*di Salvatore Vicario
Si sono concluse le negoziazioni tra le FARC-EP e il governo dell’oligarchia colombiana, guidato da Santos, nel quadro dei Dialoghi di Pace sviluppatesi a L’Avana (Cuba) a partire dal 2012, con la firma del 24 agosto scorso dell’Accordo Finale per Fine del Conflitto e la Costruzione di una Pace Stabile e Duratura, che dovrebbe sancire la fine del conflitto armato iniziato oltre 50 anni fa e l’integrazione dell’organizzazione rivoluzionaria nel quadro della “legalità politica”. L’accordo finale di 200 pagine con le FARC-EP è stato inviato dal presidente colombiano Juan Manuel Santos al Congresso e sarà sottoposto ad un referendum popolare che si svolgerà il prossimo 2 ottobre in un contesto di conflitto sociale accesso, dove ad esempio nel dipartimento del Chocó è stato realizzato uno sciopero civico di una settimana per richiedere miglioramenti sociali. Affinché questo accordo sia approvato l’opzione del “SI” dovrà ottenere – almeno – il 13% del consenso elettorale, equivalente a un minimo di 4.396.000 voti.
In base a questo Accordo, le FARC-EP smetteranno di esistere e si trasformeranno in partito politico legale che parteciperà alle elezioni politiche e al Congresso colombiano, dopo la consegna delle armi nell’arco di 180 giorni alle Commissioni di supervisione indicate dall’ONU e dalla CELAC. Il futuro partito delle FARC-EP avrà assicurato, in base all’Accordo, 5 posti nella Camera dei rappresentanti e altri 5 nel Senato, nelle due prime elezioni alla quali parteciperà a partire dal 2018. Prima di questa data, dal momento in cui le FARC-EP consegneranno tutte le armi, nei sei mesi di smobilitazione della guerriglia, avranno diritto di parola ma senza voto nel Congresso per discutere l’implementazione dell’accordo di pace. Lo scorso lunedì 29 agosto, è così entrato finalmente in vigore il cessate il fuoco definitivo dell’esercito governativo nei confronti delle FARC-EP, annunciato qualche giorno prima dal presidente Santos: “Desidero informare i colombiani che come capo di Stato e comandante in capo delle nostre Forze Armate, ho ordinato il cessato il fuoco definito con le Farc a partire dalle 00:00 di lunedì 29 agosto. Termina così il conflitto armato con le Farc”. E’ significativo notare come il governo oligarchico colombiano abbia continuato per tutto l’arco delle negoziazioni la sua guerra contro il popolo e le sue organizzazioni di massa, come la Marcia Patriottica, e la stessa guerriglia fariana che di contro aveva invece annunciato il cessato il fuoco unilaterale il 17 dicembre 2014 (sospeso poi nel maggio 2015 a causa degli attacchi dell’esercito governativo), assumendo anche in questo gli intimi desideri del popolo colombiano verso la pace in connubio alla richiesta di giustizia sociale.
Il Comandante in Capo delle FARC-EP, Timoleón Jiménez, con un discorso da L’Avana ha annunciato il cessate il fuoco e delle ostilità definitivo a tutti i comandanti e combattenti: “Il regime politico colombiano ha accordato con le FARC-EP la fine della guerra, e si è impegnato, in modo solenne davanti alla comunità nazionale e internazionale, ad aprire completamente i cancelli della democrazia nel paese e a imprimere il sigillo della giustizia nelle relazioni sociali” ribadendo inoltre che da “oltre 30 anni, nel quadro degli Accordi della Uribe, gridiamo perché si smettano di usare le armi in entrambi i lati. L’obiettivo è sempre stato quello di poterci sedere a conversare di pace con giustizia sociale. Nonostante la reiterata risposta negativa, ogni volta che è stato necessario propiziare la via del dialogo, abbiamo proceduto a dichiarare il cessate il fuoco unilaterale. Non si può dimenticare l’importanza vitale di questo nostro gesto per l’arrivo felice al porto dell’Accordo Finale”, concludendo il suo discorso con un messaggio “ai soldati, marinai, piloti della forza aerea, polizia e organismi di sicurezza e intelligence dello Stato, vogliamo manifestargli la nostra chiara e definita vocazione per la riconciliazione. Le rivalità e rancori devono esser lasciati nel passato. Oggi, più che mai, lamentiamo tanta morte e dolore causati dalla guerra. Oggi, più che mai, vogliamo abbracciali come compatrioti, e cominciare a lavorare uniti per la Nuova Colombia”.
