Tensione ai cancelli della Comital di Volpiano (TO), dove gli operai sono in presidio permanente dal 31 luglio in protesta contro la decisione della proprietà francese di chiudere lo stabilimento che produce laminati d’alluminio per le industrie farmaceutica e alimentare, licenziando 140 dipendenti per cessata attività. Ieri mattina, una decina di camion scortati dai carabinieri hanno tentato di forzare il presidio per entrare nello stabilimento, probabilmente per portar via dei macchinari. Di fronte alla resistenza del blocco degli operai in lotta, le forze dell’ordine hanno caricato causando la contusione di due operai in nome della “legalità del profitto padronale”. Questa provocazione non ha fatto arretrare gli operai che sono decisi nel proseguire il blocco, ottenendo la sospensione di ogni attività di trasferimento di materiale fino al prossimo 4 settembre quando all’Unione Industriale di Torino si terrà un incontro per trovare possibili nuovi acquirenti dell’azienda rilevata due anni fa dalla multinazionale francese Aedi, che in Italia opera con la controllata Lamalù, con la promessa di “ingrandire e implementare la produzione” tra lo giubilo delle istituzioni, sindacati e forze politiche padronali. Le stesse che oggi si dicono “preoccupate e sorprese” e fanno da mediazione chiamando alla calma e ai tavoli istituzionali per cercare una “soluzione”.
Lo stabilimento di Volpiano non è nuovo a queste situazioni. La crisi dell’azienda dell’ex gruppo Saiag di Cornelio Valetto risale a una decina di anni fa al quale seguì una terapia shock con il licenziamento di 100 operai con la cessione al gruppo francese che in un primo momento decise di investire 19 mln e rilanciare l’impresa di Volpiano assumendo 40 nuovi operai, chiudendo uno stabilimento in Svezia e riportando in Italia una delle linee di laminazione. Due anni dopo, la decisione delle scorse settimane di chiudere l’attività e procedere al licenziamento collettivo. La realtà è che, alla Comital così come in tante altre fabbriche, ancora una volta gli operai vengono licenziati per i profitti padronali, dei capitalisti e gruppi monopolistici nelle ristrutturazioni aziendali nell’ambito della competizione internazionale, favoriti dalle politiche filopadronali dei governi, dell’UE e dall’atteggiamento arrendevole dei sindacati collaborazionisti che limitano e isolano le lotte prive di una direzione e di rivendicazioni propriamente di classe.
Agli operai in lotta giunge la solidarietà del Partito Comunista torinese schierato contro i licenziamenti e la chiusura della fabbrica, che in un comunicato «conferma il proprio sostegno ai lavoratori, che sono in lotta non per incrementare i propri conti ultramilionari come nelle volontà del padronato francese Aedi, ma per mantenere il proprio posto di lavoro e garantire una vita dignitosa alle proprie famiglie! Ai lavoratori – prosegue il comunicato – diciamo che non bisogna illudersi, non è più tempo di scorciatoie istituzionali, di tavoli, di contrattazioni sindacali. Le istituzioni, i sindacati confederali e le forze dell’ordine stanno dalla stessa parte, la parte dei padroni». Infine, riferendosi alle tante vertenze lavorative nel torinese dichiara che solo «la costruzione di un’unità tra i lavoratori in lotta, un fronte unico dei lavoratori, può garantire a ciascuna piccola lotta una grande forza per ottenere risultati positivi. Solo la coscienza di stare tutti dalla stessa parte contro ogni padronato può permettere una crescita qualitativa delle lotte e dell’organizzazione operaia».