di Piero Bergonzini
A volte un’immagine può aiutare a spiegare quello che a parole non si riesce ad esprimere. Vivo in Brasile da quasi 15 anni, ma non credo di essere mai riuscito a far capire ai miei interlocutori fuori dal Brasile cosa fosse e significasse davvero il fenomeno Bolsonaro. Al più, me lo si equiparava a Trump negli Stati Uniti, alla Le Pen in Francia, o a Salvini in Italia. No, purtroppo non è così e questa foto scattata lo scorso 19 marzo penso lo dimostri chiaramente:
ai lati del criminale di guerra Benjamin Netanyahu vediamo, sorridenti, due politici brasiliani che forse alla maggior parte di voi non diranno nulla, ma che non sono ininfluenti qui in Brasile. Quello a destra è Tarcísio de Freitas, governatore dello Stato di São Paulo, il più popoloso e ricco del Brasile, nonché probabilissimo candidato col quale la destra tenterà di sfidare Lula alle presidenziali del 2026. Quello a sinistra è Ronaldo Caiado, governatore dello stato del Goiás, politico di lunghissimo corso ed espressione della “bancada ruralista”, ossia quel fronte parlamentare che difende gli interessi dei grandi latifondisti brasiliani.
Ecco, di fronte al genocidio di Gaza, quando anche Stati Uniti, Unione Europea e, insomma, tutto il cosiddetto “Occidente Collettivo”, pur non prendendo formalmente le distanze da Israele, manifesta un evidente fastidio per non poter ignorare gli efferati crimini che si stanno svolgendo sotto ai nostri occhi, due politici brasiliani di primissimo piano hanno il coraggio, potrei dire meglio l’imprudenza (e l’impudenza), di farsi ritrarre sorridenti di fianco a quello che tutta la comunità internazionale ritiene, implicitamente o esplicitamente, un assassino seriale.
Mi si potrebbe ribattere: ma che c’entra Bolsonaro? Beh, Bolsonaro non stava lì con loro solo perché, pur invitato, è impossibilitato a lasciare il Brasile, visto che la magistratura gli ha ritirato il passaporto come misura cautelare per evitarne una fuga all’estero. È infatti opinione comune che, a brevissimo termine, verrà arrestato e condannato a una lunghissima pena detentiva, non appena si concluderanno le fasi istruttorie dei numerosissimi processi ai quali presto dovrà rispondere. Non potendo partecipare in prima persona, è stato così (in)degnamente sostituito dal suo possibile erede politico, Tarcísio, e da uno dei suoi principali mentori, Caiado.
Credo che, oltre a spiegare il Bolsonarismo, questa fotografia è anche un segnale di allarme per il Brasile e, visto il ruolo che la nazione sudamericana sta svolgendo ora all’interno dei Brics, per tutto il mondo. Tarcísio e Caiado hanno avuto l’impudenza di andare a sostenere esplicitamente Netanyahu, udite udite, per scusarsi a nome del Brasile per le parole che Lula ha proferito per condannare il genocidio compiuto dal governo israeliano. Se lo hanno potuto fare, non è stato solo per compiacere quella grande minoranza fascista e reazionaria che è sempre stata lo “zoccolo duro” del bolsonarismo (intorno al 10-15% dell’elettorato brasiliano), che ovviamente è sempre stata “senza se e senza ma” al fianco di Israele. Questa foto è un messaggio trasversale, è la conferma che gli Stati Uniti hanno ufficialmente riaperto la “caccia a Lula”.
Non è infatti un mistero che Lula sia stato ingiustamente incarcerato per 540 giorni nel 2018/19 su “mandato” dello zio Sam, al fine di evitare una sua possibile candidatura alle penultime elezioni presidenziali quando purtroppo fu eletto Bolsonaro, che non fu certo la loro prima scelta ma che ebbe la ventura di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Di fronte all’attivismo di Lula in politica internazionale, al suo ruolo centrale nei Brics, al suo rifiuto di sostenere l’Ucraina, alle sue durissime parole contro il governo israeliano e alla sua più che evidente volontà di stringere sempre più stretti rapporti con la Cina e infine aderire formalmente alla “Via della Seta”, gli Stati Uniti non possono più rimanere inerti se non vogliono perdere definitivamente il controllo sul loro “cortile di casa”.
Non può sorprendere quindi, che anche i grandi media brasiliani, la Globo su tutti, dopo aver a malavoglia sostenuto Lula alle ultime elezioni, ora siano di nuovo sul piede di guerra, ovviamente contestando vigorosamente tutte le scelte di Lula che non si conformano alle volontà dell’Occidente Collettivo. E quello che i media e soprattutto i politici del centro dell’Impero non possono dire o fare, come ventriloqui, mandano a dire e fare ai loro sudditi.
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