di Barbara Mangiapane
“Rivolta Ungherese 1956-2016. Studenti, braccianti, operai: quando il popolo si ribellò al comunismo” già dal titolo questa iniziativa che si terrà domani 21 ottobre a Palazzo Bastogi a Firenze, organizzata dal gruppo consiliare regionale della Lega Nord, dalla fantomatica associazione Progetto Firenze Dynamo e dall’associazione Identità Europea, rivela tutto il suo carattere di falsificazione storica e mistificazione ideologica. Niente di nuovo purtroppo rispetto al fronte trasversale che da decenni, da “sinistra” a destra, regge il sacco alle politiche anticomuniste che in molti paesi dell’ex blocco comunista governi conservatori e reazionari portano avanti. E così, mentre in Polonia, Ucraina, Ungheria, si votano leggi che equiparano nella condanna all’illegalità ed alla persecuzione, la svastica, il simbolo delle SS e la falce e il martello, fascisti vecchi e nuovi ed ex comunisti pentiti fanno a gara per recarsi in pellegrinaggio nei luoghi dei “martiri” del comunismo, in questo caso ed in questo periodo la meta è l’Ungheria dei tragici eventi del 1956.
Ai comunisti, come sempre, tocca ristabilire la verità storica e smascherare le motivazioni reali alla base di certe operazioni-truffa. Cosa accadde in Ungheria i comunisti lo sanno bene, in questa sede è sufficiente ristabilire alcuni punti: la controrivoluzione ungherese fu la prima gravissima conseguenza del XX Congresso del PCUS e delle menzogne kruscioviane. Il Partito Comunista Ungherese ed in particolare Mathias Rakosi erano diventati il bersaglio non solo delle forze controrivoluzionarie, clero ungherese, hortisti, imperialisti statunitensi, ma anche di Krusciov, che mal digeriva la scarsa disponibilità del comunista ungherese ai propri disegni revisionisti, e di Tito: ”Rakosi proveniva dalla vecchia guardia del Comintern e il Comintern era la bestia nera dei revisionisti moderni. Così l’Ungheria divenne il campo degli intrighi e delle combinazioni orditi da Chruscev, da Tito e dai controrivoluzionari (spalleggiati dall’imperialismo americano), che corrodevano dall’interno il partito ungherese e le posizioni di Rakosi e degli elementi sani della sua direzione. Rakosi costituiva un ostacolo sia per Chruscev, che cercava di includere anche l’Ungheria nella sua sfera d’influenza, sia per Tito, che cercava di distruggere il campo socialista e odiava doppiamente Rakosi come uno degli ”stalinisti” che lo avevano smascherato nel 1948” (Enver Hoxha, I krushoviani).
Quando scoppiarono i moti in piazza, fu subito chiaro che Imre Nagy era andato intenzionalmente ben oltre i desiderata di Krusciov, al quale il gioco era ormai sfuggito di mano, così come era evidente che non si trattava di quella “rivolta popolare spontanea” che i media occidentali amarono incensare quanto piuttosto di veri e propri moti squadristici, puro e semplice terrorismo fascista, con gruppi armati e organizzati che assaltavano edifici pubblici e segnavano le case di ebrei e comunisti, bruciando libri marxisti e massacrando i comunisti più conosciuti: “Gli impiccati” – ci ricorda nel suo lavoro La verità sull’Ungheria, Herbert Aptheker “pendono dalle finestre, dagli alberi, dai lampioni, da qualunque oggetto a cui si possa impiccare un uomo….Mentre ottobre passava in novembre, la furia cresceva, e sempre più il massacro prendeva la forma di un’azione bene organizzata. Vi sono prove conclusive del fatto che solo l’entrata delle truppe sovietiche a Budapest prevenne l’uccisione di centinaia, forse di migliaia di ebrei: fra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, i pogrom antisemiti – segni del terrore fascista senza più freni – erano riapparsi in Ungheria” mentre il governo di Imre Nagy autorizzava la ricostituzione dei partiti fascisti e conservatori.
Così sintetizza lo stesso Luigi Longo “l’intervento attivo, nella stessa lotta in seno al partito e al regime, di elementi di diserzione, di capitolazione e di tradimento, ha aperto la strada all’azione delle forze reazionarie indigene, che il potere operaio non aveva totalmente liquidate, e della propaganda e degli agenti controrivoluzionari, che la reazione imperialistica straniera si era affrettata a far penetrare in Ungheria.” (Luigi Longo, La Rinascita – Gennaio 1957 “Come sono potuti accadere i fatti d’Ungheria”)
Il ruolo della maggioranza di studenti, braccianti, e operai fu ben diverso da quello che i promotori dell’iniziativa fiorentina vorrebbero disegnare: in meno di 12 anni dalle macerie della seconda guerra mondiale e del regime fascista dell’Ammiraglio Horthy, un paese alla fame e allo sfascio economico e sociale aveva visto la liquidazione della disoccupazione e lo sviluppo dell’industria pesante del 350%, con migliaia di operai che poterono avere accesso ad un lavoro sicuro ed alla dignità che questo comporta. Certo, lo sviluppo industriale impose sacrifici a tutti i cittadini, non solo ai lavoratori, come accade invece nei paesi capitalistici, ma con il socialismo ai lavoratori vennero riconosciuti il riposo settimanale e le ferie, previdenza ed assistenza sociale, fino ad allora precluse per il 90% dei lavoratori ungherese, furono estese.
