Da Bruxelles nuova doccia fredda sui conti italiani e nuovo diktat al governo Gentiloni. Il vicepresidente Dombrovskis ha chiesto formalmente una correzione dei conti per circa 10 miliardi complessivi al governo italiano. Tutto mentre l’esecutivo è già impegnato a varare la cosiddetta “manovrina” con una correzione di 3,4 miliardi d euro.
Per avere un giudizio definitivo sull’entità di queste misure si dovrà attendere la discussione sugli emendamenti, e il giudizio del governo. Sono infatti stati presentati emendamenti per il ripristino dei voucher, misure sulle pensioni, sul gioco d’azzardo. Nel testo originario era presente una norma salva petrolieri con il congelamento del pagamento delle imposte ICI e IMU pregresse per le piattaforme petrolifere. Grande attenzione poi sull’incremento dell’IVA già previsto dalle clausole di salvaguardia e su cui il governo e il Parlamento stanno discutendo. Al momento c’è una proposta articolata che prevederebbe l’incremento dell’IVA agevolata al 10% fino all’11,5%, mentre per l’aliquota ordinaria si passerebbe dall’attuale 22% (come noto già innalzato negli anni precedenti) al 25% nel 2018, al 25,4% nel 2019, per poi stabilizzarsi al 25% nel 2020. Mentre slitterebbero al 2019 i rincari delle accise (le tasse pagate su benzina e singoli beni). Un grande pasticcio insomma, che in ogni caso attraverso l’aumento dell’Iva peserà sulle classi più deboli, comprimerà ulteriormente il potere d’acquisto dei lavoratori e delle loro famiglie, particolarmente per le fasce del lavoro salariato che non hanno possibilità di scaricare l’Iva.
Nonostante queste misure, la cui entità, ripetiamo, sarà compresa nel complesso appena si aprirà la discussione sugli emendamenti, da Bruxelles arrivano nuove richieste per il futuro.
Secondo i parametri Ue e secondo la Commissione l’Italia dovrà realizzare nel 2018 una manovra pari almeno allo 0,6% del Pil: una decina di miliardi. A pesare anche le stime sul debito pubblico, in costante aumento: nonostante le misure varate dai governi in questi anni, il debito pubblico continua ad aumentare. Nel marzo 2017 il debito pubblico è aumentato di 20 miliardi di euro, toccando complessivamente il nuovo record di 2.252 miliardi.
Sul debito pesa, secondo i dati di Bankitalia, il fabbisogno delle strutture centrali delle amministrazioni, mentre il costo degli enti locali si è ridotto dello 0,2% dopo anni di tagli e vincoli che sono stati imposti, con conseguente peggioramento della condizione dei servizi sociali che è sotto gli occhi di tutti. Tutto ciò nonostante l’incremento della pressione fiscale e l’aumento delle entrate tributarie che, sempre a marzo, sono state pari a 28,6 miliardi contro i 27,8 nello stesso mese del 2016. Nel primo trimestre del 2017 le entrate sono state pari a 92 miliardi, in crescita del 2,7 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2016.
La vera partita della correzione richiesta da Bruxelles, incrociando anche le voci che si diffondono tra ministero e Bankitalia, dovrebbe avere a che fare con le privatizzazioni. La richiesta della UE e le pressioni dei monopoli internazionali, spingono per una massiccia dismissione delle partecipazioni statali in alcune aziende strategiche. Si parla di mettere sul mercato una parte consistente di Cassa Depositi e Prestiti e di Ferrovie dello Stato, ma non si esclude anche un intervento in questo senso su Eni e Enel. Il governo corre a precisare che si tratterà solamente di dimissioni di pacchetti di azioni, che non intaccheranno il controllo pubblico, ma la partita è appena iniziata.
Duro il giudizio dell’Ufficio Politico del Partito Comunista che in una nota ha parlato di «nuove misure lacrime e sangue per accontentare gli avvoltoi di Bruxelles e l’appetito delle grandi società» Secondo il PC: «L’incremento dell’IVA avrà effetti devastanti sul potere d’acquisto dei lavoratori e delle famiglie, politiche di questo genere non portano ad altro che alla concentrazione della ricchezza di fronte all’estendersi della povertà. I dati che giungono dimostrano che le misure non sono adeguate ad ottenere alcune riduzione del debito, e che la loro vera finalità è l’incremento delle privatizzazioni, a livello nazionale e locale, e la compressione dei salari e dei diritti sociali dei lavoratori e delle classi popolari. Il governo Gentiloni – conclude la nota – come i suoi predecessori si dimostra il governo dei grandi monopoli».