Il conflitto in Ucraina sta avendo sviluppi drammatici negli ultimi giorni dentro l’Unione Europea. Questa Unione politica e in parte monetaria si sovrappone sempre di più all’alleanza militare costituita dalla NATO.
Ha fatto scalpore che due paesi tradizionalmente “neutrali” – Svezia e Finlandia – abbiamo simultaneamente fatto richiesta di aderire all’Alleanza Atlantica.
La sostanza con la loro adesione non cambia di molto l’assetto strategico in Europa.
La Svezia vanta i modernissimi sottomarini HMS Gotland tra i più avanzati al mondo nel campo della tecnologia stealth, radar, droni. Poi il Gripen Jas 39E della Saab, caccia multiruolo attrezzato per la guerra elettronica, molto più economico dei suoi pari stranieri, distintosi nel martirio della Libia nel 2011 a cui la Svezia ha partecipato.
La Svezia e la Finlandia da tempo partecipano a esercitazioni congiunte con la NATO. Per esempio “Aurora 17” nel 2017, una delle più importanti esercitazioni militari degli ultimi venti anni, con la partecipazione di 19.000 soldati svedesi e finlandesi insieme a unità di Danimarca, Estonia, Francia, Lituania, Norvegia e Stati Uniti.
Quindi si tratta semplicemente di far cadere un velo di ipocrisia che ha avvolto la politica di questi paesi.
La stessa ipocrisia è stata smascherata dal Partito Comunista (Svizzera), che nel proprio congresso nel novembre del 2021 ha denunciato la falsa neutralità della Confederazione, dopo che sia gli armamenti, così come addestramenti e strategie, sono stati intimamente integrati nella NATO.
Ma perché questa mossa destabilizzante rispetto alla pubblica opinione, e non certo rispetto alla sostanza dei fatti, viene realizzata proprio ora? Il colpo propagandistico verso il resto d’Europa è forte. “Putin, non solo non ottiene quello che vuole sul campo, ma addirittura ottiene quello che non vuole in politica!”. Un modo sofisticato per tentare di rinsaldare una opinione pubblica europea sempre più riottosa a combattere la guerra degli Stati Uniti con i propri sacrifici.
Naturalmente questo passa attraverso la necessaria modifica dell’atteggiamento dei due Paesi nordici coinvolti. Come si è ottenuto questo?
Il primo ingrediente è la paura. La paura dell’aggressione esterna. Naturalmente questa paura viene alimentata ad arte facendo leva sull’“aggressività” e l’“espansionismo” russo e oscurando dove sia il vero espansionismo, ossia quello della NATO. Chiunque si rende conto che aderire alla NATO per questi Paesi significa assumersi il dovere di andare a intervenire anche laddove non avrebbe alcun interesse, come in un conflitto della Turchia in Medio Oriente o in Libia.
Ma per veicolare questa paura occorrono dei volti che siano convincenti, dei volti che trasmettano un sentimento di condivisione irrefrenabile.
Il volto della giovane Prima Ministra finlandese, Sanna Marin, è perfetto da questo punto di vista. In lei convergono tutte le caratteristiche positive che rassicurano un’opinione pubblica tendenzialmente progressista e democratica, come quella dei Paesi scandinavi. Giovane, colta, impegnata da tempo nel Partito Socialdemocratico. Il fatto che sia figlia di genitori dello stesso sesso acuisce il sentimento che la rappresenta come una che ha dovuto superare ulteriori difficoltà per affermarsi. Studi pagati lavorando e poi il dottorato. Insomma, una di noi, una di cui ci si può fidare. Però il suo lancio nel grande gioco politico non avviene certo a Helsinki, ma viene propiziato dal premio del Forum of Young Global Leaders [1], promosso dal Forum economico mondiale (WEF) diretto da Klaus Schwab. Cos’è il WEF è ben noto e anche qual è stato il suo ruolo nel progettare il Grande Reset iniziato con la pandemia. È meno noto che questo Forum sia un’organizzazione che forma giovani “promettenti” per inserirli nei gangli fondamentali delle economie di tutto il mondo col fine di piegare le politiche di quei paesi a disegni internazionali di cui non fanno neanche mistero. Tra questi troviamo per esempio Emmanuel Macron, altro giovane di bella presenza che è stato proiettato dal nulla in uno dei ruoli internazionali più delicati, la Presidenza della Repubblica Francese, per ben due volte.
Per la Svezia, un Paese con un’opinione pubblica un po’ più difficile da piegare, il volto è quello di Eva Magdalena Andersson, il cui curriculum [2] si sviluppa entro gli stessi meandri dove si è formato il nostro Mario Draghi.
Paesi che si vantano di avere solide e antiche tradizioni democratiche, in cui però sono stati incistati leader che vengono catapultati da banche e istituzioni private, che hanno accumulato benemerenze non tra i propri concittadini, ma ben lontani da essi.
Cosa resta di una democrazia, quando i leader vengono imposti come i prodotti dalla pubblicità o vengono scelti per le loro carriere ai vertici delle banche?
[2] da Wikipedia: