di Alberto Lombardo
Segretario Generale del Partito Comunista
Professore Ordinario di Statistica nell’Università di Palermo
Invito alla lettura il libro curato da Alberto Prestininzi (a cura di), Dialoghi sul clima (2022 – Rubbettino Editore), edito con il contributo scientifico del CERI – Centro di Ricerca “Previsione, Prevenzione e Controllo dei Rischi Geologi e Ambientali” Università Sapienza di Roma.
Nel libro si raccolgono ben 3 presentazioni e 16 articoli scientifici, che spaziano su vari argomenti e si servono di vaste competenze multidisciplinari. Tutti sono indirizzati a mettere in discussione uno dei più vasti programmi di intervento che impatta sulle economie e sulle vite degli esseri umani: quello che riguarda i cambiamenti climatici e in particolare il contributo a esso della CO2.
Il nocciolo della questione è:
1) se vi sia una modifica unidirezionale del clima sulla Terra (climate change) o piuttosto che non siamo all’interno di storici ed epocali cicli naturali (in questo secondo caso si dovrebbe parlare di climate variation);
2) accettata la prima ipotesi, se questo change sia di prevalente o esclusiva causa antropica, ossia dovuta all’attività umana, in particolare dovuta all’aumento della CO2 in atmosfera;
3) accettata anche questa ipotesi, se vi siano azioni efficaci che l’uomo, attraverso i governi e i comportamenti individuali, possa mettere in opera per fermare e invertire questa tendenza, che altrimenti…
4) porterebbe all’irreversibile disastro climatico e quindi economico del Pianeta.
Come si intuisce facilmente, le conclusioni riguardanti la propugnata Rivoluzione Verde (“Green New Deal”) devono seguire l’infallibile consecutio delle precedenti ipotesi: cadutane una, crolla il teorema. In questo libro collettivo tutte e quattro queste ipotesi vengono criticate, messe in dubbio o smentite.
Nei nostri commenti qui di seguito metteremo in luce come neanche uno dei quattro punti della consecutio trova riscontro scientifico.
In particolare:
1) Vi sono ampie verifiche che il clima durante le varie ere è sempre cambiato anche in entità molto superiori al cambiamento registrato in questi decenni.
2) Per quanto la quantità CO2 di origine antropica sia aumentata di oltre il 50 percento negli ultimi trent’anni, la sua percentuale rispetto a quella naturalmente presente in atmosfera resta largamente al di sotto di qualunque soglia si possa ritenere abbia un effetto visibile sul clima. Resta comunque assolutamente indimostrato il legame tra CO2 e cambiamento climatico, se non come una correlazione spuria che non esce dalla semplice concomitanza di eventi che hanno una dinamica simile ma non per questo si influenzino l’uno verso l’altro.
3) I programmi di riduzione della CO2 che l’uomo può mettere in opera sono una frazione ancora più irrilevante e sono praticamente zero in riferimento a quello che il mondo occidentale può realizzare rispetto al resto del mondo.
4) sugli effetti dell’incremento della temperatura da parte dei catastrofisti si evidenziano alcuni lati negativi, ma si trascurano non irrilevanti lati positivi; in ogni caso sull’entità di tali incrementi i ricercatori pervengono a modelli molto diversi con previsioni incompatibili le une con le altre.
Nel libro viene anche discusso il preteso “consenso scientifico” su questi argomenti, che viene criticato sia in principio che nei fatti. Dal punto di vista scientifico il “consenso” vale meno di nulla. La maggior parte delle novità scientifiche si sono sempre affermate contro il consenso dell’epoca. Detto questo, occorre valutare nel concreto, ognuno con la propria testa, le conclusioni che vengono proposte, confrontando con equilibrio le due tesi. La demonizzazione di una e il suo oscuramento mediatico deve far largamente insospettire su chi vuole inquinare il dibattito e sterilizzarlo. In ogni caso, la tesi secondo la quale una “schiacciante maggioranza” degli scienziati accetti la tesi del Green New Deal in questo libro viene smentita da un’accurata e critica rassegna della letteratura.
Concludiamo questa introduzione, segnalando due recenti prese di posizione “ambientaliste”.
