*di Salvatore Vicario
Osservare la formazione del nuovo governo in Austria, così come abbiamo già fatto in occasione delle elezioni del Presidente della Repubblica, ci permette di comprendere ancora una volta alcuni dei processi e dinamiche attuali all’interno del sistema politico borghese nei paesi dell’Unione Europea, compreso il nostro. I media mainstream, infatti, sono da tempo impegnati nella strategia di alimentare lo “spauracchio” fascista (o estrema destra) al fine di incanalare la rabbia in una direzione reazionaria interna al capitalismo e al contempo far apparire le forze “democratiche” protagoniste delle politiche antipopolari di questi anni come unico antidoto al disastro e al baratro da loro creato e alimentato, al fine di intrappolare i settori popolari e i lavoratori sotto bandiere estranee che non corrispondono ai propri interessi.
Il nuovo governo austriaco che si è insediato ieri è formato da partiti di destra-“estrema destra” dell’OvP (già al governo con il centro-sinistra) e del FPO (simile alla Lega Nord/FdI) dopo due mesi di trattative (le elezioni si sono tenute il 15 ottobre) e dopo anni di antipopolari governi di “unità nazionale”. Il capo del Partito Popolare, il “conservatore” Sebastian Kurz ha giurato come cancelliere e avrà come vice il capo del Partito della Libertà di ”estrema destra”, Heinz-Christian Strache (che si caratterizza per le posizioni cosiddette “euroscettiche” e xenofobe) mentre il presidente della Repubblica è Alexander Van der Bellen, del partito dei verdi eletto un anno fa da un ampio arco di forze di centrosinistra e sinistra in funzione anti-FPO e accolto come una salvezza dalle forze cosiddette “democratiche”, “europeiste” e di “sinistra” di tutta Europa. All’epoca scrivemmo: “mentre esultano, i fautori della cosiddetta “stabilità europea” preparano il terreno all’alternativa ancor più reazionaria del capitale, qualora ne avesse di bisogno, alimentandosi a vicenda e ingannando i popoli. Il fatto che l’europeista Van der Bellen abbia raccolto più voti rispetto al candidato dell’estrema destra – checché ne dicano i nostri governanti – non cancella il dato politico più rilevante del sempre più evidente rifiuto da parte delle masse lavoratrici e popolari dell’Unione Europea e del quadro politico attuale (che si manifesta con livelli e caratteristiche diverse di paese in paese) senza riflettersi però in un’alternativa sulla base dei loro interessi”. Questo è proprio ciò che è successo un anno dopo.
Il nuovo gabinetto, composto da 8 ministri OVP e 6 ministri FPO, è stato accolto dalla protesta di migliaia di lavoratori e studenti che sono scesi in piazza manifestando nelle vie centrali di Vienna. I due partiti, all’inizio dei negoziati, avevano annunciato che il loro obiettivo era quello di “portare l’economia austriaca al vertice dell’UE” e per questo scopo l’accordo di coalizione include un pacchetto di misure antipopolari e ulteriori incentivi per i gruppi padronali. Tra i primi provvedimenti concordati c’è l’attacco ad una delle prime conquiste del movimento operaio internazionale, ossia l’orario di lavoro che verrà protratto fino a 12 ore giornaliere e a 60 ore settimanali. Altre misure annunciate sono la limitazione del reddito minimo garantito, in particolare per rifugiati e migranti, mentre nella nuova indennità di disoccupazione si riduce il periodo di sussidio e si restringono i criteri per i beneficiari. La politica di gestione dei flussi migratori sarà resa compatibile alle esigenze del mercato interno e si concentrerà sui lavoratori qualificati. La tassazione dei profitti aziendali si ridurrà affermando che “tutti i paesi limitrofi hanno già aliquote fiscali più basse dell’Austria”. In politica estera “il punto di riferimento della nostra azione internazionale è l’interesse dell’Austria”, ovvero il potenziamento del capitalismo austriaco senza metter in discussione la permanenza nell’UE.
Il Partito del Lavoro d’Austria (PdA), membro della Iniziativa Comunista Europea e indipendente dalle coalizioni della sinistra borghese e socialdemocratica, sta chiamando alla mobilitazione di classe contro il nuovo governo al servizio della Federazione delle industrie austriache (IV, la Confindustria austriaca) affermando che «l’attuazione delle misure e riforme adottate porterebbe a un immediato peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita della stragrande maggioranza della popolazione. L’obiettivo principale è rafforzare la posizione del capitale nel paese. Con la giornata lavorativa di 12 ore e la settimana di 60 ore torniamo a condizioni che erano considerate obsolete da tempo. Oltre ai diritti dei lavoratori, anche i diritti democratici conquistati sono sempre più minacciati. L’occupazione di posti ministeriali, che gestiscono e dirigono il braccio armato dello Stato borghese, da parte di alcuni dei membri più reazionari del personale politico borghese di questo paese è sicuramente uno sviluppo allarmante. Un punto focale di questo governo, che serve come cortina fumogena per nascondere le atrocità sociali, è la restrizione della politica dei rifugiati». I comunisti austriaci proseguono analizzando anche le relazioni internazionali affermando che «diventa chiaro che il nuovo governo, come tutti gli altri, non solo non metterà in discussione la posizione dell’Austria nell’UE e le altre alleanze imperialiste, ma cercherà anche di rafforzarla. Nell’interesse del capitale monopolistico austriaco e straniero, la neutralità è già da molto tempo diventata un involucro vuoto; adesso la piena integrazione nelle strutture militari dell’UE e della NATO è imminente. Le conseguenze di tale sviluppo non possono che essere devastanti per il popolo austriaco e gli altri popoli, dal momento che questo coinvolge sempre più l’Austria nei piani di armamento e sviluppo dei piani imperialisti dell’”Occidente”. Aumenterà anche le spese militari».
