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Crisi Ucraina

La manipolazione della realtà è la legge primaria di ogni guerra. Come lo è la costruzione, da parte del potere, di un senso comune di massa favorevole alla guerra. Con Mussolini erano le “adunate oceaniche” a svolgere il ruolo di “popolarizzazione” della guerra. Nella Germania nazista del 1933 era Joseph Goebbels a dirigere il famigerato Ministero della Propaganda diretto a convincere il popolo tedesco al conflitto.

Chi organizza, oggi, in Italia il senso comune di massa, la “coscienza” della stragrande maggioranza della popolazione? La dirige un immenso e totalitario sistema mass-mediatico completamente in mano al grande capitale, ad imprenditori a volte dalla carriera oscura, ad oligarchie del petrolio, ai gruppi politici liberisti funzionali alla riproduzione del grande potere economico e all’atlantismo.

Vediamo: l’Editrice Gedi, presieduta direttamente da John Elkann, della FCA (FIAT), è proprietaria de La Stampa, de La Repubblica, de Il Secolo XIX, del Messaggero del Veneto, de Il Piccolo di Trieste, de L’Espresso, di Limes e di un’intera costellazione di Gazzette in tutta Italia (Mantova, Padova, Treviso, Venezia ecc.).

La RCS-Media Group di Umberto Cairo possiede Il Corriere della Sera e un’intera filiera di giornali locali e rotocalchi. La Piemme Caltagirone, di Franco Caltagirone (imprenditore edile dalla storia quantomeno opaca) possiede Il Messaggero, il Corriere Adriatico e Il Mattino di Napoli, che è il quotidiano di buona parte del Mezzogiorno. Il gruppo Monti (della famiglia di petrolieri Monti) è proprietario de Il Resto del Carlino, de Il Giorno, de La Nazione. Il Manifesto, anche attraverso la rottura con Manlio Dinucci, è passato nel salotto buono della borghesia italiana. Per ciò che riguarda le televisioni, la lettura dello stato delle cose è ancora più semplice: metà dell’intero apparato televisivo (Rete 4, Canale 5 e Italia 1) appartiene a Berlusconi e l’altra metà (le tre Reti televisive pubbliche) sono controllate totalmente dai governi – centro-destra e centro-sinistra – del potere economico, finanziario e bancario italiano. Oltre ciò, altre esperienze televisive sono sempre legate o alla grande imprenditoria (La7 di Cairo) o alla piccola imprenditoria locale.
Nel complesso, siamo di fronte ad un sistema mediatico dall’uniforme voce filo americana e filo padronale che costruisce la coscienza di oltre 50 milioni di italiani. Quasi tutta la popolazione.

Quali verità incontestabili, durante questa guerra in corso, questo Ministero della Propaganda ha piantato nella testa degli italiani?
Primo: l’intervento della Russia in Ucraina sarebbe dato sia dalla follia di Putin, dalla sua innata ferocia russa, dal suo essere bipolare (come scrivono gli psichiatri inclini ad interpretare l’attuale quadro internazionale, le sue dinamiche geopolitiche, attraverso il torbido complesso di Oreste di Putin), che dall’incontenibile spinta della Russia all’espansionismo e all’egemonia. Fateci caso: nelle decine e decine di “dibattiti” televisivi sulla guerra (condotti da “esperti” che la pensano tutti nello stesso modo, nel modo filo-americano) la semplice domanda “perché la Russia ha attaccato l’Ucraina?” non viene mai posta. Primo, perché se venisse formulata si correrebbe il rischio di richiamarsi alle basi materiali per quella scelta di guerra, come l’accerchiamento e l’allargamento da est della NATO contro la Russia; secondo, perché se la domanda venisse posta prenderebbe automaticamente corpo l’unica risposta sinora formulata dal mainstream generale: perché Putin è un pazzo ex sovietico ed ex KGB e la Russia cerca spazi vitali. Una risposta così debole da imbarazzare anche i più forsennati supporters filo americani.

