di Nicoletta Fagiolo
Papa Francesco si reca oggi, 31 gennaio, a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, ma limiterà il suo viaggio alla sola capitale Kinshasa, rinunciando al suo itinerario originale, che prevedeva anche una visita nella provincia del Nord Kivu all’est del paese, perché considerata troppo pericolosa e in preda ad una nuova ondata di violenza estrema in questa guerra che ormai dura dal 1996.
In questa area del paese il 22 febbraio 2021 sono stati assassinati l’ambasciatore Italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio assieme all’autista Mustafa Milambo e il carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci, mentre erano in viaggio in un convoglio del PAM (Programma Alimentare Mondiale), agenzia delle Nazioni Unite. La rivista Nigrizia in un articolo di Filippo Ivardi Ganapini, attingendo a fonti sul campo, si domanda se il mandante fosse Kigali, la capitale del vicino Ruanda. Ganapini nell’articolo si chiede se Luca Attanasio era stato assassinato per impedirgli di svelare ciò che aveva scoperto, come lo fu il vescovo Munzihirwa. Chi era l’arcivescovo di Bukavu Christophe Munzihirwa Mwene Ngabo e perché fu assassinato nel lontano 28 Ottobre del 1996 alla vigilia dell’invasione del Congo (all’epoca si chiamava Zaire) da parte del Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo-Zaire, noto con l’acronimo francese AFDL?
Un conglomerato finanziario di società occidentali prevalentemente canadesi e americane noto come American Mineral Fields Inc (AMFI) finanziò e armò una finta ribellione nel 1996 che invase il Congo (all’epoca Zaire), spaccicandola come un movimento di liberazione, l’AFDL. L’allora vicepresidente ruandese Paul Kagame e il presidente ugandese Yoweri Museveni crearono l’AFDL e per dargli una facciata congolese misero alla sua testa un ex-ribelle congolese, Laurent-Désiré Kabila. Kabila preparò frettolosamente un esercito composto principalmente da bambini soldato e da pochi Mobutisti disillusi, ma saranno principalmente gli eserciti ugandese e ruandese a guidare i combattimenti. In soli sette mesi riuscirono ad arrivare alla capitale Kinshasa e rovesciare Mobutu Sese Seko, il dittatore al potere da quasi tre decenni.
Il pretesto per l’invasione dello Zaire di Mobutu era stato quello di svuotare i campi profughi che ospitavano da 1,5 milioni a 2 milioni di rifugiati, principalmente Hutu Ruandesi che erano fuggiti dall’avanzata del Fronte patriottico ruandese in Ruanda nei tragici eventi del 1990-94.
Oggi Emma Bonino tace, ma all’epoca, commissaria europea per gli aiuti umanitari, in un articolo del 1997 su Nigrizia condannò aspramente la comunità internazionale: «La mancanza totale di trasparenza è stata forse la caratteristica dominante di questa guerra “di liberazione”, scandita dalle menzogne dal primo all’ultimo giorno. Hanno mentito i belligeranti ma hanno mentito anche gli osservatori internazionali, come quei diplomatici e generali che sul finire dell’anno scorso hanno fatto abortire il progetto di forza d’intervento multinazionale umanitaria approvato dal Consiglio di sicurezza, spiegandoci che “non si registravano nell’est dello Zaire quantità apprezzabili di profughi”. O mentivano o erano degli incapaci.»
Centinaia di migliaia di profughi Hutu e milioni di civili Congolesi furono massacrati.
L’arcivescovo di Bukavu Christophe Munzihirwa Mwene Ngabo, prima di essere assassinato nell’ottobre del 1996, scrisse molte lettere a politici, capi di stato e associazioni umanitarie supplicandoli di fermare l’imminente invasione dello Zaire da parte del Ruanda. Nelle lettere lui descrive i crimini del Fronte Patriotico Ruandese verso gli Hutu in Ruanda, assassini che miravano principalmente gli intellettuali; ci parla di migliaia di prigionieri Hutu ingiustamente incarcerati e sottoline la presenza degli Stati Uniti d’America che stavano appoggiando questa imminente invasione. Durante la guerra di invasione ancora prima di diventare presidente dell’ex Zaire divenuto Repubblica Democratica del Congo, Laurent-Désiré Kabila concedeva a delle società minerarie dei contratti scandalosamente vantaggiosi per le multinazionali e a sfavore del Congo, tipici contrats léonins. Questi contratti illegali venero denunciati dal primo rapporto del gruppo di esperti sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali e altre forme di ricchezza nella Repubblica Democratica del Congo, gruppo incaricato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di indagare sugli accordi commerciali firmati nel Congo orientale durante la guerra. Col passare degli anni questi rapporti semestrali vennero spesso ignorati, censurati, annacquati e persino soppressi. Quando Laurent-Désiré Kabila volle sbarazzarsi dei suoi alleati ruandesi e ugandesi essi crearono un’altra finta ribellione chiamata Raduno Congolese per la Democrazia-Goma (RCD-Goma) e nel 1998 invasero di nuovo l’est del Congo. Durante questa guerra Laurent-Désiré Kabila fu assassinato il 16 gennaio del 2001 e rimpiazzato da suo figlio il ventinovenne Joseph Kabila che rimase al potere per 17 anni.