Infine il PdA si sofferma sul fatto che «la resistenza alle politiche antioperaie e antipopolari può esser raggiunta solo dal basso, solo dai lavoratori stessi. Affidarsi ai partiti dell’opposizione borghese o addirittura dar loro l’iniziativa porterà a sconfitte e delusioni a lungo termine. Questo ha dimostrato il recente passato. Ciò che è altrettanto sicuro è che all’interno delle contraddizioni tra i partiti borghesi e le varie frazioni del capitale, diverse forze proveranno a sfruttare la frustrazione e la rabbia della popolazione nel loro interesse. Lo SPO (socialdemocratici, in precedenza al governo con il Partito Popolare OVP) sta già cercando di posizionarsi come un’opposizione e un’alternativa “progressista” e “amica del lavoratore” al fine di mantenere i lavoratori intrappolati all’interno del sistema esistente. Infine, con il suo predominio nel movimento sindacale e operaio, rimane il pilastro cruciale del capitale che è sempre stato, rendendo ogni protesta e lotta senza mordente in anticipo e sostenendo le illusioni parlamentari tra i lavoratori. Dopotutto, il nuovo programma governativo sarà, in linea di principio, una prosecuzione della politica antipopolare dei governi SPO-OVP in condizioni più dure e, come già mostrato dal cosiddetto “Piano A” (del SPO), la socialdemocrazia ha già posto da sè le basi per fare “compromessi” sulle questioni chiave come la flessibilizzazione dell’orario di lavoro».
Le misure che sono state annunciate dal neo-governo austriaco con la forte presenza dell’estrema destra ci consentono quindi di vedere nella pratica come tali forze, in crescita in tutto il continente cavalcando la rabbia popolare generata dalle politiche antipopolari dei vari governi dei partiti tradizionali e dall’UE, sono perfettamente funzionali alla gestione e perpetuazione della barbarie capitalistica portando avanti sempre gli interessi padronali a discapito dei lavoratori. Le forze cosiddette di “estrema destra” o propriamente fasciste, assumono pertanto questo preciso compito al servizio del capitale del proprio paese, nei limiti e qualora esso lo necessita, nell’obiettivo di rafforzare la sua posizione nella competizione internazionale, anche arrivando (soprattutto nelle campagne elettorali) a mettere in discussione gli assetti attuali della dominazione borghese ma senza mai mettere in discussione la sua base, il capitalismo e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. In tal modo riesce anche a trascinare dietro di sé settori popolari e dei lavoratori manipolandoli con una fraseologia nazionalistica rispetto all’UE e indicando gli “stranieri” come colpa di tutto. Spargendo nazionalismo, xenofobia e razzismo promuovono una diversa gestione della stessa barbarie capitalista, incanalandolo la rabbia popolare in funzione degli interessi di settori capitalistici e/o del punto di vista (altrettanto antioperaio) di quei settori economici più in difficoltà nella competizione con i monopoli internazionali.
Organizzare la lotta indipendente dei lavoratori per i loro diritti contemporanei, unendo intorno ad essi i settori popolari alleati, i ceti medi impoveriti, delineando in modo chiaro la strada per il rovesciamento del capitalismo e l’uscita dalla UE e dalla NATO con il potere ai lavoratori, è il compito dei comunisti, delle forze coscienti e organizzate di classe, smascherando e combattendo le forze di estrema destra e fasciste su questo terreno senza farsi intrappolare negli inganni e manipolazioni che l’oligarchia finanziaria, con i suoi partiti e col supporto dei media attua nel tentativo di superare la crisi economica che si riflette anche in una crisi politica dei partiti tradizionali. Solo in questa prospettiva, liberandoci degli interessi borghesi sotto qualunque veste, si trova la soluzione a favore della classe operaia e del popolo contro la crescita dell’”estrema destra” e non certo in alchimie elettorali-parlamentari nel campo delle vecchie e nuove forze di sinistra che ne sono causa amministrando la dittatura dei monopoli nel quadro dell’UE e della NATO. Anche in questo l’autonomia e indipendenza dei comunisti e dei lavoratori diviene un punto irrinunciabile e imprescindibile insieme all’internazionalismo proletario.