Un singolare spettacolo oggi tra il ministro dell’Economia Giovanni Tria in conferenza stampa congiunta a Roma con il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno. Mentre i toni del primo erano più decisi e manifestamente intendevano esprimere la fermezza delle posizioni del governo, il rappresentante europeo è sembrato più rispettoso e morbido. Nella sostanza però il contenuto era di carattere opposto. Ciò si può rilevare, rileggendo il testo e non guardando il video.
Tria:
«L’Italia continua a dialogare con la Commissione Europea. Entro martedì sottoporrà il nuovo documento programmatico di bilancio alla Commissione europea.» «Le condizioni attuali non ci suggeriscono di cambiare la manovra, i pilastri della manovra saranno ribadite.» «Per evitare la procedura sul debito dovremmo fare una manovra di restrizione violentissima, che per un’economia in rallentamento sarebbe un suicidio». «Il deterioramento sulle aspettative ci confermano sulla bontà della nostra manovra.» «La deviazione dalle regole fiscali esiste. Tutti i Paesi hanno violato le regole, nel 2003 la Germania, poi la Francia. La deviazione non significa contestare la legittimità dell’esistenza delle regole». Insomma, siamo in una situazione grave, che ci hanno lasciato gli altri, e ora dobbiamo tamponare. Un discorso tutto sulla difensiva.
Centeno invece attacca duramente:
«La riforma della politica economica e politica ha raggiunto uno stadio critico.» «In dicembre i nostri leader hanno deciso di rafforzare la nostra moneta.» «Completare l’unione bancaria e rafforzare l’ESM sono all’apice della nostra agenda.» «Sostenere gli investimenti e accelerare la convergenza all’interno dell’area euro. Le regole non sono un obiettivo in se stesse: sono uno strumento per realizzare la crescita economica sostenibile», ha ammonito Centeno, evocando minacciosamente i costi per i cittadini italiani e sottolineando l’importanza del clima atteso dagli investitori nazionali e internazionali. «Condividere la stessa moneta significa condividere il coordinamento tra le politiche economiche e fiscali», ha detto, ribadendo che «non è in discussione interferire con le politiche di un paese, ma di assicurare la loro sostenibilità all’interno delle regole condivise».
Quindi l’Europa, a cui non importa degli equilibrismi demagogici che stanno dietro la politica del governo italiano e sa benissimo che la cosiddetta “crescita” promessa non avverrà mai, spinge affinché l’Italia recuperi il ruolo preminente che ha avuto con gli ultimi governi. Se è pur vero che qualche decimale di punto di debito in più non può spostare alcunché nei parametri fondamentali dell’Italia e men che meno di quelli europei, è invece chiaro che i grandi gruppi monopolistici internazionali e anche nazionali trovano fastidiosi alcuni ritardi che la “convergenza” coi parametri europei potrebbe subire. Sia Confindustria che Bankitalia si fanno sentire anche attraverso i loro uomini in Europa.
Non è un caso che Centeno, non certo per cortesia di ospite, ha ricordato tutti i ruoli importanti che italiani ricoprono in Europa: da Draghi, a capo della Banca Centrale Europea, al presidente dell’Europarlamento Tajani, a Andrea Enria, nominato ieri all’Autorità bancaria europea (la vigilanza bancaria), fino alla nomina di oggi del generale Claudio Graziano, al vertice del Comitato militare dell’Unione Europea che lavorerà fianco a fianco con l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Mogherini.
L’Italia è una potenza imperialista in forte ascesa sia sul terreno economico, che conseguentemente in quello politico, ma non può restare a metà del guado: deve completare il suo percorso di “risanamento”, assicurando il massimo di profittabilità agli investimenti che si garantisce con la massima pressione sulle classi popolari.
Insomma, non è in discussione né la direzione del treno né la sua andatura media, ma solo se la prossima curva andrà affrontata con maggiore o minore velocità.
Come finirà? Vedremo martedì, quando l’Italia dovrà rispondere al richiamo di Bruxelles sulla manovra finanziaria, cosa uscirà.
Tuttavia lo scontro tra i settori della borghesia italiana, nel contesto di quella internazionale, sui decimali di debito non può essere un elemento che può far spostare l’atteggiamento profondamente negativo sulla politica economica che abbiamo già ripetutamente espresso sia su questo governo, come su quelli passati, sia sull’Unione Europea.