

Neppure sono stati risparmiati quelli che, con spreco di retorica borghese, sono stati definiti “eroi” e ai quali sono stati promessi incentivi, che in gran parte non sono mai arrivati.

Raggiunta la fase 2 della pandemia, molti lavoratori della sanità sono diventati “esuberi” da mettere cordialmente alla porta, oppure si è deciso di contravvenire a quanto stipulato nel contratto (oltre che alla decenza) riducendo drasticamente gli orari di lavoro e, di conseguenza, i salari.

Ce lo racconta Giovanna, una giovane OSS che lavora in una RSA di Genova.

In fondo alla sua lettera, che pubblichiamo di seguito, la ragazza si chiede se sia possibile un simile trattamento per i lavoratori.

No, Giovanna non lo è. Questo sistema basato sullo sfruttamento di classe deve essere rovesciato e i lavoratori, gli unici che producono ricchezza, devono essere al centro delle decisioni. Ma per raggiungere questo obiettivo serve una lotta dura e organizzata, serve un grande Partito Comunista, che dia voce a chi non ha voce. Noi ci siamo.

 

Ecco la testimonianza di Giovanna.

 

«Lavoro come OSS in una RSA. Sono stata assunta a gennaio 2020, a tempo determinato e con un contratto di 25 ore settimanali.

Come tutti i miei colleghi, durante l’emergenza sanitaria sono stata in prima linea. Molti di noi sono risultati positivi al Covid-19 e, mentre cresceva il numero dei malati, diminuiva quello del personale.

Insieme agli altri colleghi, non mi sono mai risparmiata e ho rinunciato anche ai riposi, pur di assicurare la massima copertura del servizio.

Ci hanno chiamati eroi, ci hanno dato pacche sulle spalle, ci hanno promesso incentivi che, per molti, non sono arrivati.

E ora che siamo passati alla fase 2, di colpo siamo diventati un peso, un esubero.

Le mie ore mensili, da 100 sono diventate 50 e, di conseguenza, anche il mio stipendio si è dimezzato.

Sono arrabbiata e disperata. È possibile che un lavoratore venga trattato in questo modo?».

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