Domani gli studenti scenderanno in piazza nelle principali città italiane per la prima manifestazione nazionale. Al centro della protesta non solo la condizione dell’istruzione pubblica, ma il disagio profondo che vive un’intera generazione che ha davanti a sé un futuro di sfruttamento, precarietà, disoccupazione. Una condizione che va intensificandosi con le politiche antipopolari della UE e promosse dal governo Renzi.
Le ragioni della protesta sono state spiegate da Alessandro Fiorucci, responsabile scuola del Fronte della Gioventù Comunista in un puntuale articolo sul giornale della gioventù SenzaTregua. Secondo Fiorucci le politiche di attacco alla scuola pubblica si inquadrano «nel contesto di una profonda ristrutturazione del sistema produttivo in Italia, che si ripercuote sul mercato del lavoro e sull’istruzione. I padroni hanno scelto di far fronte alla crisi con l’abbattimento del costo del lavoro, cioè con la distruzione sistematica di tutti i diritti sociali e con una dequalificazione complessiva del lavoro e dell’istruzione, pur di difendere i loro profitti. Il Jobs Act di Renzi ha definitivamente sancito la libertà di licenziare, eliminando di fatto il contratto a tempo indeterminato e condannando la gioventù a un futuro di precarietà e disoccupazione. La scuola e l’università vengono adattate a un mercato del lavoro che necessita di lavoratori dequalificati e ricattabili: per questo sull’istruzione si taglia e la scuola diventa sempre più di classe, fatta su misura dei padroni e non degli studenti.»
Da questa consapevolezza il FGC lancia la parola d’ordine dell’organizzazione del contrattacco con una piattaforma di rivendicazioni immediate e una prospettiva ben più ampia. « Organizzarsi per lanciare l’offensiva significa voler ribaltare il tavolo anziché sedersi ad accettare un compromesso dopo l’altro. Lottiamo per rivendicare la gratuità dell’istruzione pubblica, dai libri di testo ai trasporti, e di conseguenza l’abolizione dei contributi scolastici che le scuole impongono alle famiglie. Lottiamo contro lo sfruttamento degli studenti in alternanza scuola-lavoro, rivendicando una giusta retribuzione, diritti e tutele per gli studenti in stage. Lottiamo per una scuola di qualità dal Nord al Sud, dal centro alla periferia, contro la logica delle scuole “di serie A” e “di serie B”; per una maggiore collegialità nelle scuole contro lo strapotere dei Presidi. Rivendichiamo un piano per l’edilizia scolastica, maggiori finanziamenti statali alle scuole e l’abolizione degli school bonus, perché le imprese private non possono sostituirsi allo Stato nel finanziamento delle scuole pubbliche. Lottiamo contro la “buona scuola” di Renzi, buona solo per l’Unione Europea e per la Confindustria. Vogliamo una scuola diversa, che sia fatta su misura degli studenti, cioè dei lavoratori di domani, contro la scuola di classe che questo sistema costruisce ogni giorno a sua immagine e somiglianza. Gli studenti del FGC scenderanno domani in piazza con lo slogan: « Contro la scuola di classe di UE e Confindustria, sferriamo il contrattacco.» I militanti comunisti saranno presenti in 11 piazze nei principali capoluoghi di provincia del paese, segnando così un importante avanzamento rispetto agli anni precedenti, e portando a culmine un lavoro condotto in centinaia di scuole in queste settimane per l’organizzazione della protesta.
Scenderanno in piazza anche i giovani dei sindacati studenteschi, Rete della Conoscenza in testa e dei collettivi autorganizzati delle varie città. Per gli studenti della Rete della Conoscenza è centrale la critica alle politiche della UE e il No al referendum costituzionale, che affiancheranno le rivendicazioni sul diritto all’istruzione e sulla lotta alla precarietà. «Confindustria si è esposta per il SI perchè il Governo Renzi continua a promuovere gli interessi padronali di sfruttamento. I numeri parlano chiaro, il JobsAct è una truffa: abbiamo infatti il – 33,7% di contratti a tempo indeterminato ed il 36% in più dei voucher. Loro ci vogliono più precari e ricattabili, noi costruiamo un NO al referendum costituzionale». E ancora: « Contro la proposta renziana di maggiore sfruttamento e salari inferiori, sosteniamo la necessità di politiche industriali e sociali che facciano sparire la piaga della disoccupazione. Vogliamo che il lavoro non sia più sfruttamento a favore del padrone, ma una attività per soddisfare i bisogni della società e per migliorare la vita delle persone. Non vogliamo vivere per lavorare, vogliamo avere il tempo di dedicarci alla nostra formazione e alla nostra crescita al di fuori della produzione di profitto per pochi.»
In piazza anche i collettivi «Perché Renzi sta continuando ad applicare nel nostro paese un modello di sviluppo sociale ed economico distruttivo. Lo stesso modello che è la causa della crisi internazionale da cui il mondo non riesce ad uscire. Lo stesso modello che ha creato una società in cui l’1% di ricchi detiene il 99% di ricchezza mondiale. Lo stesso modello che ha spinto all’odio tra popoli e a guerre di civiltà. La nostra è una sfiducia sociale al Governo Renzi – concludono nel loro comunicato gli studenti dei collettivi aut organizzati – Il nostro è un NO che parte da una generazione non più disposta a farsi mettere i piedi in testa, non più disposta a farsi governare.»
Pur nella diversità delle piattaforme e nella differente intensità dei contenuti appare chiaro un salto qualitativo della protesta studentesca, che esce dalle semplici rivendicazioni settoriali per lambire la questione politica del futuro delle nuove generazioni, inquadrando la centralità del conflitto capitale-lavoro nella nostra società e le principali contraddizioni di questo modello di sistema, e le caratteristiche strutturali dell’Unione Europea. Sono passi importanti, forse neanche immaginabili fino a pochi anni fa che denotano una presa di coscienza delle nuove generazioni, che non sono quel corpo amorfo e privo di interesse descritto dai media. Tanto più interessante che questo passaggio di radicalizzazione politica e di coscienza arrivi nelle nuove generazioni mentre invece l’arrendevolezza sindacale e l’arretratezza sul lato politico, diffondono disillusione e senso di sconfitta nelle precedenti generazioni. Vedremo domani quanto la protesta sarà partecipata nelle città e come proseguirà l’azione dei giovani nei prossimi mesi. Ma le premesse sono certamente positive.