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DPCM: ATTI LEGITTIMI O ABUSO DI POTERE?

di Emanuele Quarta

 

Il 2020 passerà alla storia come l’anno in cui due parole hanno segnato maggiormente l’immaginario collettivo comune: Covid (o in alternativa Coronavirus) e DPCM ( acronimo che sta per “Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri).

Tralasciando la prima parola, concentriamoci su “DPCM”.

Dicevamo che DPCM sta per “Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri”. Da marzo 2020, questo “decreto” è balzato agli onori delle cronache perché è diventato lo strumento con il quale il Governo ha gestito la crisi pandemica in Italia, tra limitazioni agli spostamenti e chiusure di strutture pubbliche e private; zone rosse in determinate aree geografiche e lockdown nazionale.

In questi 8 mesi, l’opinione pubblica e anche gli addetti ai lavori si sono divisi – “l’un contro l’altro armato” – fra chi considera legittimi questi atti (o comunque necessari) e chi, al contrario, li considera illegittimi e in violazione delle garanzie costituzionali. Lo scontro ruota tutto attorno alla natura giuridica del DPCM. Infatti è indubbio che il DPCM – e questo possono confermarlo sia i “legittimisti” sia i “garantisti – è un ATTO AMMINISTRATIVO emanato dalla più alta carica amministrativa del Paese – infatti tutto l’apparato burocratico statale promana dal Consiglio dei Ministri, quindi dalla sua Presidenza – ma pur sempre un atto della stessa natura delle ordinanze emesse dal sindaco del più sperduto paesino di provincia italiano.

Quindi sorge spontanea la domanda : “può il governo italiano stabilire restrizioni alle libertà personali e alla libera circolazione dei cittadini italiani per via amministrativa?”.

La risposta potrebbe essere un secco “no”; tuttavia la risposta merita una spiegazione degna dell’importanza della materia trattata in questo breve articolo.

 

Che cos’è un atto amministrativo?

Un atto amministrativo è un atto giuridico emanato da una autorità amministrativa dotata di questo potere dalla LEGGE. È infatti solo e soltanto la legge a conferire il potere di emanazione di atti amministrativi; lo conferisce agli uffici o ai soggetti ( persone fisiche ) che, ricoprendo la funzione di rappresentante di un Ente Pubblico, hanno il potere di emanare atti amministrativi.

Per capirci, il Sindaco di un qualsiasi comune d’Italia ha il potere di emanare delle ordinanze perché la legge conferisce a tale organo il potere di farlo; la stessa legge, nel conferire il potere, stabilisce anche le materie per le quali il Sindaco può emanare le ordinanze.

Nel caso specifico del DPCM, esso è regolato dalla Legge 23 Agosto 1988, n.400. La legge disciplina il funzionamento amministrativo del Governo e dei ministeri, regolamentando i decreti ministeriali (e quindi anche il DPCM) come atti con doppia natura: una natura regolamentare con la quale stabiliscono norme generali ed astratte, costituendo così fonte del diritto autonoma; oppure una natura squisitamente amministrativa, potendo regolamentare nel dettaglio determinati aspetti dell’ordinamento giuridico. Ma fondamentale, sia che si tratti di atti-regolamento, sia che si tratti di atti-amministrativi, è che essi vengano che sia la Legge ha conferire tale competenza ai ministeri.

Ora è chiaro che la legge 400 del 1988 non conferisce il potere di limitare le libertà personali o altri diritti dichiarati fondamentali dalla Costituzione della Repubblica italiana. Per la limitazione di essi la costituzione stabilisce una RISERVA DI LEGGE, cioè soltanto la legge può stabilire dei limiti all’esercizio di tali diritti.

 

Libertà costituzionali e riserva di legge.

In questi mesi abbiamo assistito alla restrizione della libertà personale ed alla limitazione della libera circolazione sul territorio nazionale. In entrambi i casi, la sospensione di queste libertà è avvenuta mediante DPCM. Ma la Costituzione cosa prevede a riguardo?

Le norme di riferimento sono l’articolo 13 Cost. (sull’inviolabilità della libertà personale) e l’articolo 16 Cost. (sulla libera circolazione).

I primi due commi dell’articolo 13 così recitano:

La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dalla legge e nei soli casi previsti dalla legge.”

Analizziamo. Il primo comma ci informa che la libertà personale è inviolabile: è un diritto che il cittadino vanta nei confronti dell’autorità pubblica, la quale non può in alcun modo ledere la libertà personale.