Al progresso economico e sociale fece seguito una crescita civile e culturale inimmaginabile in precedenza: dalle masse popolari, principalmente contadine, vennero fuori i principali quadri professionali, tecnici, politici, sindacali. “Noi, ad ogni cuoca, insegneremo a dirigere lo Stato” questo diceva Lenin quando parlava del comunismo, e questo è stato realmente il comunismo per le masse popolari, operaie e contadine. Questi sono fatti che nessun revisionista borghese o fascioleghista può negare.
Se è innegabile che la direzione del Partito Comunista Ungherese commise alcuni errori politici, nella costruzione del Partito e nell’iscrizione repentina di masse di lavoratori non educati politicamente e troppo spesso abbandonati a sé stessi, ed economici, nella costruzione dell’economia socialista e quindi nel miglioramento delle condizioni economiche in particolare degli operai più qualificati, è altrettanto vero che solo un’esigua minoranza di operai partecipò alla controrivoluzione: come disse Concetto Marchesi all’VIII congresso del PCI ”Si è ripetuto e si ripete che nella sommossa erano operai e studenti. La qualifica di operaio e di studente non basta a nobilitare la loro azione. Operai rinnegati e studenti alimentarono lo squadrismo e le brigate nere di Mussolini! Sotto la corteccia della repubblica democratica, in Ungheria, restavano forse ciurme di servi che aspettavano i vecchi padroni per opprimere altri servi”.
Veniamo ora ai promotori e alle motivazioni reali alla base della triste iniziativa. Tralasciando la ben nota Lega Nord, Progetto Firenze Dynamo è un’associazione culturale che ha tra i propri obbiettivi l’aiuto agli italiani, in particolare ai fiorentini: “Il nostro intento è, come vera comunità fiorentina, quello di operare sul territorio per riportare Firenze alla totale disposizione dei cittadini, attraverso attività culturali e formative che possano funzionare da salvaguardia di quella “fiorentinità” che ormai si sta spegnendo, affievolita da una società che opera come un frullatore di melting pot mondialista, accompagnate dallo svolgimento di attività sociali e politiche che forniscano un valido aiuto e un fondamentale supporto agli abitanti di Firenze, sempre più abbandonati al loro destino, ponendo l’attenzione massima alla lotta al degrado, alla disoccupazione, all’ingiustizia sociale e per la tutela dei fiorentini.”.
L’intento dichiarato di dividere i lavoratori in italiani e stranieri, etero e omosex, cristiani e non cristiani, appare in modo esplicito nei progetti che questa associazione porta avanti: “CoopXazione nasce con l’obiettivo di portare un aiuto concreto alle numerose famiglie italiane in difficoltà economica”; “Tutela della Famiglia: partendo dal riconoscimento dell’unicità, insostituibilità e complementarietà dei due sessi dell’Uomo e della Donna, il dipartimento si pone come missione una difesa senza compromessi dell’istituzione umana che naturalmente segue da queste due fondamentali identità sessuate, conoscibili da ogni essere umano”; “Una voce nel silenzio…Consacrati ad una trascendenza e fedeli ad una tradizione religiosa che ha segnato la storia e la civiltà europea, i cristiani, che oggi resistono, spesso fino al martirio, ai tentativi di sopraffarli proprio per la loro fede, sono un esempio raro nelle società “moderne” e le storie che li riguardano meritano di essere conosciute e omaggiate da chi sa cosa significa combattere per le proprie idee.”.
L’associazione Identità Europea è più nota e fin dal simbolo dichiara il proprio obbiettivo, un sole rosso porpora all’interno del quali si inserisce il monogramma costantiniano di Cristo: “Identità Europea è un Progetto concepito e portato avanti da uomini liberi che intendono lavorare affinché la civiltà cristiana – radice profonda ed autentica di quell’“arcipelago di diversità” che è l’Europa – torni ad essere riconosciuta come la fondamentale e più autentica base della civiltà e della vita associata del nostro continente. Una base solida, una radice profonda senza la quale quelle stesse diversità che compongono e qualificano la “sinfonia” dell’identità del nostro continente perderebbero ogni possibile armonia, non avrebbero senso né qualità.”
I comunisti sono ben consapevoli di cosa si celi dietro questo genere di organizzazioni politiche e associazioni culturali: il tentativo, purtroppo in alcuni casi riuscito, di dividere i lavoratori in base al sesso, alla religione, al colore della pelle, alla nazione di provenienza, all’orientamento sessuale in modo che finiscano per presentarsi divisi e non uniti, compatti, nella lotta contro il capitale e contro i padroni.
Lupi travestiti da agnelli, Lega Nord e affini si presentano come portatori di giustizia sociale e difensori del lavoro, indirizzando contro altre categorie di lavoratori, sfruttati e vittime di ingiustizia sociale la legittima rabbia dei lavoratori “italiani” mentre in realtà non sono altro che un ulteriore strumento con cui il capitale persegue i propri scopi di repressione e sfruttamento.
Condurre conseguentemente la battaglia ideologica e politica e ristabilire la verità storica come emerge ancora di più dalle nuovi fonti documentali serve quindi a perseguire ed attualizzare la giusta lotta antifascista e ad impostare correttamente la lotta di tutti i lavoratori.