Su La Stampa del 12 giugno a pag. 12, si legge un articolo “La malattia del negazionismo” di Mario Tozzi, che rivela già dal titolo l’atteggiamento retorico scorretto e antiscientifico di cui è intriso, abusando di un parallelismo tra chi nega lo sterminio degli ebrei e chi nega qualunque altra cosa possa essere gradita al potere. Lo stile è quello della Santa Inquisizione: “IO sono la VERITÀ, TU sei contro di me, QUINDI tu sei contro la VERITÀ”. In particolare nell’articolo di fa un uso massiccio delle seguenti forme retoriche:
Il secondo articolo che voglio qui commentare è del WWF https://www.wwf.it/pandanews/ambiente/emergenze/alluvioni-italia-impreparata-al-cambiamento-climatico/. In questo articolo si mescolano sapientemente cose del tutto vere e che colpiscono l’opinione pubblica, come i disastri ambientali, con altre discutibili, avanzando quindi proposte giustissime insieme ad altre che invece non lo sono.
Concordiamo con “Urgente definire politiche di adattamento al clima che cambia”, così come “Ridare spazio alla natura”, mentre non siamo così convinti che ci siano “Eventi estremi sempre più intensi e frequenti”, quanto invece che gli effetti sul territorio siano sempre più devastanti a causa dell’incuria e saccheggio del territorio, questa sì la vera critica politica che si deve fare, anche perché è quella più immediatamente attuabile, che invece nell’articolo viene espressa in modo sibillino come “Rinaturazione sul territorio”, che quasi occulta l’origine economica speculativa dei disastri. Infine “Abbattere le emissioni di Co2”, del tutto inutile e irrealistica per quanto viene detto nel libro da noi proposto in lettura, mescolata a tutto il resto fa capire l’obiettivo dell’articolo, che sembra una pistola puntata alla testa del lettore terrorizzato: è tutto un pacchetto dal quale non puoi discernere il grano dal loglio, le cause vere e quelle presunte o del tutto inconsistenti. Anche qui un modo scorretto di argomentare e proporre i vari temi, finalizzato a far passare una tesi precostituita.
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Diamo ora una rapida carrellata di alcuni degli interventi, sottolineando che tutti meritano un approfondimento attento.
Nella copertina si legge:
«Il dibattito sul clima ha assunto una nuova dimensione legata, soprattutto, a quanto è avvenuto negli ultimi 40 anni, ovvero da quando il tema clima è stato “ribattezzato” Global Warming, passando da prevalente argomento di interesse scientifico a dibattito politico-finanziario. La costituzione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nel 1988, sotto l’egida dell’ONU, come organo indirizzato a fornire una chiara visione scientifica del potenziale impatto sociale ed economico del Cambiamento climatico antropico, ha sottratto definitivamente alla scienza il confronto e il dibattito, spostandolo verso i media e il sistema di comunicazione, assumendo quindi una esclusiva dimensione politico-finanziaria. Questo volume nasce con il preciso obiettivo di riaprire un dibattito attraverso un confronto aperto, libero e plurale. L’idea di fornire informazioni razionali, corredate di dati e riferimenti scientifici, è stata accolta da molti scienziati ed esperti i quali affrontano, in questo volume, la complessa tematica ambientale da molteplici punti di vista, con il necessario rigore scientifico.»
GUUS BERKHOUT in “Il clima è più della CO2 e la CO2 è più del clima” rileva il
«bombardamento mediatico senza precedenti, che le persone vivono sempre più la cultura della paura e, nel contempo, rilevano ogni giorno la loro condizione di maggiore povertà. La buona notizia è che negli ultimi 50 anni le previsioni catastrofiche di questi profeti si sono ripetutamente rivelate del tutto errate», ammonendoci a «non confondere scienza e politica»
MARIO GIACCIO in “Economia e finanza delle politiche climatiche” fa un po’ la storia dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), del Protocollo di Kyoto in cui i partecipanti si impegnarono a ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990. Egli sottolinea però che
«In atmosfera vi sono 3.000 Gt (miliardi di tonnellate) di CO2, negli strati superficiali dell’oceano ve ne sono 3.600 Gt. La CO2 emessa dall’uomo nel 1990 ammontava a 22,3 Gt, quindi l’incidenza era dello 0,74% (22,3 × 100/3.000). Pertanto, la riduzione proposta, sulla quantità globale di CO2, è dello 0,037% (il 5% dello 0,74%). Nel 2019 la CO2 emessa dall’uomo è stata di 34,2 Gt, pertanto dal 1990 al 2019 si è avuto un incremento delle emissioni del 53% (da 22,3 a 34,2).»
«Anche se l’Europa riducesse del 40% le proprie emissioni per il 2030, il risultato sarebbe “invisibile”, infatti l’Europa (nel 2019) ha prodotto 3,47 Gt di CO2, ossia il 10% delle emissioni globali, ossia lo 0,11% di tutta l’anidride carbonica presente nell’atmosfera: il risparmio del 40% sulle attività considerate dall’Europa influirebbe sul quantitativo totale di CO2 atmosferica per lo 0,020% (il 40% del 45% dello 0,11%) in 10 anni!»
