Cassa integrazione nella scalo di Genova. I portuali protestano

Unire le lotte dei lavoratori dello spettacolo
maggio 5, 2020
Crisi pandemica e povertà. Un ricatto sempre più al ribasso
maggio 5, 2020

Cassa integrazione nella scalo di Genova. I portuali protestano

di Silvia Stefani

Serpeggia il malcontento tra i lavoratori del porto di Genova e tra i sindacati di categoria. Motivo del contendere la cassa integrazione, alla quale hanno fatto ricorso tutti i terminalisti tranne Spinelli, che ha concordato altre soluzioni con i suoi dipendenti.

Sicuramente la crisi da pandemia ha implicato una flessione anche nei traffici portuali ma il problema, raccontano i lavoratori, è dato dalle diverse interpretazioni sulla flessibilità selvaggia degli orari, che comporta anche la disponibilità illimitata richiesta ai lavoratori in cassa integrazione, i quali sono tenuti all’immediato rientro al lavoro in caso di necessità.

La situazione è esplosa alcuni giorni fa, quando sulla pagina Facebook del Terminal San Giorgio del gruppo Gavio è uscito un post dove si diceva che, “in attesa della fase di sblocco il terminal San Giorgio e i suoi operai sono ancora in servizio operanti tre navi contemporaneamente. Se i volumi potessero essere colpiti in questo momento, l’umore è sempre Up e aperto per il commercio”.
Immediato il commento di un portuale:

“avete messo gli operai in cassa integrazione flessibile 24 ore e chiedete lo straordinario a quelli che lavorano… e avete pure il coraggio di fare questi post?”.

Naturalmente, il post è stato rimosso, ma il suo screen shot già circolava tra i lavoratori.

«Gli operatori portuali hanno messo gli operai in cassa integrazione, ma nei picchi di lavoro chiamano sulle banchine i soci della Culmv (Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie) – spiega un membro del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – Non ha senso chiedere lo straordinario se altri lavoratori sono in cassa integrazione, perché questa deve essere richiesta solo se non c’è necessità di prestazioni lavorative».

Ma non è tutto, ai portuali in cassa integrazione è stata richiesta una flessibilità totale:

«Se per caso arriva una nave, i colleghi in cassa devono rientrare temporaneamente al lavoro – dice ancora il lavoratore del Calp – una flessibilità selvaggia, richiesta sulle 24 ore: ripeto la cassa integrazione non può e non deve funzionare così. Non solo. In alcuni casi vengono richiesti anche i doppi turni, cosa non prevista dal contratto di lavoro».

Questa situazione, diffusa in tutte le realtà del porto genovese, è il paradigma di un sistema che ricorre agli ammortizzatori sociali, con la conseguente compressione del salario dei lavoratori, dai quali però pretende la totale disponibilità a recarsi al lavoro anche in regime di cassa integrazione.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *