Alla vigilia della Nakba (la “Catastrofe”), lo sradicamento di oltre 700.000 palestinesi dalle loro terre e case da parte di Israele durante la guerra del 1948, gli Stati Uniti trasferiscono la loro ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, confermandone il riconoscimento di capitale d’Israele, come precedentemente annunciato sei mesi fa.
L’ambasciata degli USA aprirà ufficialmente alle ore 16 locali (15 italiane) alla presenza di quasi 800 ospiti e verrà temporaneamente ospitata nel luogo dove vi era il consolato americano in attesa della costruzione della nuova sede. In una Gerusalemme ovest vestita a festa con bandiere israeliane e statunitensi, striscioni e immagini di ringraziamento a Trump, l’inaugurazione dell’ambasciata coincide con i festeggiamenti per il 70° anniversario della fondazione dello Stato d’Israele e vedrà la presenza, di Ivanka Trump, del Segretario del Tesoro americano Steven Mnuchin, del vicesegretario di Stato John Sullivan e 12 membri del Congresso. Al ricevimento di ieri sera presso il Ministero degli Esteri, il primo ministro israeliano Benjiamin Netanyahu ha invitato gli altri paesi a seguire l’esempio di Washington: «Trasferite le vostre ambasciate a Gerusalemme perché è la cosa giusta da fare». Tutti gli 86 paesi con missioni diplomatiche nel paese sono stati invitati da Israele all’evento, in 33 hanno confermato che parteciperanno. Tra questi, rappresentanti del Guatemala e del Paraguay, che apriranno le loro ambasciate a Gerusalemme alla fine di questo mese, e quattro paesi dell’UE: Austria, Ungheria, Romania e Repubblica Ceca.
«Gerusalemme è la capitale del popolo ebraico da 3000 anni, è la capitale del nostro Stato da 70 anni e rimarrà sempre la nostra capitale, qualunque saranno gli accordi di pace», ha detto Netanyahu durante il ricevimento.
L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), chiede agli USA di ripensare a questa «loro disastrosa e irresponsabile decisione di muovere l’ambasciata americana nella Gerusalemme occupata e di desistere da altre provocatorie e illegali». Il trasferimento dell’ambasciata americana «dà vita a una lotta religiosa invece di una pace dignitosa» sottolinea.
Fin dalle prime ore della giornata, decine di migliaia di palestinesi stanno protestando contro l’apertura dell’ambasciata degli USA a Gerusalemme occupata in quella che è stato denominato come “Giorno della Rabbia” che si inserisce nella “Marcia del Ritorno” in corso dalla fine di marzo per sette venerdì consecutivi e repressa dall’esercito d’occupazione con oltre 50 morti e migliaia di feriti e che raggiungerà l’apice proprio tra oggi e domani. Il Partito Comunista Palestinese, chiamando ad intensificare la lotta e la “marcia verso il grande ritorno”, afferma che «il nostro popolo non rinuncerà al diritto di liberare la nostra terra» e che il trasferimento dell’ambasciata americana «non cambierà questa realtà». Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) sottolinea che «sono passati settant’anni dalla Nakba del popolo palestinese, e il nemico sionista continua nella sua alleanza con l’imperialismo mondiale, specialmente gli Stati Uniti d’America, praticando tutte le forme di aggressione, terrorismo e crimini contro il nostro popolo e la nostra nazione, così come tenta di cancellare la presenza palestinese dalla Palestina e nei campi profughi, così come i tentativi di liquidare la causa palestinese». Il FPLP ha fatto appello al popolo palestinese a «partecipare alla grande marcia del ritorno, che coincide con il 70° anniversario della Nakba e l’apertura dell’Ambasciata degli USA a Gerusalemme» per trasformare questo giorno «in un giorno di rabbia popolare araba e palestinese che afferma la sua adesione ai diritti arabi e palestinesi, il rifiuto dell’aggressione americana a Gerusalemme e allo status storico e religioso del nostro popolo e della nostra nazione» e chiama a proseguire la «Resistenza in tutte le sue forme e mezzi» e a «cancellare tutti gli accordi firmati» con i sionisti e «le illusioni derivanti», fino al raggiungimento «degli obiettivi di liberazione nazionale, del diritto al ritorno, all’indipendenza, all’unità e al progresso».
La polizia sionista ha annunciato lo schieramento di 1.000 agenti di polizia per proteggere l’ambasciata e l’area in cui si svolgeranno le celebrazioni. Inoltre, sono state rafforzate le misure d’emergenza all’interno e attorno ai territori palestinesi. L’esercito occupante ha annunciato che saranno raddoppiate le sue unità di combattimento intorno alla Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
Al momento si registrano più di 2.000 feriti e 59 morti tra i manifestanti palestinesi a Gaza, mentre altre manifestazioni sono in corso anche nella Città Vecchia da parte dei palestinesi “cittadini israeliani” e a Ramallah. Solidarietà dalla Federazione Sindacale Mondiale (WFTU) che dichiara: «Gerusalemme sarà la capitale eterna della Palestina».
[Aggiornato alle 23.00 del 14/05/2018]
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