Da Bologna avanza la costruzione del sindacato di classe

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Da Bologna avanza la costruzione del sindacato di classe

di Franco Specchio*

Nei processi storici significativi è sempre stato difficile segnalare gli atti, i momenti, gli eventi che ne hanno dato l’avvio, al di là della loro formalizzazione e pure oltre i canali della comunicazione ufficiale. Ciò è valso, e vale ancora di più, per quei processi che stanno oggi vedendo per attori la classe operaia ed il movimento dei lavoratori, nonostante la tendenza subalterna, ma purtroppo oggi prevalente, a misurarne l’importanza tramite la loro risonanza mediatica o la loro diffusione generalizzata. Detto questo, non possiamo che valutare con grande attenzione e con piena soddisfazione il successo nei numeri, ma soprattutto nella qualità, che ha segnato l’Assemblea nazionale di Bologna dello scorso 26 ottobre, promossa e organizzata dal Sindacato Generale di Base e sostenuta dalla Confederazione Unitaria di Base.

L’Assemblea era dedicata all’espressione di un doppio NO, un NO alla controriforma della Costituzione e l’altro NO a tutti gli accordi nefandi sulla rappresentanza, a partire dal T.U.R. del 10 gennaio 2014, siglati tra padronato, governi borghesi, sindacati collaborazionisti ed in ultimo dai sindacati che si autodefiniscono ancora di base, ma che hanno scelto anche loro, ormai e purtroppo, la strada della collaborazione di classe. Il documento di convocazione, sottoscritto da diverse centinaia di delegati e rappresentanze dei lavoratori, da decine di avvocati e ricercatori, tutti operatori sul campo ed esperti in diritto del lavoro, oltre ad eminenti costituzionalisti, impegnati nel No operaio e non nel No degli accademici, tale documento partiva dunque dall’assunto che non vi può essere difesa efficace dei diritti e della libertà democratiche, senza una contestuale e sostanziale difesa dei diritti collettivi dei lavoratori, esercitabili soprattutto dentro le fabbriche e nei luoghi di lavoro tutti.

Su quella piattaforma si sono raccolti trecento lavoratori, lavoratori in carne ed ossa, significativi di realtà del conflitto di classe, quello vero, quello non mediabile dagli accordi truffa e neppure dai falsi riconoscimenti della comunicazione borghese. Lavoratori e delegati della Dalmine, della SMA di Parma, dell’Ilva di Taranto, dell’Electrolux, di Trenitalia, dei Trasporti, della Fincantieri, di Carrefour, dell’Ikea, della Scuola, dei Nidi, del Sociale, della Logistica, della Sanità pubblica e privata, delle società partecipate dei servizi locali, del Pubblico Impiego, ecc., tutti accomunati da un genuino spirito di lotta, da una combattiva esperienza reale sui luoghi di lavoro ed anche laddove si sottrae salario indiretto e diritti sociali.

Che non si trattasse di lavoratori avvinti dal qualunquismo o dal corporativismo lo si è visto subito dalla risposta immediata, commossa, non rituale, all’invito di salutare il compagno Comandante Fidel, tra i più grandi ed amati dirigenti del movimento comunista internazionale, rivoluzionario vero, che la Rivoluzione socialista l’ha saputa prima condurre alla vittoria e poi difendere con i denti, con il suo e per il suo eroico Popolo di Cuba. Nulla, dunque, di semplicemente ufficiale: questo genuino saluto di lavoratori sarebbe piaciuto molto al Comandante !

Lo si è visto pure dalla reazione entusiastica e convinta alla lettura del messaggio di saluto inviato dai compagni e fratelli del P.A.M.E., il Sindacato di Classe greco, lettura accompagnata da una relazione della compagna Barbara Battista, che era stata invitata ed aveva partecipato al recentissimo Congresso nazionale di quel sindacato, con decine e decine di altre delegazioni estere. La compagna Battista ha testimoniato sull’ enorme bagaglio di esperienza collettiva, di sapienza teorica, tattica ed organizzativa, di cui è dotato quell’organizzazione di classe, che generosamente e senza spocchia alcuna viene messa a disposizione dei lavoratori ed i proletari di tutto il mondo, sempre e con chiunque si metta sul solco del conflitto di classe, esercitato e non semplicemente rappresentato.