Per oltre 50 anni le FARC-EP hanno lottato instancabile per i diritti della classe operaia, dei contadini poveri, dei giovani e delle donne, resistendo eroicamente insieme a loro alla violenza e repressione esercitata dallo Stato colombiano – col supporto dell’imperialismo americano – che impone, ancora oggi, gli interessi delle oligarchie con il sangue e il fuoco attraverso il più potente e numeroso esercito dell’America Latina e l’uso del paramilitarismo del narcotraffico. Insieme a Cuba socialista, hanno tenuto alte le bandiere del socialismo in America Latina, nonostante la macchina militare, economica e ideologica dell’imperialismo, che fino al 2015 ha etichettato le FARC-EP come “organizzazione terrorista”. Fu il 27 maggio del 1964, quando sotto il comando di Manuel Marulanda, Isaia Pardo e Jaime Guaracas, un gruppo di contadini composto da 46 uomini e 2 donne svolsero la loro prima battaglia che portò alla rottura dell’assedio militare dell’operazione ordinata dall’allora governo conservatore di Guillermo León Valencia, segnando così la creazione delle FARC-EP – frutto di un movimento insurgente operante già dal 1948 – che da quel momento integreranno migliaia di guerriglieri e guerrigliere e l’appoggio dei contadini e lavoratori nelle città, divenendo la maggiore forza popolare e comunista in armi dell’America Latina e una delle guerriglie più importanti e di lunga durata del mondo.
Nate come braccio armato del Partito Comunista Colombiano (PCC), le FARC-EP hanno costituito in tutto questo tempo uno strumento di protezione e autodifesa fondamentale del congiunto del movimento operaio-contadino e popolare colombiano contro la violenza esercitata nelle aree più povere e rurali da parte del criminale e terrorista Stato colombiano e delle bande paramilitari entrambi al servizio dell’oligarchia che controlla i principali partiti politici (Liberali e Conservatori) del paese. Alla fine degli anni ’80, separandosi dal Partito Comunista Colombiano (PCC), formarono la propria struttura di lotta politica costituendo il Partito Comunista Clandestino Colombiano (PCCC), marxista-leninista, considerando che non esistevano in Colombia spazi e condizioni per la lotta politica “legale” a seguito del fallimento degli accordi del 1984 che vennero firmati con l’allora presidente Betancourt, che segnano un preoccupante precedente. A seguito di quell’accordo (Accordi della Uribe), le FARC-EP costituirono, con altre forze un movimento politico legale e di massa, denominato Unione Patriottica presentandosi alle elezioni del 1985, eleggendo 14 parlamentari e diversi sindaci. Questa esperienza si concluse drammaticamente con l’eliminazione fisica dell’UP da parte dello Stato oligarchico colombiano e l’attacco militare agli accampamenti dove si trovavano i comandanti della segretaria delle FARC: nel complesso furono uccisi più di 5000 militanti dell’UP e, tra essi, due candidati presidenziali, Jaime Pardo Leal e Bernardo Jaramillo.
Fu chiaro a tutti che la sopravvivenza stessa dei militanti e del movimento operaio-contadino e popolare colombiano passava dalla giungla e le montagne, abbracciando la lotta armata, nella strada della giustizia sociale per le classi popolari. In quegli anni, a seguito anche di un evidente peggioramento delle condizioni di vita, in particolare nelle zone rurali, vi è un periodo di grande crescita numerica e rafforzamento militare e anche di radicamento e diffusione della struttura politica del PCCC, ad esempio la Rete Urbana Antonio Nariño (RUAN), portando la lotta, il reclutamento, l’appoggio e coscienza rivoluzionaria anche nelle città, fabbriche e università, dimostrando di non esistere solo nelle montagne e in aree circoscritte, e negli anni più recenti con la formazione del “Movimento Bolivariano per la Nuova Colombia” organizzando settori più ampi della società. Nel 1998 si arriva alla convocazione di un nuovo processo di pace, che prese il nome di “Dialoghi del Caguán”, tra il Presidente Pastrana e lo storico Comandante in capo delle FARC-EP, il rivoluzionario Manuel Marulanda. Anche in questo caso il risultato è stato opposto dagli intenti iniziali e si concluse nel 2002, con l’approvazione del criminale Plan Colombia e il massiccio sostegno economico e militare che il governo Pastrana prima e Uribe dopo, ricevettero dagli USA, scatenando una delle maggiori offensive militari della storia della regione latinoamericana dal 2002 al 2010 causando migliaia di morti. In questo periodo le FARC-EP subiscono gravi perdite: Manuel Marulanda, leader storico, muore nel 2008 per cause naturali e diversi comandanti della Segreteria dello Stato Maggiore Centrale cadono eroicamente in battaglia: Ivan Rios, Raul Reyes, Jorge Briceño e Alfonso Cano.
