Mercoledì scorso, il tribunale federale presieduto dal reazionario Sérgio Moro ha condannato l’ex presidente brasiliano, il socialdemocratico Lula, a 9 anni e sei mesi per corruzione e riciclaggio di denaro. Si tratta dello scandalo denominato “Lava Jato”, in cui Lula avrebbe ricevuto donazioni per 3.7 milioni reais (1.1 milioni di dollari) e altre regali immobiliari personali per concessioni agevolate nei contratti tra la società petrolifera Petrobas e la società di costruzioni OAS. Lula ha annunciato che farà appello contro tale condanna giudicata come un modo per escluderlo dalla corsa alla presidenza nel 2018.
Per il Partito Comunista Brasiliano (PCB) la «condanna esprime una evidente parzialità giudiziaria attraverso la spettacolarizzazione mediatica, una chiara negazione degli elementari principi di diritto e un piano di criminalizzazione deliberata dei leader petisti, che hanno perso l’appoggio del grande capitale, suo principale alleato nel periodo in cui erano alla guida del governo federale». Nello stesso scandalo sono coinvolti molti ex alleati di Lula e del socialdemocratico Partito dei Lavoratori (PT), che si sono poi ritirati dalla coalizione di governo contribuendo a rovesciare e cacciare dal governo la presidente Dilma Rousseff. Per corruzione è infatti perseguito anche Eduardo Cunha, del Partito del Movimento Democratico Brasiliano (PMDB), che ha guidato la cacciata di Rousseff e da cui proviene l’attuale presidente usurpatore Michel Temer, anch’esso accusato di corruzione.
«La condanna di Lula avviene il giorno dopo l’approvazione, del Senato Federale, della controriforma del lavoro, il più brutale attacco ai diritti della classe lavoratrice negli ultimi tempi – sottolinea il PCB, segnalando come – l’iniziativa del giudice Moro, ampiamente annunciata nei mezzi di comunicazione borghese, sembra voler togliere l’attenzione dalle iniziative del governo e dei capitalisti contro i lavoratori, la gioventù e i settori popolari”. Il testo della riforma del lavoro, approvata con 50 voti favorevoli e 26 contrari, smantella gran parte delle garanzie e diritti conquistati dai lavoratori brasiliani e prevede tra le altre cose, la riduzione della pausa pranzo a 30 minuti, la riduzione delle ferie compresse a tre periodi dell’anno lasciando alle imprese il diritto di determinare i periodi, le donne in gravidanza e allattamento possono lavorare in luoghi insalubri, stabilisce il lavoro con contratto intermittente (cioè assunzione a ore o a giorni), allungamento della giornata lavorativa a 12 ore e la possibilità che gli straordinari possono esser concordati senza pagamento extra, tagli alle pensioni. Ciò si aggiunge alla legalizzazione delle esternalizzazioni senza restrizioni, il taglio della spesa sociale e la riforma contro la scuola pubblica.
«Nello stesso giorno in cui Lula è stato condannato – prosegue la nota dei comunisti brasiliani – Geddel Vieira Lima, braccio destro di Temer, è stato condotto agli arresti domiciliari, Aécio Neves continua libero di agire in Senato, e Michel Temer continua a cercare appoggi nel Congresso Nazionale, cercando di evitare, a qualsiasi prezzo, la sua caduta. Le operazioni di lotta alla corruzione comandate dalla Polizia Federale e da settori giudiziari, in particolare l’Operazione Lava Jato, dimostrano – afferma con chiarezza il PCB – di avere un indirizzamento politico, di stampo apertamente reazionario».
Per i comunisti brasiliani «il bersaglio delle operazioni non è il potere economico corruttore. Gli accordi di clemenza e le insignificanti multe imposte alle grandi imprese coinvolte comprovano che l’intenzione delle operazioni non è quella di combattere la radice economica delle relazioni promiscue tra imprenditori e le diverse fazioni dello Stato borghese. Non potrebbe esser altrimenti. La giustizia borghese agisce, fondamentalmente, per mantenere l’ordine presieduto dal capitale. E la corruzione è una pratica endemica al capitalismo».
