Emanuele Feltri, il contadino comunista: «Serve un patto solidale tra città e campagna»

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Emanuele Feltri, il contadino comunista: «Serve un patto solidale tra città e campagna»

Emanuele Feltri, 38 anni, è un giovane agricoltore siciliano. Diversamente da tanti suoi coetanei che hanno lasciato l’isola in cerca di un lavoro per approdare nelle metropoli del Nord Italia, ha deciso di fare un percorso inverso, forse più radicale, trasferendosi dalla città (Catania) alla campagna, in Contrada Sciddicuni a Paternò. Qui ha deciso di comprare cinque ettari di terra, tra agrumeti, casolari e uliveti, per trasformarli in un progetto di cooperativa basata sull’agricoltura sostenibile e sui gruppi di acquisto solidale e mettere così a frutto i suoi studi da perito agrario. Mosso da un forte attaccamento per il territorio, ormai da diversi anni è diventato portavoce di numerose istanze dei contadini della Valle del Simeto. Ad un certo punto la strada politica di Emanuele si è intrecciata con quella del Partito Comunista e alla sua adesione è recentemente seguita la scelta di candidarsi alle prossime politiche nazionali. Emanuele correrà per il partito della “falce e martello” nel collegio uninonimale 5 di Catania e nel plurinominale nei collegi 02 e 03 (circoscrizione Sicilia 2).

Emanuele, quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a candidarti con il Partito Comunista?

Prima della candidatura propostami dal partito ci sono stati ben tre anni di stretta collaborazione con la sezione del PC di Adrano; tra loro ci sono molti compagni agricoltori e braccianti. La loro solidarietà e concretezza mi ha aiutato a superare un periodo difficile, nel quale la nostra attività collettiva, agricola e politica di “Terre di Palike” (progetto per la sovranità alimentare) era sotto attacco. Danneggiamenti alle colture e alle nostre strutture agricole, minacce, gravi intimidazioni di stampo mafioso, volevano impedire l’attività che il mio collettivo stava svolgendo nelle campagne della valle del Simeto, a contrasto dello sfruttamento dei migranti nel bracciantato e del controllo mafioso capillare del settore agricolo. Dopo svariate iniziative pratiche e politiche, organizzate insieme ai compagni del PC, ho deciso di tesserarmi al partito per strutturare un lavoro rivolto anche alle politiche agricole a contrasto di questa fase avanzata del capitalismo. Da lì, la mia candidatura che ho reputato opportuna ed utile alla causa.

 

Tu vivi sulla tua pelle ogni giorno i problemi che affliggono gli agricoltori: quali sono i principali ?

Più che di problemi, parlerei di una vera e propria catastrofe. Il settore agro-alimentare ha enormi difficoltà, sia nella fase di produzione che in quella di commercializzazione dei prodotti. I problemi si intersecano e hanno un’ unica origine: politiche agricole ed economiche asservite al capitalismo e al “libero mercato”. Le produzioni a basso costo e di scarsa qualità, gestite dalle multinazionali dell’agro-industria vengono distribuite attraverso la grande distribuzione e destinate alle masse popolari. Si tratta di immissione incontrollata di prodotti esteri derivanti dallo sfruttamento di bracciantato privo di diritti sindacali, sottopagato e spesso privo di contratti. Concorrere è impossibile a causa del divario incolmabile dei costi di produzione. L’unico modo è riproporre le stesse dinamiche di sfruttamento, come in realtà sta già avvenendo. In Italia la concentrazione di capitali, strutture logistiche e terreni, svenduti dagli agricoltori in crisi, è nelle mani delle multinazionali dell’agro-industria che ricostituendo dei veri e propri latifondi, sfruttano la manodopera migrante sottopagata, chiudendo l’intera filiera attraverso la proprietà e il controllo della grande distribuzione organizzata.

L’assenza di adeguate infrastrutture pubbliche, vie di comunicazione, acqua irrigua, gasolio agricolo a costi accessibili, completa il quadro di crisi di un settore volutamente lasciato in totale abbandono. Nonostante l’80 % delle realtà agro-zootecniche sia costituito da piccoli produttori si favorisce ormai in maniera unilaterale questo sistema di sfruttamento per il profitto di pochi.

 

Che soluzioni proponete per rilanciare il settore e per contrastare quella che sta divenendo una vera e propria “guerra tra poveri” con la competizione tra braccianti italiani e extracomunitari ?

I padroni sono bravi a indirizzare il conflitto verso un nemico illusorio, alimentando divisioni e fomentando la “guerra tra poveri”. Certamente noi non facciamo distinzioni tra sfruttati di serie A e serie B ma è chiaro che quello che sta avvenendo è un massiccio uso di manodopera migrante, debole e ricattabile, pronta a piegarsi, per necessità, a qualsiasi condizione lavorativa gli venga offerta, anche se rasenta la schiavitù. Marx lo definirebbe “esercito industriale di riserva” funzionale ad abbassare i diritti dei lavoratori e ad aumentare i profitti del capitale.Bisogna ottenere un salario minimo garantito e non lasciare la possibilità che ad uguale lavoro corrisponda diverso salario. Partendo da questo presupposto è chiaro che ci deve essere anche la volontà politica di combattere il lavoro in nero, ma questo si scontra con gli interessi di multinazionali e grande distribuzione.

In ogni caso, “nessun immigrato ci sta togliendo lavoro”, semmai, bisognerebbe lottare insieme per la difesa dei diritti dei lavoratori. In agricoltura c’è una forte carenza di manodopera: il lavoro, se regolamentato, ci sarebbe per tutti.Per garantire la dignità del lavoro, benessere diffuso e il raggiungimento della giustizia sociale non è possibile fare dei ritocchi riformistici a questo sistema.Solo l’ economia pianificata di uno Stato socialista, può dare risposte risolutive alla crisi del settore agricolo e del lavoro in genere.

Bisogna in ogni caso trovare soluzioni immediate ad agricoltori, braccianti e allevatori. Eventuali accordi con la GDO per un prezzo minimo garantito dei prodotti rappresentano una battaglia che si può portare avanti, ricucendo la frammentazione del settore e creando un fronte compatto, consapevole,politicizzato e in grado di lottare. Gli accordi però successivamente potrebbero saltare e sarebbe soltanto una temporanea boccata d’ossigeno.

Crediamo sia necessario costruire un vero e proprio “patto solidale” tra campagne e città, per una produzione agro-alimentare priva di sfruttamento e per una distribuzione parallela alla GDO, diretta alle masse e che scavalchi l’intera filiera, garantendo un prodotto di qualità a costo popolare e un equo prezzo al piccolo produttore. Un tale percorso, se organizzato e non lasciato all’improvvisazione, creerebbe un economia parallela fuori dalle regole di mercato e non potrebbe mai “saltare”, ma migliorare e crescere, rispondendo alle reali esigenze dei produttori agricoli e delle masse popolari . È necessario però che ci siano una serie di presupposti strutturali e logistici; la modifica delle norme sulla vendita diretta, la riduzione della pressione fiscale, la riprogettazione dei contributi statali AGEA per ritornare alla loro funzione di welfare ormai perduta. Questo e molto altro è presente nel nostro programma che traccia un vero e proprio percorso di lotta.

 

Francesco Fustaneo

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