La questione relativa alla supposta “spinta egemonica” della Russia quale motivo dell’intervento in Ucraina, in verità, non fa solo parte dell’armamentario del sistema mediatico dominante; tale “motivo” è entrato anche in alcune piattaforme “pacifiste”. Ma tale “motivo” non ha nessun riscontro concreto, in quanto non esiste un’esperienza, un fatto, un’azione condotta dalla Russia che potrebbe testimoniare di una spinta egemonica ed espansionista di Mosca verso altri Paesi.

A meno che non si volesse considerare il passaggio della Crimea alla Federazione Russa come un “atto egemonico” russo (totale travisamento delle cose concrete che il fronte imperialista, assieme al sistema mediatico dominante e alle forze più retrive, opera). Ma che il passaggio della Crimea alla Federazione Russa non sia per nulla un segno della supposta “spinta egemonica” di Mosca lo dicono i fatti, quelli con la testa dura: il popolo della Crimea insorse, nel 2014, contro il colpo di stato di segno nazifascista che gli USA, la NATO e l’UE organizzarono a Piazza Maidan per cacciare il Presidente filorusso Janukovyč e imporre un potere filo USA, filo NATO e filo UE. Di fronte al sorgere del fascismo a Kiev fu lo stesso Parlamento della Crimea (78 deputati su 81) a chiedere un referendum che lasciasse al popolo la decisione di rimanere legati all’Ucraina “americanizzata” o tornare con la Federazione Russa. Seconda opzione, questa, che vinse col 95,3% dei voti. Dov’ è possibile riscontrare, in tutto ciò, una “spinta egemonica” russa?

Ma abbozziamo un’analisi generale: la NATO si costituisce nel 1949. Il mondo, dopo l’orrore nazifascista e la Seconda Guerra Mondiale sogna la pace. Soprattutto è l’Unione Sovietica a sognarla, dopo i 27 milioni di morti avuti per sconfiggere il mostro del nazifascismo, dopo la distruzione portata sui suoi territori dal Terzo Reich e nell’esigenza assoluta della ricostruzione di un nuovo sviluppo. L’URSS e il campo socialista non hanno e non vogliono nessuna organizzazione militare sovranazionale. Ma gli USA vogliono la NATO. Perché, affermavano, l’URSS aveva politiche aggressive e mire espansioniste. Le stesse cose che ora si dicono di Putin. Solo sei anni dopo, nel 1955, “l’aggressività” del campo socialista risponde alla NATO con il Patto di Varsavia. Un Patto che richiede un enorme spostamento di risorse economiche verso il riarmo che l’URSS non avrebbe mai voluto, poiché erano risorse sottratte allo sviluppo interno e prive di plus-valore, poiché non prodotte come merci per un mercato internazionale. Come invece accadeva per gli USA.

Possiamo chiederci perché, nel 1949, gli USA si inventano l’aggressività sovietica e fondano la NATO? Forse perché incontenibile era l’ideale di cambiamento sociale, di giustizia, che promanava dall’URSS e si estendeva nel mondo spingendo interi popoli a liberarsi dal dominio imperialista e colonialista? Sì, era per questo.

Nel 1991 si scioglie il Patto di Varsavia. Di nuovo, come nel 1949, la NATO è l’unica alleanza militare sovranazionale nel mondo. Pur rimanendo sola e priva di polo antagonista, la NATO non si scioglie. Anzi, rilancia se stessa come potenza planetaria. Anche in questo caso possiamo chiederci il perché di questo “strano” comportamento della NATO? E possiamo risponderci che il perché va forse trovato nel fatto che, dopo la scomparsa dell’URSS, gli USA e l’intero fronte imperialista vedono il mondo come un nuovo e sterminato mercato da conquistare, con le “buone” (globalizzazione economica imperialista) o con le cattive, le guerre?

Dopo l’autoscioglimento dell’URSS, la NATO “promette” di fronte al mondo intero che mai e poi mai si sarebbe espansa nell’Est Europa. “Promessa” che dura appena 8 anni, poiché nel 1999 entrano nella NATO l’Ungheria, la Polonia, e la Repubblica Ceca. Nel 2004 addirittura altri 7 Paesi dell’ex campo socialista: Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Nel 2006 entrano anche l’Albania e la Croazia. Nel 2017 il Montenegro e nel 2020 la Macedonia del Nord.

