Le vicende recenti del Movimento 5 stelle a Roma confermano le analisi che da tempo noi comunisti avevamo fatto sulla natura di questo movimento. Ci consentono di dire che eravamo dalla parte giusta, quando appena qualche mese fa, ammonivamo quei tanti compagni, i settori sindacali e di lotta, che ancora una volta riproponevano, sotto mutate forme e con esiti solo apparentemente opposti, la logica del voto utile questa volte verso il Movimento 5 stelle. La teoria di questi ragionamenti- che ancora oggi vengono comunque riproposti – si basa su due argomenti principali. Da un lato l’idea che, vista la condizione arretrata dal punto di vista soggettivo, il M5s costituisca un argine contro le politiche del blocco del PD, incarnazione delle politiche capitalistiche e filo-europeiste. Dall’altro l’idea che il M5S come soggetto privo di una propria strutturazione ideologica, e di una struttura organizzativa, possa rivelarsi permeabile alle istanze tradizionali dei movimenti di lotta. Un’ipotesi quest’ultima dove vanno a intrecciarsi considerazioni più generali e altre un po’ meno nobili e più pratiche.
I fatti di Roma smentiscono entrambe queste ricostruzioni, così come noi avevamo previsto. L’arresto di Marra è solo l’ultima conferma di tutto questo. Non si tratta qui di riproporre quella cultura legalitaria di una certa sinistra, che ha creato danni enormi. Un avviso di garanzia –più difficilmente un arresto, ma vale lo stesso ragionamento – non sono una condanna anticipata. La politica può incorrere in conflitti di vario tipo con la legge, che non sono astrattamente tutti parificabili: un sindaco che decide di violare il patto di stabilità, che metta in pratica una rottura vera con un sistema di interessi, certamente sarà bersaglio anche della magistratura, o quantomeno di denunce, querele, da privati. Politici che incorrano in atti simili, sapendo di aver fatto il proprio dovere e portato avanti le proprie posizioni, hanno non solo il diritto ma il dovere eventualmente di resistere, altrimenti la volontà popolare sarebbe messa in un angolo continuamente. Così è pure normale, non ci scandalizzeremmo se accadesse, che il sindaco o personale amministrativo dirigente di una città come Roma, in preda ad anni di malaffare, venisse raggiunto da un avviso di garanzia.
Il punto invece è tutto politico. La Raggi ha difeso ad oltranza le posizioni di due figure chiave della sua giunta: l’assessore Muraro e Marra, in tutte le sue posizioni assunte in questi mesi. Rispettivamente due segnali di continuità con Manlio Cerroni, che sull’immondizia a Roma ha fatto il bello e cattivo tempo, e con una figura chiave dell’amministrazione Alemanno che viene arrestato insieme ad un noto costruttore e immobiliarista romano per presunta corruzione in cambio di favori da dentro l’amministrazione. Indipendentemente dalle vicende giudiziarie una piena continuità con gli interessi di quel gruppo di potere, di quella oligarchia parassitaria che è il vero governo ombra di Roma. Allora appare chiaro che la presunta scalata interna al Movimento 5 stelle, non vede solo come protagonista qualche sparuto settore dei movimenti di lotta, ma anche e soprattutto pezzi del potere vero che hanno piazzato loro uomini chiave nei posti chiave.
Se vogliamo fare un’analisi non moralistica, ma di classe, dei cinque stelle, il giudizio è presto fatto. Un fenomeno di matrice piccolo-borghese, espressione dei ceti medi in corso di proletarizzazione e sottoproletarizzazione, animati dalla lotta contro la politica, contro i privilegi, ma pronti a difendere strenuamente le logiche capitalistiche. In assenza di soggetti espressione delle classi popolari, anche larghi settori di queste vedono si accodano alle rivendicazioni dei cinque stelle. Ma come si palesa la possibilità che questo movimento ideologicamente fluido, privo di un carattere anticapitalista, possa giungere al governo nazionale, o di importanti amministrazioni locali, anche i settori del capitale, i famosi “poteri forti”, iniziano a rivolgere le loro attenzioni ai cinque stelle. Lo fanno a livello nazionale e a livello internazionale. E questo non significa chiedersi a chi immediatamente giova, ma in prospettiva significa domandarsi sulla base di quali interessi viene gestito un così largo patrimonio di consenso delle classi popolari. Quando i cinque stelle amministrano con Muraro e Marra a Roma, si pongono in piena continuità con PD e centrodestra, dimostrano nei fatti da che parte stanno. Salvo il voto sulle Olimpiadi – sul quale sono pesate più considerazioni politiche che non tenuta effettiva, dal momento che la giunta romana stava già scricchiolando – su tutti gli altri settori non vedere la continuità vuol dire chiudersi gli occhi.
Non solo nell’immediato i cinque stelle giovano al capitale, sia in termini di tenuta generale del sistema, sia più specificatamente a settori specifici del capitale che sono in competizione con altri. Si pensi alla vicenda Monte dei Paschi, alle turbolenze del sistema bancario, ma anche all’esito del referendum e a un ancora maggiore interesse per operazioni speculative, che inevitabilmente, senza che ciò significhi schierarsi dall’una o dall’altra parte, sono favorite dall’indebolimento delle forze politiche legate ai settori del capitale avversi. Ma anche e soprattutto in termini di prospettiva perché vuol dire che le classi popolari vengono imbrigliate in una nuova forza che comunque persegue interessi avversi a quelli dei lavoratori.
Tra due facce del potere del capitale non esiste voto utile. Il fatto che il movimento 5 stelle abbia preso larghi consensi nei settori popolari, non cambia la sua natura. È il prodotto moderno dell’assenza di un soggetto in grado di porsi alla testa delle rivendicazioni popolari. Ogni logica remissiva, ogni idea di voto utile, di diluizione ulteriore della soggettività comunista, magari all’interno di questo movimento, altro non fa che peggiorare la condizione presente, rallentando l’emergere della soluzione. Chi si ancora nasconde dietro l’illusione di guadagnare posizioni interne per “costruire egemonia”, e non vede che quell’egemonia la riaffermano nei posti chiave i settori dominanti, nutriti dall’humus piccolo-borghese che amina quel movimento, continua in quella ricerca disperata di scorciatoie che sono un modo eccezionale per non porsi la questione dei propri compiti. E soprattutto sottrae energie alla configurazione di un campo autonomo delle classi popolari, continuando a impedire, o comunque a rallentare la costruzione del partito comunista, impedendo la costruzione di un soggetto indipendente dal campo borghese, riconosciuto dalle classi popolari come portatore degli interessi dei lavoratori. Far morire il vecchio e far nascere il nuovo è un qualcosa che si crea anche con la nostra azione, e non indipendentemente da essa. Stare con le masse non significa porsi alla coda di posizioni arretrate, non esercutare la propria funzione. Significa porsi l’obiettivo della costruzione di una capacità di direzione organica, che non fa sconti a nessuno e non concepisce facili scorciatorie. Chi lo dimentica decide di essere spettatore della storia, non riuscendo a concepire la propria azione strategica oltre l’ambizione di partecipare a qualche piega della cronaca locale, magari condendo il tutto con le consuete riflessioni su una presunta egemonia che non solo non si va a costruire, ma di cui in definitiva si impedisce la realizzazione, rafforzando il campo del nemico di classe e il suo potere.