Ma è durissimo il giudizio politico che il PCB fa nei confronti dell’ex presidente Lula e la politica di conciliazione di classe condotta dal PT con i suoi governi di gestione socialdemocratica che ha garantito enormi benefici alla borghesia brasiliana e allo sviluppo capitalistico distribuendo qualche briciola al popolo, cooptando e smobilitando i settori organizzati dei lavoratori finendo per fare da apripista all’attuale governo golpista che accelera e rafforza – in una fase di crisi – il feroce attacco antipopolare con l’implementazione dell’agenda liberista a favore della voracità del capitale di accumulare sempre più ricchezza a spese dello sfruttamento e la miseria dei lavoratori, abbattendo il minimo di garanzie e diritti esistenti, approfondendo privatizzazioni e smantellando i servizi pubblici. «Finora, il principale “crimine” provato dell’ex presidente Lula, dal punto di vista politico e degli interessi della classe lavoratrice – dichiara il PCB – è stata la decisione di governare con un programma e metodi della borghesia. La conciliazione petista è stata fondamentale per il rafforzamento dei monopoli nazionali e internazionali, dell’agribusiness e del sistema finanziario. Lula e gli altri leader petisti hanno agito come veri servitori lobbisti per l’espansione degli affari dei capitalisti nazionali in America Latina e in Africa. Questa opzione politica del PT ha implicato l’abbandono delle bandiere storiche della sinistra brasiliana, come la riforma agraria, la centralità della lotta delle masse, il rispetto della democrazia di base, il rafforzamento dell’istruzione e della salute pubblica, così come la lotta contro le privatizzazioni e la sovranità nazionale. Per far valere il programma volto ad approfondire il capitalismo monopolista in Brasile, i governi petisti hanno assunto il ruolo di passivizzante dei sindacati e movimenti popolari, oltre ad esser profondamente coinvolto in tutto il fango della corruzione intrinseca alla democrazia borghese».
Pertanto, allo stesso tempo in cui il PCB ripudia la condanna giuridica dell’ex presidente Lula, sottolinea fortemente il fatto che «il leader petista è una delle vittime del processo di avanzamento del conservatorismo e rafforzamento della destra che ha un’intima relazione con la decisione del PT di preferire le alleanze con il grande capitale e il cretinismo parlamentare». Motivi per i quali il PCB è all’opposizione dei governi petisti dal 2005.
«Nell’attuale congiuntura, marcata dalla crisi economica e le dispute all’interno dello Stato, la borghesia realizza una vera tattica di guerra contro i lavoratori. Al fine di mantenere i suoi profitti, attraverso investimenti internazionali e mantenere l’economia brasiliana subordinata ai centri imperialisti – prosegue la dichiarazione del PCB – la borghesia brasiliana adotta un programma di ritiro dei diritti lavorativi, sociali e politici dei lavoratori. A gran parte dei capitalisti, non interessa più la politica di conciliazione, e l’azione sviluppata dal capitale è nella direzione di avviare con forza un nuovo livello di riproduzione del sistema, puntando alla ripresa della crescita economica sulla base della brutale svalorizzazione della forza lavoro, per mezzo della distruzione dei diritti sociali e lavorativi». Per questo, indubbiamente, «la prospettiva della conciliazione di classe rappresentata da Lula e dal PT è una prospettiva ultrapassata e una falsa alternativa per la lotta dei lavoratori. Lo stesso Lula, giorni prima della sua condanna, rilasciava dichiarazioni secondo le quali, in caso eletto nel 2018, non avrebbe cancellato le riforme imposte dal governo golpista di Temer».
L’alternativa promossa dai marxisti-leninisti brasiliani è il rafforzamento della «necessità di far avanzare la lotta e l’organizzazione popolare ora, al di là della prospettiva elettorale. Ciò che determinerà la cancellazione della riforma del lavoro, o l’impedimento dell’approvazione della riforma delle pensioni e la garanzia dei diritti democratici dei lavoratori – conclude la dichiarazione – è la pressione e l’organizzazione dei movimento dei lavoratori e della gioventù. In questo senso, il PCB continuerà rafforzando le manifestazioni, fronti e iniziative unitarie che, realmente, si contrappongano agli attacchi e al programma di regressi della borghesia brasiliana», per «l’organizzazione della classe lavoratrice, senza conciliazione» e il «rovesciamento del governo golpista e le sue controriforme” sulla strada «del potere popolare e il socialismo».