Il comma secondo invece stabilisce che la detenzione, la perquisizione e l’ispezione sono possibili solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria e solo nei casi stabiliti dalla legge. Semplificando, un uomo può essere detenuto in carcere, solo dopo un atto motivato del giudice (ordinanza, sentenza, ecc) e solo perché è la legge a stabilirlo. È evidente che qui la Costituzione si riferisca alle norme penali, di procedura penale e dell’esecuzione della pena.

Ma nello stesso periodo, la Costituzione cita anche “qualsiasi altra restrizione personale”.

Siamo in presenza di quella che in dottrina costituzionale è chiamata come RISERVA DI LEGGE ASSOLUTA – perché solo la legge può stabilire le limitazioni – accompagnata da una RISERVA DI GIURISDIZIONE – perché il potere di emanare atti limitativi della libertà personale è riservato ad un altro organo dello Stato diverso dal Governo.

E cosa è stato il lockdown, se non una gigantesca restrizione della libertà personale su scala nazionale, con il divieto assoluto di uscire dalle proprie case?

 

Passiamo adesso ad analizzare – sempre brevemente, ma toccando il nucleo della questione – l’articolo 16 Cost.

Il primo comma così recita:

“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.”

Analizzando il primo comma dell’articolo 16 notiamo subito che la libera circolazione o il libero soggiorno sul territorio nazionale rappresentano un diritto inviolabile del cittadino. Tuttavia la Costituzione ci informa che per motivi TASSATIVAMENTE PREVISTI DALLA STESSA CARTA COSTITUZIONALE la legge può stabilire delle limitazioni. Quali sono questi motivi? Due e soltanto due, individuate dalla Costituzione; sono motivi di sanità o di sicurezza.

Dunque, se prima abbiamo incontrato una riserva di legge assoluta accompagnata da una riserva di giurisdizione, qui siamo in presenza di una RISERVA DI LEGGE ASSOLUTA E RINFORZATA. È assoluta perché solo la legge può stabilire queste limitazioni; è rinforzata perché i motivi ed il contenuto dell’eventuale legge sono stabiliti a priori dalla Costituzione. Ma il lockdown, o ancora meglio, la suddivisione delle Regioni in fasce di colori diversi, non sono stati forse una gigantesca limitazione della libera circolazione?

 

Alla luce di quanto sopra descritto possiamo adesso rispondere con sicurezza alla domanda che ci siamo posti all’inizio:

“NO! Il Governo non poteva e non può stabilire tali e tante limitazioni della libertà – qui genericamente intesa – dei cittadini italiani.”

 

I comunisti, la Costituzione e la libertà.

Come rispondiamo all’obiezione: “Ma come? Adesso ci mettiamo a difendere la Costituzione borghese?”.

Oggi non stiamo difendendo nessuna norma borghese; non stiamo cercando rifugio nell’ordinamento giuridico borghese. Oggi noi comunisti stiamo dando – ancora una volta, come sempre! – dimostrazione di grande senso critico, pragmatismo e capacità di analisi della realtà in cui viviamo ed agiamo. Perché, al di là degli aspetti specificatamente giuridici, la questione del DPCM è prettamente politica ed investe tutta la società; noi comunisti, dunque, abbiamo ancora una volta il dovere di entrare nel nocciolo della questione, analizzando quelle che sono le strutture di potere, le loro regole di funzionamento e le loro intrinseche contraddizioni.

E per l’ennesima volta, noi comunisti stiamo dimostrando come le “regole della democrazia” , tanto sbandierate al mondo intero – fino al punto di farne casus belli (mediatico, ovviamente) di ogni attacco imperialistico contro gli Stati che non sembrano rispettare questi standard autoreferenziali – vanno bene quando a vincere sono i Padroni; quando a guadagnare è il Potere espressione della classe dominante. Quando invece queste regole sono di intralcio allo spadroneggiare delle classe dominante, la classe borghese industrial-finanziaria, allora vanno scavalcate, disapplicate, violate.

Tanto il 25 Aprile arriva puntuale ogni anno. E puntuali gli stessi personaggi, tra una strofa di “Bella Ciao” ed una dichiarazione di “Costituzione più bella del mondo”, si ripuliranno agli occhi dei lavoratori e delle lavoratrici che ormai vivono in un inganno perenne.

E questo, noi comunisti, non lo permetteremo.

Lotteremo fino all’emancipazione dei lavoratori.

Per il Socialismo. Per la VERA LIBERTA’

 

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