La Gran Bretagna costruirà un muro per impedire l’arrivo di immigrati attraverso il tunnel della Manica, dalla cittadina francese di Calais. Un intervento che fa parte di un pacchetto di misure concordate con lo stato francese – il muro tecnicamente sorgerà proprio su suolo transalpino – per arginare il fenomeno dell’immigrazione irregolare, tanto più problematico per Londra dopo la decisione di uscire dalla UE, su cui il tema immigrazione ha inciso in modo determinante. Oggi a Calais si stima risiedano più di10.000 immigrati, provenienti per lo più da Nord e centro Africa e medio oriente, territori interessati da conflitti e in alcuni casi da un vero e proprio neocolonialismo europeo. Vivono per lo più accampati in un enorme campo irregolare soprannominato la «Giungla» in condizioni assolutamente precarie, con la speranza di riuscire a oltrepassare la manica e giungere in Gran Bretagna. Per farlo sono decine ogni giorno si nascondono nei camion o cercano di aggrapparsi ai furgoni lanciandosi sull’autostrada.
La decisione ovviamente non è passata inosservata. Nello stesso giorno l’Austria ha varato una serie di misure che in caso di necessità prevedono un piano per il respingimento degli immigrati con il dispiegamento di oltre 2.000 soldati al controllo delle frontiere. Si tratta di casi sempre più frequenti dopo che l’Ungheria e la Macedonia avevano fatto altrettanto. Per non parlare del muro che separa USA e Messico, che si calcola abbia fatto 6.000 vittime, decine e decine di volte quelle del muro di Berlino. Decisioni che non stupiscono quindi, ma che diventano paradossali se si esce dalla visione dominante e si fanno alcune considerazioni critiche sulle ipocrisie e le contraddizioni di queste politiche.
Quello che si autodefinisce mondo libero fa della caduta di un muro la sua bandiera. Lo commemora ogni anno con grandi manifestazioni, ma continua a costruire muri pensando ipocritamente di poter arginare in questo modo la disperazione di milioni di persone, mentre parallelamente si alimentano le cause che le costringono ad emigrare, intensificando azioni e interventi di natura imperialista e una politica che depreda le risorse dei popoli in favore del grande capitale. Dopo i muri, saranno fili spinati, navi da guerra, mezzi sempre più sofisticati e cruenti, che non otterranno alcun effetto. Milioni di persone continueranno a scappare, accettando rischi sempre più grandi sulle nostre frontiere. Non accetteranno di morire “democraticamente” di fame nei loro paesi depredati o sconvolti dalla guerra. Vorranno correre il rischio di provare, magari finendo per morire a frotte sulle nostre frontiere, pur di dare ai propri figli un futuro più dignitoso. Pur di averci almeno provato.
Una volta arrivati si accorgeranno che la vita anche da questa parte non è il paradiso terrestre immaginato. Troveranno condizioni di sfruttamento, di vera e propria schiavitù come avviene nei campi agricoli, le difficoltà quotidiane di avere un lavoro, una casa, un’esistenza dignitosa. Proveranno sulla pelle tutto quello che milioni di lavoratori e disoccupati provano ogni giorno.
La campagna terroristica che viene scatenata contro l’immigrazione, e l’immagine dei governi che fanno di tutto per fermarla non ha alcun valore reale, se non quello di deviare l’attenzione delle classi popolari, di costruire un nuovo nemico visto paurosamente vicino, di impegnare il proletariato in una guerra fratricida da cui le classi dominanti possano uscire vincitrici persino in un periodo di crisi profonda come quella che stiamo attraversando. L’operaio, il disoccupato, la pensionata devono comprendere che gli stessi che li sfruttano e li opprimono sono i responsabili dell’immigrazione. Che dietro le rate del mutuo, i salari che diminuiscono, le aziende che chiudono, le pensioni sempre più basse, c’è la stessa mano delle guerre civili, dei massacri, la mano insanguinata di chi finanzia e sostiene il terrorismo islamico, o invade interi paesi per assicurarsi il controllo del petrolio, delle risorse, dei mercati.
E’ lo stesso nemico che ci opprime, e chi è la causa non può essere la soluzione. Che apra le frontiere o che costruisca muri, l’immigrazione non assumerà più le dimensioni e la drammaticità di oggi solo quando non esisteranno più le cause economiche e politiche che la determinano storicamente. Chi vuole seriamente contribuire a risolvere il problema deve lottare contro le politiche imperialiste dei propri governi, non invocarne l’inasprimento; deve prendere coscienza che solo l’abbattimento del sistema capitalistico può essere la soluzione, non la lotta