Denuncia altresì “il mercato dell’anidride carbonica” attraverso un «apparato economico-finanziario» basato su: 1) ETS (Emissions Trading System) per il quale «il produttore di CO2 non necessariamente deve ridurre le proprie emissioni, ma può comprare i permessi (di emissione) in modo da rientrare nei limiti assegnatigli.» 2) CDM = (Clean Development Mechanism) basato sulla “compensazione” (offset), che permette ai produttori di CO2 di finanziare progetti di compensazione o di riduzione delle emissioni in altri Paesi, invece di ridurre le proprie emissioni. Una delle tipologie più comuni è quella di piantare eucalipti in un luogo lontano dal quale è localizzato l’impianto che emette CO2: gli alberi, crescendo, dovrebbero assorbire l’anidride carbonica emessa dall’opificio industriale.
Il mercato mondiale del carbonio si è aggirato, nel 2020, intorno ai 220 miliardi di euro, l’Europa detiene il 90% di questo mercato, ossia il mercato europeo ha raggiunto un volume d’affari di 200 miliardi di euro nel 2020. Il volume delle aste, invece, è soltanto il 10% del volume complessivo degli scambi. Costo di acquisto dei permessi di emissione trasferito interamente sui consumatori attraverso l’aumento dei prezzi in fattura.
Il meccanismo dell’ETS ha provocato l’effetto contrario a quanto si proponeva: i permessi costavano poco quindi alle imprese forti consumatrici di energia non conveniva investire per ridurre le emissioni. La Germania, per esempio, ha incrementato la sua produzione di energia elettrica dal carbone: nel 2013 ha raggiunto 162 miliardi di chilowattora, il livello più elevato dal 1990 (anno della riunificazione tedesca).
L’inutile lotta per il clima fa diminuire la spesa per finalità sociali, infatti, nel bilancio dell’Unione Europea del 2020 è previsto un aumento della spesa destinata “a lottare contro la CO2” fino a un totale di 30 miliardi di euro. Ma a questo aumento dei fondi, destinati “a salvare il clima dell’Europa”, corrisponde la diminuzione dei fondi destinati all’agricoltura, una volta considerata da proteggere per motivi sociali. In questo settore il nostro Paese perderà 370 milioni di euro e la regione più colpita sarà la Puglia, con tagli per quasi 40 milioni di euro.
Riassumendo: il volume di denaro messo in movimento in Europa, direttamente o indirettamente, per la lotta contro la CO2 è di oltre 500 miliardi di euro all’anno, tutto questo per far diminuire di 8 parti per miliardo, all’anno, la quantità di CO2 in atmosfera.
Vi è da ricordare un ulteriore movimento di euro, è quello legato alle frodi fiscali. Il mercato dell’anidride carbonica si presta bene a questo tipo di frode perché non vi è movimentazione materiale: il tutto avviene senza bisogno di emettere bolle di accompagnamento, senza un effettivo trasporto, senza una logistica, in altre parole non vi è traccia materiale dell’operazione!
La green economy è l’attuale sforzo per salvare il sistema finanziario globale con una nuova gigantesca bolla finanziaria.
Segue un elenco sterminato dei vastissimi attori economici e speculativi che si sono messi in moto. Se le banche d’affari è scontato che ci siano così come i grandi magnati, vogliamo qui citare solo una protagonista che alcuni non si sarebbero aspettata, la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, che nella proposta di legge sul Green New Deal, presentata al Congresso degli Stati Uniti insieme ai senatori Ed Markey e Bernie Sanders nel 2019, ha indicato un importo simile (a quello indicato dal Cancelliere dello Scacchiere) per «riorganizzare completamente l’economia statunitense»: circa 100 trilioni di dollari.
Il sistema economico mondiale è diventato obsoleto (come accade a tutti i sistemi), non si può più “estrarre” abbastanza valore, quindi bisogna cambiarlo.
Il quadro che emerge è il tentativo di riorganizzare finanziariamente l’economia mondiale usando l’obiettivo “zero emissioni” come scusa.
La finalità dell’ideologia climatica non è il benessere del pianeta (e dei suoi abitanti), è il benessere della grande finanza.
NICOLA SCAFETTA in “Interpretazione del cambiamento climatico: dai modelli basati sulla CO2 a quelli basati sulle oscillazioni astronomiche” mette in discussione l’origine antropica delle variazioni del clima, facendo riferimento a tutta l’evoluzione avuta sulla Terra negli ultimi 540 milioni di anni, quando
«la temperatura superficiale del pianeta è oscillata molte volte variando tra periodi caldi e periodi freddi tra un minimo di -6°C a un massimo di 14°C rispetto alla media del periodo 1960-1990.»
