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Einstein. Una vita dedicata alla verità

Il 18 aprile 1955, all’età di 76 anni, moriva Albert Einstein, fisico e accademico tedesco dai più considerato come una delle menti più brillanti del ‘900; a lui si deve lo sviluppo della cosiddetta “teoria della relatività”, colonna portante della fisica moderna, che gli valse il premio Nobel nel 1921.

Nato nella Germania imperiale di Otto von Bismarck da una famiglia benestante di origini ebraiche, trascorse la giovinezza tra il paese natio e l’Italia (i suoi erano proprietari di alcune aziende nel nord del paese), completando i suoi studi in Svizzera dove acquisì la cittadinanza rinunciando a quella tedesca. Nel paese d’oltralpe darà alla luce alcuni tra i suoi più importanti trattati e studi teorici, che costituiranno la base per le sue future ricerche.

 

Einstein fu uno strenuo antimilitarista e fu tra i pochi accademici tedeschi a denunciare aspramente il coinvolgimento della Germania nella Prima Guerra mondiale. Le sue posizioni “politiche” gli valsero gli attacchi non solo di gran parte del mondo scientifico ma anche le minacce delle crescenti frange antisemite tedesche, come l’interruzione di un suo convegno nel 1920 da parte di un gruppo di fanatici al grido di “sporco ebreo!”.

Nel 1927 rifiuterà anche l’invito in Italia al Congresso internazionale dei Fisici in aperta polemica col governo fascista di Benito Mussolini.

Quando nel 1933 Adolf Hitler salì al potere in Germania e furono emanate le prime leggi razziali, Einstein fu costretto a trasferirsi negli Stati Uniti.

 

Al termine della II Guerra Mondiale, denunciò l’utilizzo della bomba atomica come “arma di distruzione di massa” e assieme a Bertrand Russell promosse nel 1955, proprio pochi giorni prima della sua morte, un Manifesto pacifista che chiedeva il disarmo nucleare.

 

EINSTEIN E LA POLITICA

Oltre l'”Einstein scienziato”, esiste anche un “Einstein politico” molto scomodo di cui raramente sentiamo parlare, certo non un militante ortodosso, ma un intellettuale capace di prendere posizioni nette e in controtendenza in quella che era ed è la patria del capitalismo.

“Non so con quali armi verrà combattuta la Terza guerra mondiale, ma la Quarta verrà combattuta con clave e pietre.”

Come già detto, Einstein fu per tutta la vita un fervente antimilitarista, un pacifista attivo, si batté per il non coinvolgimento del suo paese nella Grande Guerra prima e contro l’utilizzo della bomba atomica poi; nel mezzo subì le angherie e gli attacchi antisemiti da parte dell’ideologia nazifascista, con l’ “esilio forzato” negli Stati Uniti.

 

“[…] la mia consapevolezza della natura essenziale del giudaismo respinge l’idea di uno stato ebraico con propri confini, un proprio esercito e una qualche forma di potere temporale, non importa quanto modesta. Ho paura del danno interno che il giudaismo ne deriverebbe, specialmente se tra le nostre file cominciasse ad allignare un angusto nazionalismo, contro il quale abbiamo già dovuto combattere con forza anche senza che esistesse uno stato ebraico.”

 

Einstein, nel suo rapporto seppur controverso con il sionismo, rifiutò la creazione in Palestina di uno Stato confessionale ebraico, professando sin da subito la soluzione di un unico Stato binazionale che riconoscesse pari diritti a tutti gli abitanti a prescindere dalla religione o dall’etnia.

Nel 1948, in una lettera al New York Times firmata da decine di studiosi e intellettuali di origine ebraica, arriverà a paragonare l’ultranazionalismo dell’organizzazione sionista Partito della Libertà (Tnuat Haherut) al nazismo tedesco, “nella organizzazione, nei metodi, nella filosofia politica e nell’azione sociale”.

 

“Rendo onore a Lenin come uomo che ha interamente sacrificato se stesso e dedicato tutte le proprie energie alla realizzazione della giustizia sociale.”

“[…] In Unione Sovietica, l’uguaglianza di tutti i popoli e di tutte i gruppi culturali non è solo parole, ma è praticata realmente.”

 

Le simpatie di Einstein per l’Unione Sovietica e per il Socialismo furono cosa ben nota. L’appello alla liberazione del fisico tedesco Fuchs, accusato di aver fornito importanti informazioni all’URSS nella creazione della bomba atomica, o dei coniugi americani Rosenberg, condannati alla sedia elettrica per le medesime accuse, gli costarono le “attenzioni” dell’FBI, che sullo scienziato aprì un fascicolo.

 

Ma è del 1949 la pubblicazione sulla rivista indipendente Monthly Review dell’articolo “Perché il Socialismo?”, in cui Einstein mette in discussione il “caos economico” e l’individualismo generato dalla società capitalista, trovando come unica soluzione una economia pianificata che guardi ai bisogni della collettività, dove i grandi mezzi di produzione appartengano ad essa e in cui gli individui possano crescere ed esprimersi secondo le proprie capacità: in una parola, il Socialismo.

 

“Sono convinto che ci sia un unico modo per eliminare tali gravi malanni, vale a dire l’istituzione di una economia socialista […]. In un’economia del genere, i mezzi di produzione saranno posseduti dalla società stessa e utilizzati in maniera pianificata. Un’economia di piano, che adeguasse la produzione ai bisogni della comunità, distribuirebbe il lavoro fra tutti coloro che fossero in grado di lavorare e garantirebbe i mezzi di sussistenza a ciascuno, uomo, donna o bambino che fosse.”

Maurizio Tognaccini

 

1 Comment

  1. Max ha detto:

    Buon articolo, opportunamente incentrato sull’aspetto politico e sulle simpatie di Einstein per il socialismo. Tuttavia, andrebbe corretto senza indugi il primo paragrafo, in cui si riporta erroneamente il premio Nobel del ’21 come conseguenza della Teoria della Relatività, quando invece gli venne conferito per un suo lavoro del 1905 che, per la prima volta nella storia moderna e contemporanea della fisica, aveva dato una corretta interpretazione dell’effetto fotoelettrico.

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