C’è forse un polo militare euroasiatico di natura antimperialista in costruzione che spinge la NATO ad occupare militarmente tutta l’Europa dell’Est? No. Non vi è nessun patto militare in costruzione. La NATO aveva, anzi, indisturbata e impunita, per tutti gli anni ’90 e lungo gli anni 2000, distrutto la Jugoslavia, l’Iraq, la Libia, la Siria, lo Yemen, l’Afghanistan.

Se non vi è un fronte militare sovranazionale antimperialista, che cos’è che spinge la NATO a farsi universale, ad attaccare Paesi e popoli, uccidendo in pochi anni – tra la Jugoslavia, l’Iraq, la Libia, la Siria, lo Yemen, l’Afghanistan – milioni di persone, producendo milioni di profughi?

Non vi è un patto militare sovranazionale antimperialista ma vi è un cambiamento significativo nei rapporti di forza internazionali a favore dell’antimperialismo dato principalmente dall’immenso sviluppo economico e politico della Repubblica Popolare Cinese, dalla collocazione della Russia che si oppone all’aggressività imperialista insieme a Cina, Cuba, Venezuela e Siria e dato dal fatto che tanti Paesi si liberano dal giogo imperialista e vanno a formare un arco di forze mondiali non più subordinato agli Stati Uniti e alla NATO. Una rete vastissima di Paesi e popoli che dall’America Latina all’Africa, sino all’Asia, escono dalla gabbia imperialista iniziando a tessere una ragnatela fittissima di interrelazioni (economiche e politiche) che evocano un mondo nuovo, spaventando gli USA e la NATO.

Inizia a incrinarsi il quadro classico del mondo unilaterale ad egemonia statunitense e ad affacciarsi un mondo sconosciuto, di pace e scambi di carattere non imperialista, quello multilaterale. È una svolta storica, inaccettabile per gli ex padroni del mondo.

Passata la fase di Trump (imperniata su di un neoisolazionismo americano che prevedeva sì dure guerre doganali contro la Cina, l’isolamento della Cina e il progetto di avvicinare la Russia alla sfera americana, distaccandola da Pechino, e oltre ciò la minaccia ad un Paese agli antipodi come la Repubblica Popolare Democratica di Corea, ma che aveva ridotto la spinta bellica planetaria e aveva persino evocato lo scioglimento della NATO), torna, col democratico Biden, l’America selvaggia e guerrafondaia, consapevole del cambiamento dei rapporti di forza a livello mondiale a sfavore del fronte imperialista e attonita di fronte al formarsi del nuovo mondo multilaterale.

Che fare? Biden, nel giugno del 2021, convoca un summit G7 in Cornovaglia e da quella postazione lancia il famigerato e sanguinario Documento di Carbis Bay, firmato dagli USA, dal Canada, dalla Gran Bretagna, dal Giappone e da tutta l’UE, un Documento che dichiara la Terza Guerra Mondiale puntando a costruire un vastissimo fronte planetario militare contro la Russia e la Cina. E non passa molto tempo dal G7 di Cornovaglia che l’Alleanza militare Aukus (USA, Gran Bretagna, Australia) decide che l’Australia sarà dotata di una flotta di sommergibili nucleari da sguinzagliare per tutti i Mari del Sud della Cina.

Si ferma qui, Biden? No. Punta decisamente ad estendere la NATO ai confini stessi della Russia. Come? Trasformando l’Ucraina in una sterminata base militare USA e NATO dotata di missili nucleari capaci in 4 minuti di colpire e distruggere Mosca. In Ucraina già esisteva, come prodotto finale del colpo di stato nazifascista del 2014 contro il Presidente Janukovyč e soprattutto contro l’orientamento anti NATO e anti UE della sua politica generale, un regime filo-americano e filo-NATO, in forte odore di nazifascismo, con presidente Zelensky.

