Panico negli ambienti euroatlantici per i risultati delle elezioni regionali nella parte orientale della Germania. Tiene solo il partito democristiano, mentre i socialdemocratici, che guidano il governo nazionale, hanno avuto una batosta tremenda. Cancellati i liberali. Qui il giochino sporco messo in atto da Macron in Francia, di mettere insieme la “sinistra” col “centro” per fermare la destra non ha funzionato, perché il sistema elettorale è proporzionale e non maggioritario e ciò ha evitato le pastette e la trappola politica. I vincitori sono indubbiamente, nell’ordine, il partito di estrema destra AfD e il partito di sinistra di Sahra Wagenknecht.
La propaganda bellicista nostrana (e non solo) si sbraccia per assimilare questi due partiti e affibbiare patenti aberranti agli uni e agli altri.
Ma è così?
AfD viene etichettato come nazista dai sostenitori del nazismo ucraino e sionista. E già farebbe ridere così. Abbiamo sempre sostenuto che il nazismo pericoloso che avanza nel mondo è quello della NATO. Tuttavia non si può negare che l’avversione alle burocrazie dominanti europee di AfD non è affatto basato su elementi di rottura, ma da una contrapposizione di interessi tra due settori della borghesia. Uno che è più legato e succube ai diktat statunitensi e un altro che si accorge di quanto questi diktat stiano danneggiando irreparabilmente la basilare struttura economica tedesca. In particolare ciò si esprime nell’avversione alla continuazione del supporto ai fantocci ucraini e all’alta presenza di immigrati. Nessuna richiesta di uscita dalla NATO. L’antisemitismo di cui sono accusati, non si concretizza in un sostegno alla causa palestinese. Diciamo che c’è molta retorica che fa breccia in categorie sociali molto disagiate – come le abbiamo viste anche in Inghilterra e in Francia e che non mancano di certo in Italia – che derivano dalla spoliazione dell’ex DDR, ma che vengono dirottate in una “guerra tra poveri” del tutto deleteria per i lavoratori. Ricetta sbagliata per mali reali, possiamo sintetizzare. Ma se litigano e dovessero arrivare allo stallo dell’attività politica in Germania, come in Francia, si potrebbero aprire scenari inediti.
Di segno completamente opposto le forze che si sono aggregate attorno alla Sahra, la cui formazione ha superato di slancio il 15% e viene demonizzata dalla propaganda occidentale con l’etichetta di “rossobruna”. Un comodo appellativo basato sul nulla, tranne che sul terrore che esiste una forza di sinistra che non risponde allo schiocco di dita dell’imperialismo atlantico, come fanno invece i socialdemocratici tedeschi, francesi o i nostri del PD.
Sahra ha avuto il grande merito di rompere con la formazione erede del partito al potere nella DDR, la Linke, che ormai era diventato una scatola vuota e burocratica, e riconnettersi coi sentimenti e le esigenze popolari. Questo la porta ad avere un sano atteggiamento di rifiuto del sostegno al finanziamento della guerra per procura in Ucraina, alla condanna del sionismo, una concreta analisi sul fenomeno dell’immigrazione e una critica molto acuta nei confronti delle burocrazie europee. Condivisibile la sua affermazione: «Il dibattito sull’aprire i confini è una carta da giocare per chi vuole forza lavoro a buon mercato – cioè per le grandi imprese. Non è un caso che le associazioni industriali cantino l’inno dell’immigrazione. Nessuno crede davvero che lo facciano per motivi umanitari. Si tratta di spietati interessi economici!»
Il suo libro Contro la sinistra liberale! Rappresenta un po’ il suo “manifesto”. In questo libro si possono riscontrare debolezze politiche che non vogliamo nascondere. Pur smascherando quella classe pseudointellettuale che rappresenta la base sociale della socialdemocrazia, che non è più da tempo la classe operaia, le soluzioni proposte non escono da una certa compatibilità borghese che potremmo far rientrare in un keynesismo aggiornato. Il difetto di queste proposte è quello che, nonostante la moderazione di cui si rivestono, sono esse davvero utopistiche, in quanto nessuna modifica è possibile senza una rottura radicale del sistema imperialista economico-militare costituito dalla NATO e dall’UE, dei patti di stabilità e dei rapporti subordinati entro la cittadella imperialista. La Germania da questo punto di vista è proprio al centro tra il vaso di ferro statunitense e quelli di coccio rappresentati principalmente dal nostro paese.
Pur ritenendola parte del movimento di opposizione e osservandola con interesse e speranza, dovremo vedere quali saranno i prossimi passi politici nazionali e internazionali per capire se su questo crinale la palla cadrà nel campo antimperialista, col rifiuto di qualsiasi collaborazione con le forze compromesse col sistema dominante, o nel campo imperialista, parabola sempre possibile per forze non ideologicamente marxiste.