di Matteo Mereu, Responsabile Lavoro del Partito Comunista
e Emiliano Ferrari
C’è da fare una premessa.
Arcelor Mittal è un gigante che fattura oltre 80 miliardi di euro all’anno con la produzione di acciaio.
Nonostante gli impianti di Taranto siano stati sequestrati dalla magistratura nel 2012 per gli ingenti danni ambientali provocati dalle aree a caldo e per l’insicurezza strutturale degli stessi impianti, nella realtà dei fatti la produzione non si è mai fermata, grazie ai vari decreti “Salva Ilva” che si solo succeduti nel corso degli anni. Nel frattempo a Linz (Austria), una delle città che per anni è stata considerata tra le più inquinate d’Europa, si è dimostrato come possa esistere una produzione dell’acciaio efficiente e pulita, sfruttando impianti all’avanguardia che hanno ridotto le emissioni del 96%.
Il motivo per cui i grandi padroni di #ArcelorMittal non hanno mai avuto l’intenzione di investire in sicurezza, salvaguardia dell’ambiente e bonifiche è semplice: debellare la concorrenza europea.
Il mercato dell’acciaio a livello internazionale ha proprio questa caratteristica: meno altoforni sono attivi più è alto il prezzo dell’acciaio. La crisi internazionale ha colpito duramente il settore, molto prima della crisi da Covid19. La mancanza di investimenti pubblici in infrastrutture, il crollo dell’edilizia, le difficoltà del settore automobilistico, nonostante il mercato italiano fosse il secondo per consumo di acciaio in Europa, hanno fatto sì che le aziende siderurgiche italiane entrassero in crisi. L’Ilva è una di queste.
Il 5 giugno 2017 il Ministro dello Sviluppo economico del Governo Gentiloni, Carlo Calenda, firmò il decreto con cui aggiudicava al gruppo franco-indiano la concessione degli stabilimenti Ex-Ilva, chiudendo così il lungo periodo di commissariamento a seguito della gestione della Famiglia Riva. Il 1° novembre 2018 la partecipata di Acelor Mittal, AM Investco Italy prende pienamente possesso degli stabilimenti italiani. Nonostante le dichiarazioni benevole sulle forti opportunità di sviluppo nulla è stato fatto.
Il sito EX-ILVA, secondo i loro piani avrebbe dovuto chiudere i battenti in pochissimi anni e i padroni indiani non hanno mai reputato “indispensabili” tali investimenti la cui mancanza ha ucciso e continua a uccidere il popolo Tarantino.
Tutto ciò cosa c’entra con Domenico Arcuri?
Arcuri è l’amministratore delegato di Invitalia – Agenzia nazionale del Ministero dello sviluppo economico che gestisce gli incentivi statali per la creazione d’impresa – che nel prossimo futuro entrerà nel capitale di Arcelor-Mittal con quote di maggioranza, evitando al gruppo franco-indiano di pagare di tasca propria il rinnovamento dell’impianto. Insomma, i soldi, ancora una volta, saranno i nostri e verranno prelevati da fondi pubblici.
Inoltre non si parla di un miglioramento delle condizioni del sito di Taranto, ma di un potenziamento. In termini più semplici si tratta di riattivare il vecchio forno 5 e installare altri nuovi impianti fusori, il che peggiorerà la già critica situazione.
Ma Arcuri non è nuovo a situazioni del genere. Proprio in qualità di Amministratore delegato di Invitalia è responsabile del processo di bonifica e di reindustrializzazione dell’area di Termini Imerese, ma proprio dal sito di Invitalia di evince che
“Il 15 febbraio 2016 è stata contrattualizzata la proposta di investimento della società Blutec Spa che prevedeva circa 95 milioni di euro di investimenti ammissibili alle agevolazioni ed una ricaduta occupazionale di 400 addetti. Blutec non ha realizzato l’investimento e nel mese di aprile 2018 è stata sottoposta alla procedura di revoca delle agevolazioni concesse da parte di Invitalia.”
Quindi un nulla di fatto e perdita di tempo per il territorio.
E Domenico Arcuri è finito sotto l’attenzione di molti anche perché stranamente ha ricoperto e continua a ricoprire una moltitudine di cariche di ogni tipo.
È stato contemporaneamente responsabile:
-delle misure contro il covid 19;
-dei “covid hotel”;
-della distribuzione dei banchi a rotelle voluta dal governo;
-di app telefoniche collegate e non, alla prevenzione dei contagi;
-delle mascherine prodotte dai colossi industriali, e addirittura del fronte vaccini;
Ci chiediamo dunque, quali misure adotterà Arcuri per la salute dei cittadini di Taranto, una volta che Invitalia entrerà di fatto nel capitale ArcelorMittal? Farà produrre più mascherine chirurgiche da fornire anche ai lavoratori che lavoreranno comunque su impianti che continueranno a emettere di sostanze cancerogene? Per gli abitanti dei quartieri vicini al siderurgico, realizzerà un “vaccino” contro i veleni tossici? Ai bambini del quartiere Tamburi fornirà inutili mascherine chirurgiche contro la diossina, in modo che possano andare a scuola e/o uscire di casa anche nelle giornate di vento avverso?
L’Ilva di Taranto così com’è non è compatibile con la vita e la salute umana.
Il sito ArcelorMittal di Taranto va nazionalizzato, vanno chiuse le fonti inquinanti e il territorio va completamente bonificato, formando e utilizzando i lavoratori (sia Arcelor che indotto) nei lavori di bonifica e riconversione che dureranno anni. Va inoltre garantito il riconoscimento dei benefici pensionistici ai lavoratori, per amianto e sostanze tossiche.
Solo così si può garantire Lavoro, Salario e la Sopravvivenza di Taranto.
La società capitalistica tutto questo non lo può fare
Socialismo o barbarie