Comanda la gang, l’ultimo singolo dei Posse che ci racconta la politica italiana. Ne parliamo con ‘O Zulù.

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Comanda la gang, l’ultimo singolo dei Posse che ci racconta la politica italiana. Ne parliamo con ‘O Zulù.

di Giovanni Moriello

 

Trent’anni fa, il 9 ottobre del 1991, usciva Curre Curre Guagliò, album iconico dei 99 Posse. Una lunga storia, quella della band napoletana, che, dopo una separazione durata vari anni, è uscita nel 2011 con l’album Cattivi Guagliuni e poi con Il tempo. Le parole. Il suono. nel 2016.  A quasi cinque anni dal loro ultimo lavoro, Luca “ ‘O Zulù” Persico, Marco Messina e Massimo Jovine, ritornano sulle scene con Comanda la gang, singolo uscito il 3 aprile scorso.

<<Proviamo a descrivere le miserie della politica italiana con  immagini ironiche forti, immediate, semplici, taglienti, provocatorie, dissacranti, proprio come nei primissimi brani, ma questa volta con un sound e un arrangiamento più potenti e rabbiosi.>>

 

Comanda la gang è un singolo di estrema attualità, cosa vi ha ispirati e come è nato?

Naturalmente ci ha ispirati il nuovo governo dei migliori… avevamo scommesso più per gioco che lo facessero davvero, poi il nostro gioco si è velocemente trasformato in una cosa seria, in un pezzo con tutti i crismi per intenderci, e purtroppo anche loro hanno fatto sul serio. Per sapere veramente come è nato, temo però che tu debba chiederlo al presidente Mattarella.

 

Anche attraverso la bella cover curata da Davide Toffolo, il brano svela il matrimonio politico tra partiti che non dovrebbero avere nulla a che vedere gli uni con gli altri. A tal proposito, dalle pagine della nostra rivista abbiamo spesso usato la definizione di partito unico librale. Secondo te cosa spinge forze apparentemente diverse ad aggregarsi?

Il fatto che sono solo apparentemente diverse. In realtà sono tutte le sfumature possibili del liberismo e ora che il loro modello unico elargisce denaro, ognuno vuole la sua parte, con buona pace dei “mai con questo e quello”, che per altro continuano pure a fare senza alcuna vergogna.

 

Anche guardando il video, sembra che non vi sia possibilità di uscita dal dominio dell’opportunismo capitalistico. E’ veramente così? Non ti sembra che oggi il potere abbia tanto raffinato le sue armi da essere persino in grado di guidare il dissenso? Ad esempio, alcuni analisti sostengono che la famigerata rivoluzione verde sia ormai inevitabile poiché la vuole il mercato.

Il problema è che quella che vuole il mercato globale non è la stessa che serve al mercato degli schiavi che abbiamo qui in Italia, e qui al Sud in particolare, ma questo è un discorso complesso. Più semplice parlare del video, e nel video sono bambini, sono ancora dei bambini e finché ci sono loro io non perdo né la grinta né la speranza.

 

Avete ambientato il video in una scuola. Come mai? Pare che Draghi voglia metterla al centro dell’azione politica del suo Governo. Cosa ne pensi?

Diciamo che abbiamo molto a cuore la tematica. Se lo fa davvero mio figlio sperimenterà le prime occupazioni già alla scuola elementare. Trovo solo un po’ triste il fatto che la storia dei 99 Posse, e la mia personale storia di militante qualche anno prima, siano iniziate proprio contestando i primi timidi tentativi di aziendalizzare la scuola e il Paese, tentativi che risalgono ai primi anni ’80. Avremmo potuto gridare più forte?

 

Anche solo ad un primo ascolto, si sente subito come avete recuperato, soprattutto nella scrittura, quel tono sarcastico, graffiante, ridanciano di brani del passato come Ripetutamente, Salario garantito, Rafaniello e altri. E’ una sensazione che condividi?

Certamente. Proviamo a descrivere le miserie della politica italiana con  immagini ironiche forti, immediate, semplici, taglienti, provocatorie, dissacranti, proprio come nei primissimi brani, ma questa volta con un sound e un arrangiamento più potenti e rabbiosi.

 

Voi siete nati nel 1991 e avete attraversato tutto il decennio. Una volta hai detto che il G8 di Genova ha fermato il movimento antagonista in Italia. È un caso che voi vi siate sciolti poco dopo? Sentivate che una stagione era finita?

La mia sicuramente sì. E trovavo semplicemente insopportabili i continui ed insistenti ammiccamenti della stampa in cerca di reduci o di saggi. Me ne sono andato in Palestina, dove era (ed è) Genova tutti i giorni sì, ma solo i giorni di pace. Ci sono andato per imparare a resistere, a crederci ancora e a sorridere pure. E me lo hanno insegnato subito.

 

In una vostra canzone del passato (Comuntwist) dicevate di essere comunisti e, per questo, totalmente fuori moda. Cosa significa essere comunisti oggi?

Essere parte del movimento reale per l’abbattimento dello stato di cose presenti. Da ciascuno secondo le sue possibilità e ad ognuno secondo i suoi bisogni. Una cosa del genere credo.

 

Tu oggi sei padre. Ti capita mai di pensare che tuo figlio, un giorno, possa fare un lavoro precario e malpagato? Come possiamo recuperare, secondo te, un orizzonte di classe in un mondo in cui il lavoro è così frammentato?

E’ proprio quello a cui sto lavorando da quando l’ho guardato negli occhi la prima volta. L’esempio si dà tutti i giorni e lo si dà con le cose che si fanno, non con quelle che si dicono, figuriamoci quelle che si impongono.

 

In una recente trasmissione di RAI 3, Città segrete, Corrado Augias, il conduttore, ha offerto un’immagine stereotipata di Napoli (Pulcinella, Maradona, Cutolo…), un po’ come quella che viene data in pasto ai turisti che mangiano una granita su Via Chiaia. Voi, invece, in brani come Napoli e University of Secondigliano avete aperto la città come fosse un vaso di Pandora. Insomma, non ti infastidisce il modo in cui Napoli è sempre rappresentata? Tu che rapporto hai con essa?

Amo Napoli, ciò che è e ciò che rappresenta. Odio però una cosa di cui Napoli è piena, e sono i suoi nemici. Napoli è talmente grande da essere capace di accogliere e collocare anche loro. Sta a noi liberarcene se e quando ne saremo capaci.

 

Qual è lo stato attuale della scena underground cittadina e dei movimenti antagonisti? Napoli è sempre una città ribelle?

È talmente ribelle che io ormai sono solo un vecchio pidocchio annidato sul dorso della iena della socialdemocrazia.

 

In passato hai detto: << Siamo nati come volantino del centro sociale Officina 99 di Napoli>>.  Oggi, in nome della legalità, i centri sociali sono malvisti tanto a destra quanto a sinistra. Cosa ne pensi?

Ci ho impiegato 30 anni a dire cosa ne penso e credo di non avere ancora finito. Abbiamo parlato delle gravi responsabilità della sinistra istituzionale su questa confusione che da un certo momento in avanti si è incominciata a creare tra il concetto di giustizia e quello di legalità.

 

Quali progetti hai e avete per il futuro?

Di svegliarci ed addormentarci un numero esattamente uguale di volte. Basta una volta che ti distrai, e addio progetti e futuro…

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