Il dibattito si è quindi articolato tra interventi di merito, non specialistici, non accademici, bensì organici e direttamente strumentali alla difesa e/o alla riconquista di quegli spazi di agibilità sindacale, politica e sociale che trent’anni e più di sconfitte e arretramenti del movimento operaio hanno determinato, e gli altri interventi espressione diretta dei campi e degli ambiti di lotta sindacale, sia sul terreno più strettamente economico, del salario, sia sugli altri terreni storici delle lotte dei lavoratori, quelli incardinati dalle lotte del’69 operaio: orari e tempi, sicurezza, salubrità, solidarietà di classe.

Ampio spazio è stato pure dedicato, e colto pienamente dai dirigenti nazionali di SGC e CUB, Betti, Ferrari, Battista, Montagnoli, Antonini, Pignataro e da altri, alle proposte per rafforzare e dare più sostanza politica e culturale al processo dinamico e dialettico di costruzione in Italia del Sindacato di Classe, un processo che è stato descritto come unificante ma non coercitivo, dialettico e dinamico, non di semplici confluenze ma di grande solidità ed efficacia nella cogenza delle lotte e dei conflitti, da tenere aperti e costruire nonostante e contro gli accordi sulla non-rappresentanza operaia.

Un processo di costruzione che avrà bisogno di un centro-studi, di servizi unificati ai lavoratori, sempre finalizzati ai loro stretti interessi collettivi e soggettivi, e mai alla nascita e sopravvivenza di aristocrazie operaie, o peggio di strutture foriere di opportunismi, se non di corruttele. Avrà pure bisogno di strumenti operativi per la difesa ad oltranza della sicurezza dei lavoratori (un diritto non disponibile) ed, in ultimo ma non ultima, la strutturazione di una rete competente e combattiva di avvocati e giuristi, una sorta di scudo legale, già in nuce, ma da strutturare meglio ed in tempi brevi.

Compito fondamentale, in questa fase, l’accompagnamento ed il contrasto puntuale a tutte le forme di limitazione dei diritti di sciopero, delle rappresentanze democratiche dei lavoratori e di attacco alla stabilità del loro posto di lavoro, alla loro sicurezza ed alla loro salute. Deve essere sempre più chiaro che sull’accordo del 10 gennaio i padroni lavorano per stringere le reti intorno al conflitto di classe e già oggi appare evidente che una vittoria del si al referendum aprirebbe una strada larga per interventi legislativi, anche più radicalmente devastanti degli accordi pattizi oggi in essere.

Particolarmente significativa è stata l’accoglienza riservata al messaggio inviato dal compagno avvocato Enzo Pellegrin, energia fondamentale del collegio legale del movimento NO-TAV, ma anche impegnato in prima persona nella difesa degli interessi operai, da Pomigliano a Mirafiori. Come pure l’intervento della delegata SGB di Parma Laura Bergamini, tutto schierato a difesa del movimento delle lavoratrici donne, contro le parate interclassiste del cosiddetto movimento femminista, vero e proprio cavallo di troia dentro le lotte per l’emancipazione vera e le rivendicazioni effettive delle lavoratrici.

Verso la fine dei lavori è giunta la notizia del pre-accordo padronato-fiom-fim-uilm sul contratto nazionale di lavoro dei meccanici: non è stato un fulmine a ciel sereno, bensì la conferma puntuale di quanto sia grave e pervasivo il tradimento, segnatamente della cgil-fiom, degli interessi della classe, e di quanto tale tradimento segni la ribadita incompatibilità tra la militanza comunista e il permanere della militanza nei sindacati collaborazionisti.

Torneremo a breve su queste pagine per una attenta analisi, ma già oggi possiamo affermare che, oltre l’implicito sostegno dato dal demagogo Landini al ciarlatano Renzi con questo pre-accordo referendario, si possono segnalare punti che giustamente, a detta di tanti delegati fiom, i quali, pure tardando colpevolmente e di nuovo a trarne le dovute conseguenze, denunciano come con questa firma si metta la parola fine ai contratti nazionali di lavoro, nel settore fondamentale della produzione industriale in Italia. Una belle e buona giornata, dunque, quest’ultimo sabato a Bologna, di quelle che potremo ricordare. Non c’erano le testate televisive e giornalistiche asservite al capitale monopolistico, ma c’era Libera Tv e, soprattutto, partiva e si sta espandendo il tam-tam operaio, il circuito virtuoso tra e ben dentro i conflitti, i suoi luoghi, i suoi simboli, i suoi soggetti: i quadri sindacali di classe, che stanno finalmente passando dalla resistenza al contrattacco, come efficacemente ci invitano a realizzare i compagni greci del P.A.M.E.

*Responsabile nazionale lavoro Partito Comunista

 

 

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