Qualche giorno fa, con una piroetta di 180° rispetto alla posizione assunta per Roma, Beppe Grillo si esprime favorevolmente per la candidatura di Torino per le Olimpiadi Invernali del 2026. Questa presa di posizione che ha tutto l’aspetto dell’ennesimo colpo di mano voluto dal leader “dietro le quinte” non è andato giù ad alcuni consiglieri del Movimento che hanno fatto mancare il numero legale per poter discutere della questione in aula consiliare. A vedere bene, però, non c’è tanto da stupirsi per una manovra del genere che si inserisce in un processo più ampio di “normalizzazione” del Movimento 5 Stelle, di cui numerosi sono stati gli esempi in campagna elettorale. Il Movimento, che si candida ad assumere il governo del Paese ha la necessità di rassicurare gli investitori internazionali, il grande capitale e i partner stranieri. L’apertura alle Olimpiadi si inserisce ovviamente in questo contesto.E’ evidente però che da queste Olimpiadi non giungerebbe nulla di buono per la città di Torino. Tanto che i torinesi hanno già sperimentato cosa volesse dire ospitare le Olimpiadi Invernali nel 2006: anche quella volta altisonanti paroloni e mirabolanti prospettive di crescita e di guadagno avevano preparato l’avvento delle competizioni sportive e come una coltre di neve aveva ricoperto i reali interessi che c’erano dietro. La neve però era destinata a sciogliersi e riportare alla luce tutte le magagne.
E di magagne ve ne erano veramente tante. Le Olimpiadi del 2006 hanno causato alla città di Torino delle perdite di 800 milioni di euro (secondo uno studio dell’Istituto Bruno Leoni) senza contare i miliardi del costo di mantenimento delle strutture, costruite per ospitare i giochi e lasciate inutilizzate per anni. Tutto questo è pesato in maniera preponderante sull’aumento del debito cittadino che è praticamente raddoppiato nel giro di pochi anni. Ad esso si sono attaccate poi le amministrazioni per mettere in vendita quasi tutte le società partecipate andando a ridurre ulteriormente la qualità dei servizi per i cittadini.
Insomma, queste Olimpiadi sono state un grandissimo affare per pochi speculatori e costruttori e un grande spreco per tutti gli altri. Basti pensare alla pista olimpionica del bob di Cesana costata 140 milioni di euro. Nel 2000 il comitato organizzatore, in accordo con gli enti locali e il Comitato Olimpico Internazionale, presentò al Coni gli studi che ne sconsigliavano la costruzione suggerendo di utilizzare La Plagne, in Francia poco distante. La proposta fu rigettata dal Coni. Da allora, la pista è rimasta aperta e inutilizzata fino alla chiusura nel 2010. Nel frattempo non ha ospitato nessun evento, ma le spese di gestione sono costate 500.000 euro nei trimestri invernali e altri 800.000 per la manutenzione ordinaria (1,3 milioni all’anno). E poi lo Sky Jumping di Pragelato, per la cui costruzione sono stati spesi più di 37 milioni e la sua manutenzione è costata 1.161.226 euro all’anno con 2 sole competizioni svoltesi. Sorte simile per l’hotel vicino all’impianto (120 posti letto e 20 milioni di costo); il biathlon di Sansicario (6 milioni); la pista del fondo a Pragelato (20 milioni spesi per cablare i dieci chilometri dell’anello); la pista per il Free Style a Sauze d’Oulx (costo 9 milioni, usata 6 giorni e poi smantellata); eccetera eccetera.
Anche dal punto di vista dei guadagni derivanti dalle possibilità occupazionali e dal turismo la torta è veramente magra, e anzi, le Olimpiadi si sono tramutate nell’ennesima occasione per abbattere i costi del lavoro, al punto che nei cantieri delle strutture olimpiche perse anche la vita un giovane operaio di 36 anni, colpito da una trave. A guadagnare dal turismo sono i pochi albergatori e ristoratori coinvolti nell’evento e per tutte le altre mansioni furono reclutati 20.000 volontari che lavorarono a titolo completamente gratuito come visto più volte in occasioni come queste, Expo tra tutte.
Tutto ciò non è legato ad una mala gestione ma ad un’impostazione complessiva dell’amministrazione della città e degli interessi dei grandi gruppi privati che ne sono dietro. Non si tratta semplicemente di ridurre gli sprechi riutilizzando le strutture che già esistono e che andrebbero comunque rimesse a nuovo per lo stato d’abbandono in cui versano, si tratta di ripensare la scala delle priorità di una città che costruisce enormi palazzetti dello sport da utilizzare una volta ogni venti anni e non riesce a garantire l’accesso allo sport ai ragazzi delle classi popolari privi, specialmente nei quartieri popolari, delle strutture adeguate ad una corretta e sana pratica sportiva.
Un discorso di priorità che riguarda a 360° la condizione della città in cui ogni anno avvengono più 3.000 sfratti per morosità e 17.000 famiglie rimangono in attesa di una casa popolare, una città che presenta uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alti d’Italia e che dovrebbe cominciare ad occuparsi di questi problemi che ancora, a quasi due anni dall’insediamento della giunta a 5 Stelle, non hanno trovato risposta.
Il tempo è finito, non si può continuare nell’accusa alle amministrazioni precedenti è il momento che anche a questa giunta venga presentato il conto. Per allestire le Olimpiadi servirebbero almeno 3 miliardi di euro, si usino questi soldi per degli investimenti seri per riqualificare e potenziare gli impianti sportivi dei quartieri popolari, per garantire l’accesso alla pratica sportiva a tutti, per iniziare ad intervenire sui tanti problemi strutturali che attanagliano questa città.