FGC – Federazione Gioventù Comunista
Le credenze non devono essere coerenti o veritiere per essere accettate, e anche le credenze accettate al giorno d’oggi non fanno eccezione.
L’analisi storica è passato dall’essere strumento di analisi critica a semplice strumento di indottrinamento, il che significa svincolare la Storia dal suo ruolo fondamentale. Lo studente moderno non viene dotato degli strumenti idonei a svolgere un’analisi critica, né tantomeno viene spinto a mettere in dubbio le proprie credenze. Come studenti siamo erroneamente portati a credere che tutto ciò che viene scritto sui libri di testo corrisponda a verità assoluta.
Ieri, 9 maggio, noi comunisti abbiamo celebrato la resa della Germania nazista all’Armata Rossa. Quando si parla dell’Unione Sovietica, è molto comune credere che si tratti di una dittatura sanguinaria e repressiva. Teniamo però a mente le parole con cui questo articolo ha preso vita.
Nel corso dei secoli precedenti l’Europa fu attraversata da due rivoluzioni industriali, le quali portarono sulla scena tecnologie d’avanguardia per la riduzione del tempo di lavoro delle merci, che impressero una forte orma di competitività sul mercato globale. Sotto la spinta della Rivoluzione francese, la classe borghese iniziò l’esportazione di una nuova morale, e di un nuovo modello basato sulla privatizzazione dei mezzi di produzione: questo si legò indissolubilmente al lento declino della vecchia classe aristocratica, che sbocciò in un nuovo paradigma economico, quello protocapitalista. Nell’impero zarista questo fenomeno non si era verificato, anche perchè ricordiamo l’esito della Battaglia in Russia di Napoleone: l’ordine aristocratico dello Zar riuscì a mantenere il controllo politico, dunque anche l’economia mantenuta fu ancora a lungo quella di stampo semifeudale.
Al momento della Rivoluzione d’Ottobre, nel 1917, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica fu costretto a colmare un gap tecnologico con l’Occidente che persisteva dal 1800: questo ci permette di spiegare meglio la fase antecedente la Grande Guerra, soprattutto il Patto di non-aggressione “Molotov – Von Ribbentropp”. Quello che oggi ci viene presentato come un accordo per spartirsi la Polonia, non contiene un briciolo di verità storica, questo per alcuni motivi fondamentali. Il primo, è che l’ingresso dell’URSS in Polonia si ebbe solo in seguito alla recessione del Patto da parte di Hitler. Il secondo, è che il confine lungo cui si assestò l’Armata Rossa altro non era che il legittimo confine precedentemente sottratto alla Russia Sovietica con la guerra sovietico-polacca del 1920. E’ inoltre importante ricordare che il Patto di non belligeranza fu sottoscritto solo dopo la Conferenza di Monaco del 1938, con cui gli Stati occidentali d’Inghilterra e Francia e l’Italia fascista permisero ad Hitler di espandersi lungo i Sudeti, nella speranza di indirizzare la furia nazista ad EST contro l’URSS.
Effettivamente, il grosso della potenza militare nazista fu riversata verso EST: i sovietici protessero i propri confini a costo della vita, ciò gli fruttò più di 22 milioni di morti. Per rendere ancor meglio il peso bellico sostenuto dai Sovietici, ci basti pensare che gli americani contarono circa 400 mila vittime militari e civili. Terminata la battaglia di Stalingrado, i soldati dell’Armata Rossa iniziarono la marcia di liberazione dei prigionieri dai campi di concentramento, altro strumento di sfruttamento capitalista della manodopera, tant’è vero che le aziende private che desideravano servirsi di lavoro gratuito potevano presentare richiesta all’Ispettorato dei campi: ad approfittarne di più furono la Siemens, la Volkswagen, la Knorr, la Krupp, la BMW e la Ford. Con la fine della guerra, il blocco socialista si contrappose, attraverso il Patto di Varsavia, al blocco dell’area NATO.
Al termine di questa stagione dualistica, con la caduta del blocco socialista e dell’Unione Sovietica, con la restaurazione del capitalismo in Russia, si è inaugurata una nuova fase di capitalismo finanziario globalizzato.
Oggi, la circolazione di capitale è così veloce da sfuggire al controllo degli Stati, la finanza si serve della politica per consolidare sempre di più il proprio dominio, per rafforzare questo finto ordine prestabilito delle cose. Bauman si chiede: se crediamo con superficialità che la battaglia per la libertà è stata vinta, come mai la capacità umana di immaginare un mondo migliore non è tra i trofei di questa vittoria? Qualcuno diceva “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”. Questo slogan sembrerebbe lontano dalla realtà effettiva in cui viviamo, eppure, quante volte sentiamo parlare di missioni militari come missioni di mantenimento della pace (“peacekeeping”)?
Che libertà è quella che frusta l’immaginazione attraverso le pubblicità, e perché che le persone siano impotenti davanti alle questioni che le riguardano? Se il passato è alterabile, anche l’ignoranza è forza.