Qui abbiamo bisogno di riportare un grafico che è il centro della contestazione alla “narrazione” del climate change.
Variazione della temperatura superficiale globale (media annuale) osservata (nero) e simulata dai CMIP6 GCM utilizzando forzanti umani e naturali (marrone) e solo naturali (verde). Da Figura SPM.1b (IPCC 2021).
L’argomentazione di Scafetta è molto completa. Qui cercherò di sintetizzarne il contenuto metodologico.
La linea nera è quella dell’andamento reale della temperatura. Vengono messi due modelli a confronto. Non c’è dubbio che quello che tiene conto dei fattori antropici si adatta molto meglio rispetto a quello che li esclude. Ma dove sta la vera e propria “frode” scientifica?
Il modello con componenti esclusivamente naturali evidentemente non è completo. E infatti tutti i climatologi denunciano la difficoltà a costruire modelli siffatti. Il modello con i fattori antropici, non spiega affatto come questi fattori possano essere la causa e non una semplice concomitanza dei fenomeni.
Facciamo un esempio. Prendiamo due fenomeni del tutto separati (l’esempio che spesso faccio a lezione di Statistica è l’andamento del prezzo delle uova e quello delle scarpe, l’andamento degli incidenti automobilistici e quello delle malattie gastroenteriche). Se essi hanno una concausa comune, è evidente che avranno andamenti simili (l’andamento generale dei prezzi, l’influenza di fattori stagionali), ma nessuno si sognerebbe di attribuire a questa concomitanza una relazione di causa-effetto. In statistica si chiama correlazione spuria, studiata in tutti i corsi base di Statistica. Deve essere un atto concettuale autonomo proprio della disciplina che studia il fenomeno che a questa concomitanza dà una veste di causalità.
Se associamo il fenomeno “andamento della temperatura” (che è in aumento in questa particolare fase epocale, e nessuno lo nega) e il fenomeno “impatto antropico” (che è anch’esso in aumento per fatti storici) è chiaro che avremo una concomitanza. Ma tale concomitanza potrebbe aversi anche con qualunque fenomeno evolutivo che sia in aumento, come per esempio l’imbiancamento progressivo dei miei capelli negli ultimi decenni.
Inoltre, il modello fallisce miseramente quando si cerca di validarlo confrontandolo coi dati passati.
Scafetta inoltre mostra come dati riguardanti fenomeni astronomici si accordano molto meglio, pur tenendo conto delle difficoltà di definizione delle grandezze in gioco. Alternativamente, si è scoperto che «le sequenze climatiche sono spettralmente coerenti con varie oscillazioni solari, lunari e astronomiche.»
UBERTO CRESCENTI in “Contributo delle scienze geologiche alla conoscenza delle variazioni climatiche del passato” ricorda che l’IPCC nel report del 1990 pubblicò un diagramma sulle temperature degli ultimi mille anni in cui risultavano ben documentati il Periodo Caldo Medioevale (PCM) e la Piccola Era Glaciale (PEG). Successivamente, nel Report del 2001, l’IPCC cancellò sia il PCM sia la PEG e fece propria la ricostruzione delle temperature del millennio ricostruita da Mann et al. (Mann et al. 1998) nota come mazza da hockey. In questo modo appariva molto convincente la correlazione dell’aumento delle temperature nel nostro pianeta a partire dal 1850 con l’era industriale e in particolare con l’aumento in atmosfera dei cosiddetti gas serra, CO2 soprattutto.
Variazione di temperatura dell’ultimo millennio secondo Mann et al. (Mann et al. 1998) sopra e quella reale sotto.
Si parla del «più grande scandalo scientifico del nostro tempo» in riferimento alla CO2, e con le note del 2010.
«Si vede chiaramente che durante il PCM la temperatura è stata almeno di 1-2 °C superiore all’attuale quando la CO2 in atmosfera non era così abbondante come oggi. Ciò non confermava la correlazione CO2-temperatura. Non solo, ma durante il Medio Evo non si sono riscontrate tutte le catastrofi annunciate dai sostenitori del riscaldamento globale di origine antropica, come desertificazioni di aree, inondazioni lungo le coste, e così via. Il PCM è una verità scomoda per l’IPCC. La storia del clima fornisce una poderosa documentazione sul clima del passato. »
Anche FRANCO BATTAGLIA “Non esiste alcuna emergenza climatica” contesta la “narrazione” dominante, che sostiene che «Periodo Caldo Romano, Periodo Caldo Medievale, Piccola Era Glaciale, furono fenomeni solo locali e non globali. Non è così. La Piccola Era Glaciale (PEG) corrisponde a un periodo di minima attività solare».