Nonostante questo le FARC-EP sono giunte al tavolo con il governo mantenendo la loro struttura e il controllo di importanti aree rurali del paese, esercitando il loro ruolo di difesa delle masse popolari e di importante punto di riferimento internazionale per la lotta di liberazione dei popoli della regione. Il processo di pace aperto nel febbraio del 2012 a L’Avana, con i primi incontri esplorativi, e seguito poi a Oslo nell’ottobre 2012 con la conferenza di inaugurazione dei Dialoghi di Pace iniziati poi il 19 novembre a L’Avana e durati 4 anni, ha sancito un agenda dove le FARC-EP hanno ottenuto alcune loro posizioni sulla questione della terra, la partecipazione politica, i diritti delle minoranze, le discriminazioni, gli sfollati, la degradazione dell’ambiente, la riforma della giustizia, i risarcimenti alle vittime di guerra, lo sradicamento del traffico di droga ecc… Un Accordo a cui si è giunto nonostante i ripetuti sforzi, ancora in atto, di far saltare il processo da parte dell’alto comando delle Forze Armate, dei latifondisti e dei baroni del narcotraffico, di una parte della grande industria e di settori dell’imperialismo americano, con le loro campagne contro la pace, la repressione permanente sotto la famigerata “Legge di Sicurezza Democratica”, il finanziamento del Piano Colombia e la fornitura di armi sofisticate all’esercito e alla forza aerea, la complicità dei generali con il paramilitarismo nel frequente massacro di contadini da parte dell’esercito. Non si può di certo dire pertanto che questo Accordo è risolutore del conflitto di classe nel paese, che ha avuto nella lotta armata una delle sue forme, rimanendo persistenti le questioni di fondo che hanno portato ad essa.
La natura del regime non è posta in causa, ma non poteva esser altrimenti, così come permangono i vincoli dell’oligarchia colombiana e del loro Stato con l’imperialismo americano esplicitati con la presenza sul territorio colombiano di ben otto basi militari USA. Le FARC hanno inoltre rinunciato alla rivendicazione di una Costituente accettando il referendum e diversi punti dell’Accordo sono poco rassicuranti, in particolare sul paramilitarismo, le mafie internazionali del narcotraffico e sulla garanzia che non ci sarà impunità per gli autori e i mandanti dei massacri, torture, stupri, crimini efferati contro la guerriglia e la popolazione ad opera dei dirigenti dello Stato, dell’Esercito e della Polizia su mandato dell’oligarchia e che questi non possono ripetersi venendo meno l’autodifesa esercitata in mezzo secolo di guerriglia. Sia lo Stato colombiano che gli organismi internazionali garanti, come l’ONU, sono in realtà organi a servizio dei monopoli sul quale non si può riporre fiducia e nonostante le condizioni non siano quelle del 1985, non possiamo dimenticare quel precedente. Sono evidenti, infatti, alcuni elementi contingenti, come la fase di reflusso storico del movimento operaio e in particolare i rapporti di forza sfavorevoli a livello regionale dove l’imperialismo è tornato all’offensiva e il “ciclo progressista”, che pur ha portato delle conquiste, evidenzia tutti i limiti delle sue illusioni entrando in crisi.
Congratulandoci con le FARC-EP per i successi ottenuti nell’Accordo, frutto della loro lotta di resistenza, con le forze popolari, sociali e sindacali, i lavoratori e il popolo colombiano che ha pagato un alto prezzo in termini di vite e distruzione, manteniamo ferma la nostra solidarietà internazionalista con i rivoluzionari colombiani, con il PCCC, nella strada per porre fine al regime oligarchico colombiano e al capitalismo e costruire il socialismo-comunismo, come da obiettivo del programma rivoluzionario delle FARC-EP. Le esperienze storiche di ex guerriglie proprio in America Latina, come in El Salvador e Nicaragua, e i limiti manifestati dagli attuali processi progressisti dimostrano gli errori da non compiere e confermano invece la nostra convinzione sulla validità e vigenza dei principi rivoluzionari marxisti-leninisti sull’impossibilità di liberarsi dallo sfruttamento e l’ingiustizia sociale all’interno della compatibilità con il capitalismo e lo Stato borghese, e sul diritto dei popoli alla ribellione e all’uso di tutte le forme di lotta.
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[…] Lo scenario che si apre adesso è molto incerto, nonostante sia il governo colombiano che gli alti comandi delle FARC abbiano sempre detto che il processo di pace è ormai irreversibile, la destra di Uribe da sempre contraria all’accordo fa pesare la sua inaspettata vittoria referendaria. Per chi conosce la storia della Colombia non sarebbe la prima volta che un processo di pace venga interrotto, come accadde nel 1984 e nel 1998, casi in cui la disponibilità alla pacificazione da parte delle FARC-EP si è sempre convertita in nuovi e più violenti attacchi verso l’esercito popolare comunista. (per una sintesi della storia dell’accordo e dei precedenti qui) […]