Ma mancava ancora qualcosa per accelerare il progetto di trasformazione dell’Ucraina in una Base NATO a ridosso di Mosca. Occorreva accendere gli animi.

Come accende gli animi, Biden? Attraverso provocazioni antirusse multiple e convergenti: l’Ucraina viene armata sino ai denti dagli USA – parliamo dei mesi tra novembre e dicembre 2021, sino a gennaio e febbraio 2022 –attraverso spostamenti verso il governo di Kiev di miliardi di dollari; tutta l’area geografica attorno alla Russia (dalla Svezia, che non fa parte della NATO ma che aderisce al piano di militarizzazione USA-NATO, ai Paesi Baltici, dalla Polonia alla Romania, dall’Austria, nei quali territori transitano a febbraio i carri armati USA-NATO, all’Ungheria) viene militarizzata in senso antirusso. E mentre ciò accade Zelensky, per ordine della Casa Bianca e per provocare Mosca – siamo nella prima fase del dicembre 2021 – inasprisce la guerra contro i popoli delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, aumentando i bombardamenti, la violenza e gli orrori antipopolari del Battaglione Azov in quelle terre del Donbass.

Nella metà di dicembre 2021 Putin offre agli USA e alla NATO una bozza di Trattato di pace che prevede la neutralità dell’Ucraina, la sua rinuncia a trasformarsi in base USA-NATO e, insieme, il riconoscimento, da parte della Russia, della piena autonomia dell’Ucraina.

A questa proposta di Putin e Lavrov gli USA e la NATO nemmeno rispondono. Accentuando, invece, la militarizzazione di tutta l’Europa dell’Est, inviando soldati americani in Polonia e in Romania, chiedendo all’UE di inviare anch’essa armi e soldati per accerchiare la Russia (l’Italia invierà – già nel gennaio-febbraio 2022 – carri armati, F-35 e soldati in Estonia e in Romania).

La provocazione generale è aumentata, da parte di Biden e Zelensky, attraverso altre stragi nel Donbass, che costringono Mosca, sotto la spinta del Partito Comunista della Federazione Russa a riconoscere l’indipendenza (21 febbraio 2022) delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk. Scelta alla quale Zelensky risponde inviando altre truppe del Battaglione Azov nel Donbass, che aggiungono la loro particolare ferocia nazifascista alla guerra di occupazione portata avanti dai 150 mila soldati ucraini già sul territorio. Tutto ciò per spargere ancor più sangue popolare e per provocare Mosca.

È questo il contesto generale.

Ora, per i comunisti, la questione importante è che la guerra abbia termine e che finiscano le sofferenze dei popoli, del popolo ucraino e del popolo del Donbass.

C’è una sola via affinché la guerra abbia termine: che riprendano i tavoli del negoziato e su questi tavoli prenda corpo l’unico patto possibile, l’unico per la pace: ritiro dell’esercito russo dall’Ucraina e, contemporaneamente, dichiarazione di neutralità dell’Ucraina, che vuol dire che Kiev rinuncia a trasformarsi in una Base USA e NATO ai confini russi. Assieme a ciò riconoscimento della Crimea e delle Repubbliche Popolari del Donbass, in modo che anche per quei popoli finiscano le sofferenze e le violenze.

I comunisti devono sostenere la fine immediata dell’invio di armi e di soldi all’Ucraina da parte dell’Italia, che è un vero e proprio atto di guerra irresponsabile voluto dal governo Draghi e votato da quasi tutti i partiti e che mette a rischio la stessa esistenza del popolo italiano. Via immediatamente tutte le armi nucleari americane dall’Italia che espongono il nostro Paese ad un rischio immenso. La pace non si costruisce inviando armi!

Se c’è una lezione che può servire a costruire la pace, anche per l’Italia, è questa: il nostro Paese riconquisti la propria autonomia e la propria sovranità, sottraendosi ai permanenti progetti bellici degli USA. Uscendo dalla NATO. Facendo uscire la NATO dall’Italia.

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