Egli anche evidenzia delle insanabili contraddizioni.
«Perché, se è pur vero che, guardando nel complesso, nel corso degli ultimi 150 anni si osserva un riscaldamento, esso non ha seguito il monotòno crescente aumento di emissioni di gas serra. Si è osservato, invece, un arresto del riscaldamento nel periodo 1940-80».
AUGUSTA VITTORIA CERRUTI in “Clima e ghiacciai” ci fa vedere che
«Le ricerche geologiche hanno potuto accertare che nel lungo periodo chiamato Pleistocene (da 2,58 milioni a 11.700 anni dal presente) si sono alternati almeno quattro cicli glaciali dalle temperature molto basse con tre periodi interglaciali con temperature assai più moderate o più alte, tali da ridurre notevolmente o addirittura da far scomparire la gigantesca massa di ghiaccio che copriva buona parte dei continenti.»
In particolare fra i 7.500 e i 4.600 anni fa le Alpi erano senza ghiacciai.
TERESA NANNI, FRANCO PRODI in “Il sistema climatico” associano le variazioni a quelle dalla nostra Stella, spiegando con precisione cosa si deve intendere correttamente per effetto serra
GIANLUCA ALIMONDI in “Eventi climatici estremi: siamo in emergenza?” analizza, sulla base di osservazioni storiche e bibliografia recente, se la crisi climatica che, secondo alcune fonti stiamo vivendo oggi, sia effettivamente in corso.
Per quanto riguarda le precipitazioni in Italia, dai risultati emerge che
«la grande maggioranza delle stazioni presenta trend non significativi»
e che
«… a partire dalla metà del XIX secolo si è manifestata una diminuzione degli eventi idrologici eccezionali, soprattutto nei decenni più recenti».
In riferimento agli Stati Uniti, poi
«Con l’aumento della copertura radar National Doppler, l’aumento della popolazione e una maggiore attenzione ai rapporti sui tornado, c’è stato un aumento del numero di segnalazioni di tornado negli ultimi decenni. Ciò può creare la fuorviante impressione di una tendenza all’aumento della frequenza dei tornado. Tuttavia, ciò non significa che l’effettivo verificarsi di un tornado sia aumentato. Infatti l’aumento del numero di tornado è quasi interamente negli eventi deboli (EF-0, EF-1)…»
«A oggi le osservazioni globali non mostrano alcun trend significativo sia del numero che dell’energia accumulata dagli uragani…»
Ancora,
«le conclusioni riguardanti le tendenze globali della siccità in aumento dagli anni ’70 non sono più supportate»
In verità
«… l’aumento dell’esposizione delle persone e delle risorse economiche è stata la principale causa dell’aumento a lungo termine delle perdite dovute a disastri meteorologici e climatici.»
LUIGI MARIANI in “Clima, agricoltura e sicurezza alimentare” ricorda che
«il ricorso all’agricoltura per stabilizzare i livelli atmosferici di CO2 è una prospettiva concreta e in tal senso occorre rammentare che la vegetazione terrestre assorbe ogni anno circa 198 Gigatonnellate di CO2 e che di queste circa 1/3 sono già oggi assorbite dai vegetali coltivati. Un’agricoltura veramente innovativa in termini di genetica e di tecniche colturali potrebbe raddoppiare le rese … raggiungendo il duplice obiettivo di soddisfare le esigenze di cibo della popolazione mondiale e di utilizzare i polimeri di origine vegetale in luogo degli idrocarburi (carbone, petrolio, gas naturale e similari) per alimentare le filiere dell’energia, delle materie plastiche e di tanti altri prodotti essenziali per la vita umana.
GIOVANNI BRUSATTO in “Energia verde? Prepariamoci a scavare” descrive l’enorme quantità di materiali che occorrono per costruire impianti solari in termini di alluminio, di rame, calcestruzzo, acciaio, vetro, oltre a altri metalli come nichel, cromo, molibdeno o titanio, o quelli specifici, necessari in base al tipo di tecnologia solare fotovoltaica adottata.
«Metalli le cui riserve globali sono di molti ordini di grandezza inferiori alla domanda prevista». «È stato calcolato che l’estrazione mineraria potenzialmente potrebbe influire su 50 milioni di km2 di superficie terrestre, un’area superiore a quella dell’intero continente asiatico»