L’occupazione dell’est del Congo è resa possibile anche attraverso gli accordi di pace che sin dal 2003 inclusero nell’esercito nazionale congolese i ribelli stranieri, che poi disertarono creando nuove finte ribellioni. La presenza del Ruanda sul suolo congolese è dunque continuativa dal 1996 e cambiano solo gli acronimi, dal RCD-Goma al CNDP, ai più recenti M23 e ADF.
L’ultimo rapporto degli esperti delle Nazioni Unite ha di nuovo, come nel 2012, accusato il Ruanda di dirigere la finta ribellione M23. L‘Europa e gli Stati Uniti d’America hanno recentemente condannato questo appoggio ma continuano a finanziare il Ruanda.
Questa occupazione militare è anche facilitata da campagne di disinformazione che attraverso giornalisti, accademici e think tank negano o sminuiscono l’evidente legame fra le finte ribellioni e l’espropriazione illegale delle risorse minerarie; difendono una figura ormaia screditata come il Presidente del Ruanda Paul Kagame; non distinguono gruppi di auto difesa e bande criminali dall’esercito invasore e banalizzano la violenza in quel area del mondo.
In occasione del viaggio del Papa è stata tenuta a Roma una conferenza, A quando la pace in Congo?, il 25 gennaio alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana dove più di 170 associazioni della società civile hanno aderito, con lo scopo di rompere il silenzio assordante attorno a questa guerra.
Due libri furono citati durante la conferenza che riecheggiano le analisi dall’arcivescovo di Bukavu Munzihirwa assassinato nel 1996 ma con l’aggiunta di prove concrete, documenti d’archivio e testimonianze dirette : Charles Onana, Europe, Crimes et Censure au Congo (Europa, crimini e censura in Congo) e Judie Rever, In Praise of Blood, The crimes of the Rwandan Patriotic Front (Elogio del sangue, I crimini del Fronte patriottico ruandese). Come le parole di Munzihirwa i loro testi vengono ignorati e i loro autori persino minacciati.
Per fermare questa estrema violenza bisogna capire innanzitutto che essa è voluta dall’Occidente per svuotare le terre dei loro abitanti autoctoni terrorizzandoli e cosi facendo più facilmente appropriarsi delle risorse naturali. In altri tempi di chiamava razzia, oggi queste razzie sono camuffate come guerra civili o guerre etniche.
L’autore Alain Deneault che denunciò queste espropriazioni illegali nel suo libro del 2008 Noir Canada venne attaccato per milioni di dollari da due compagnie minerarie Barrick Gold e Banro.
I recenti accordi tra il segretario di Stato americano Tony Blinken e i capi di stato africani promettono profitti strabilianti per le multinazionali minerarie statunitensi e meno tutele per i lavoratori africani per guidare la rivoluzione digitale.
Il calciatore Smaïla Sarr ha festeggiato il 2 dicembre 2022 il suo gol per il Senegal durante il Mondiale coprendosi gli occhi e puntando un dito alla testa, imitando una pistola. Sarr ha spiegato su Twitter che questo gesto simboleggia il disprezzo mondiale per le atrocità in corso in Africa, specialmente nella Repubblica Democratica del Congo. Il suo gesto era preceduto da altri due calciatori congolesi Cédric Bakambu e Romelu Lukaku. Un giocatore di basket professionista congolese dei Phoenix Suns della National Basketball Association (NBA) Bismack Biyombo Sumba ha dichiarato in un’intervista il 20 dicembre 2022 “sto pregando per tutti voi a casa” riferendosi alle atrocità e ai massacri che le persone nel suo paese sono costrette a vivere.
I loro gesti disperati reclamano un’azione urgente e svelano anche l’assenza di una comunità diplomatica internazionale che prende a cuore le sofferenze atroci del popolo congolese in questo genocidio che già nel 2015 Noam Chomsky e Andre Vltchek chiamarono un super genocidio.
Oggi sono più di 10 milioni i morti civili congolesi e sei milioni di sfollati dal 1996.
2 Comments
Intanto i nostri media continuano con la nenia “quanto è tosta la meloni”, non hanno un briciolo di credibilità ed oramai non hanno nemmeno la faccia di ridicolizzare le nostre argomentazioni che preferiscono evitare. Il nostro più valido alleato è la verità, sempre rivoluzionaria e su questo Gramsci ci aveva visto lungo.
Il silenzio stampa è un’eccellenza italiana.