In questo periodo di restrizioni e di isolamento forzato, stiamo tutti riflettendo sul concetto di LIBERTÀ.
Vediamo, attraverso un confronto fra il noto filosofo liberale Benedetto Croce e il comunista Antonio Gramsci, come sviscerarlo.
Nel 1939, alla vigilia della II guerra mondiale, Croce – nella sua «La teoria della libertà» – scriveva: «il sentimento e l’idea di libertà sono stati fortemente scossi e turbati nel mondo… e gli ordinamenti liberali (e capitalistici aggiungiamo noi) sono in difficoltà in molti paesi dove si stimavano ben saldi».
Come oggi, anche Croce sotto il fascismo viveva una sensazione di decadenza e di crisi di LIBERTÀ. Ma perentoriamente restava saldo nella sua «fede» che «metafisicamente il male non può prevalere e che la storia è razionalità».
Come affermava però Gramsci, «la preoccupazione principale del Croce è un’altra invero; è un panico, addirittura un terrore, dei movimenti rivoluzionari». Croce aveva quindi paura, secondo Gramsci, di ogni intervento attivo delle grandi masse popolari come fattore di progresso storico. Croce affermava infatti che «anche la dittatura del proletariato non ha carattere morale, né ha virtù creatrici di vita civile e umana, ma soltanto capacità di dilatare la vita materiale di alcuni e di restringere quella di altri».
Gramsci fa notare come Croce, nella sua celebre opera «La Storia dell’Europa», prendendo in esame il periodo dal 1815 al 1871 quasi «sorvoli» sulla Rivoluzione francese. Per Gramsci è quindi evidente la scelta cosciente di Croce: quella di analizzare un frammento di storia che, iniziata nel 1789, portò diversi Paesi europei a dare una spallata ai vecchi regimi.
L’errore filosofico del Croce è di rifarsi al principio hegeliano «che la storia è storia di libertà». Così facendo, osserva però Gramsci, la formula è valida per la storia di tutto il genere umano di ogni tempo e di ogni luogo. Cosa che così evidentemente non è.
Per Gramsci invece la libertà è tale solo se «consapevole», solo se è coscienza critica, sapendo cioè quello che si fa. Infatti, riferendosi concretamente ai suoi tempi, Gramsci ad esempio crede che il non aver avuto un partito fortemente centralizzato – che si sia fatto carico di una riforma agraria per le masse contadine – abbia di fatto impedito che esse fossero fedeli alla libertà.
Come vediamo Gramsci, a differenza di Croce, sapeva anche ricondurre il suo pensiero sul terreno concreto.
Per Croce può dirsi religione «ogni concezione del mondo che si presenti con una morale»; ma in tal senso, afferma Gramsci, «la libertà è stata una religione solo per una nicchia di intellettuali che non l’hanno mai fatta diventare di massa, cioè universalmente condivisa». In Italia cioè ognuno sembrava avere la sua personale libertà.
Di conseguenza, per Gramsci, l’idea di libertà crociana era una forma di moderatismo politico, al massimo riformista con tendenze conservatrici. Secondo Gramsci, Croce sembra giocare sul binomio innovazione/conservazione. Il progresso è per lui «dialettica, progresso, libertà, ove trionferà sempre l’innovazione». Questo assunto però è, per il sardo, assolutamente arbitrario e quindi non oggettivo, è una scelta a priori di carattere anche politico, unilaterale.
Per Gramsci invece ciò che del passato verrà conservato nel processo dialettico della Storia, non può essere determinato a priori ma risulterà dal processo stesso, avrà cioè carattere di necessità storica. La «nuova forza», se si affermerà, lo farà attraverso le sue contraddizioni, le sue antitesi e non sarà mai, in ogni caso, scelta arbitraria di un singolo.
Ciò che manca a Croce quando parla di libertà è il concetto di lotta: il liberalismo crociano vede lo svolgimento storico come una gara sportiva, con le sue regole definite che tutti devono rispettare lealmente. È una storia a disegno, dice Gramsci: «nella lotta, i colpi non si danno a patti»!
Il concetto di libertà gramsciano e comunista sta tutto nel noto enunciato di Marx e cioè nel passaggio dal regno della necessità a quello della libertà. Solo la filosofia di Marx, rispetto alle altre, è cosciente delle contraddizioni che lacerano la società, è azione per risolverle.
In questi giorni, quindi, è utile riflettere anche su quale tipo di libertà ci sia stata tolta e su quale vorremmo.
Gramsci ci aiuta a capire che solo in una società comunista possiamo realmente essere liberi, perché liberi dal bisogno materiale.
Il Capitalismo ti dà il superfluo. Il Socialismo il necessario
Marco