Espulsione di Leila Khaled, FPLP: «Decisione politica a favore dell’occupazione razzista sionista». Lei: «Me lo aspettavo».

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Espulsione di Leila Khaled, FPLP: «Decisione politica a favore dell’occupazione razzista sionista». Lei: «Me lo aspettavo».

E’ un duro attacco al governo italiano e alla sinistra borghese quello rivolto dalla compagna Leila Khaled, membro del Consiglio Nazionale Palestinese e dell’Ufficio Politico del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, a seguito del diniego dell’accesso in Italia lo scorso martedì. «Me l’aspettavo – dichiara la prima donna nella resistenza palestinese – perché non avevano tanto paura di me, ma del fatto che si riproponesse in Italia il dramma del popolo palestinese. Tutto il sostegno che un tempo dava la sinistra italiana alla nostra causa, è svanita come nebbia al sole. Sono diventati tutti dei conservatori, che hanno polverizzato le loro idee di solidarietà con i popoli oppressi. Ma la Storia va avanti, finirà col travolgere questi borghesi, che si proclamano di sinistra ma rappresentano soltanto i loro interessi, ed il mio augurio è che il popolo italiano li giudichi severamente, alle prossime elezioni, perché non si barattano i vecchi ideali, con poltrone di potere, che spero non duri a lungo». Appena sbarcata all’aeroporto di Fiumicino le autorità di polizia italiane non le avevano riconosciuto il visto d’ingresso nell’”area Shengen” costringendola così ad imbarcarsi sul volo successivo per Amman impendendogli l’ingresso nel nostro paese dietro una banale scusa che si palesa nel fatto che nei mesi scorso Leila Khaled era addirittura intervenuta al Parlamento Europeo, oltre che partecipato ad eventi in Spagna e Belgio. Si è trattata quindi di una decisione palesemente politica da parte del governo italiano che mira a criminalizzare apertamente la Resistenza palestinese bollandola come “terrorista” accondiscendendo all’immagine che ne vogliono dare i sionisti.

Non sono naturalmente mancate le voci di solidarietà internazionalista nel nostro paese per la storica militante della Resistenza palestinese che doveva partecipare ad una serie di iniziative a Roma, Napoli e Cagliari per il 50° anniversario della fondazione dell’organizzazione resistente comunista del FPLP. Tra queste quella del Partito Comunista che con un comunicato – in cui rinnova il sostegno alla causa palestinese – ha duramente condannato la decisione del governo dichiarando che «è del tutto evidente che la decisione delle autorità italiane di rimpatriare la compagna Khaled, non ha nulla a che vedere con questioni burocratiche relative al visto d’ingresso, come sostenuto dal Dipartimento per la Pubblica Sicurezza, ma è una precisa scelta politica del Governo Italiano, dettata dagli interessi e dalle pressioni delle lobby sioniste e filo-israeliane. Una decisione che non a caso giunge in seguito di una pressione mediatica e delle proteste di esponenti del Partito Democratico e di Forza Italia.» Una presa di posizione che conferma l’impegno del Partito con la causa palestinese dimostrato anche dalla partecipazione al recente incontro internazionale svolto ad Atene, organizzato dal KKE, che ha raccolto 14 partiti comunisti e operai dell’area del Mediterraneo e del Medio Oriente in solidarietà e supporto alla lotta del popolo palestinese.

L’Unione Democratica Arabo-Palestinese (UDAP), organizzatrice dell’iniziativa sui “Cinquant’anni di Resistenza” a Roma, che rimane confermata per domani 2 dicembre, ha evidenziato che «nei giorni precedenti al suo arrivo numerosi quotidiani hanno pubblicato articoli sensazionalistici e diffamanti dimostrando, nella migliore delle ipotesi, accondiscendenza, nella peggiore, complicità. Il rimpatrio della compagna Leila Khaled non è che la dimostrazione dell’impotenza delle istituzioni italiane e la loro incapacità di sottrarsi al ricatto sionista: è palese quanto la sua voce, libera e coerente, continui a far paura ancora oggi.»

Dal canto suo, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, ha duramente condannato il governo italiano in un comunicato internazionale nel quale afferma che «questa azione è venuta in seguito ad una campagna razzista condotta dal movimento sionista e dalle forze di destra e fasciste in Europa negli ultimi mesi contro il FPLP e la resistenza palestinese e libanese. Questa azione da parte della autorità italiane è parte di questa campagna in corso». Il Fronte ritiene che «il ruolo guida della combattente Leila Khaled e il suo ruolo rivoluzionario e simbolico a livello palestinese, arabo e internazionale, ha fatto infuriare lo stato sionista e i suoi alleati in Europa, spingendo le forze del movimento sionista a chiedere il suo arresto o deportazione», evidenziando inoltre che la decisione delle autorità italiane è «palesemente politica a favore dello stato di occupazione e del sionismo razzista». Ringraziando «tutte le voci, personalità, partiti e organizzazioni italiane ed europee che hanno espresso la loro condanna di questa decisione ingiusta e il loro sostegno ai diritti del popolo palestinese e la loro giusta lotta per la liberazione, il ritorno e la creazione di una Palestina indipendente con Gerusalemme come sua capitale», il FPLP ha infine sottolineato che la «voce della resistenza, rappresentata dalla combattente Leila Khaled e da tutte le forze progressiste e amanti della libertà in tutto il mondo, non sarà messa a tacere» chiamando i sostenitori della Palestina in Italia a «espandere la campagna di boicottaggio dell’occupazione israeliana e costruire campagne di solidarietà con il popolo palestinese e i suoi legittimi diritti», tra cui anche gli sforzi «contro il Giro d’Italia» per chiedere «la fine della collaborazione con lo stato di occupazione e che sia cancellato il percorso che passa dalla Palestina occupata».

E in contemporanea con l’espulsione di Leila Khaled, è scoppiato proprio il caso relativo al prossimo Giro d’Italia che, come noto, prenderà il via dai territori palestinesi occupati grazie al cospicuo finanziamento del miliardario israelo-canadese, Sylvan Adams, per celebrare i 70 anni della nascita dello stato sionista d’Israele normalizzando così l’occupazione. Il Giro 2018 prenderà il via con una cronometro individuale disegnata all’interno dell’abitato di Gerusalemme Ovest, a ridosso delle mura della città storica, mentre la II tappa prenderà il via da Haifa per giungere a Tel Aviv e la III da Be’er Sheva fino a Eilat.  A dimostrazione ulteriore di come la scelta di far passare la storica corsa ciclistica in Israele, per la prima volta fuori dall’Europa, abbia un carattere decisamente politico a favore dell’occupazione sionista è infatti persino giunto l’assurdo ricatto delle autorità sioniste rivolto agli organizzatori per rimuovere anche la dicitura ufficiale di Gerusalemme Ovest al fine di rimarcare la pretesa annessione condannata anche dall’ONU. Gerusalemme, sia ovest (occupata nel 1948) che est (occupata nel 1967), come dichiarano le risoluzioni ONU, la 476 del 30/06/1980 e la 478 del 20/08/1980, fa parte infatti del territorio palestinese occupato, insieme alla Cisgiordania e Gaza.

In un comunicato congiunto i ministri dello Sport e della Cultura, Miri Regev, e del Turismo, Yariv Levin (entrambi del Likud, il partito del premier Benjamin Netanyahu) hanno minacciato che Israele avrebbe ritirato i finanziamenti alla manifestazione se sul sito del Giro d’Italia non fosse stata modificata la dicitura considerando in modo arrogante, fuori da ogni logica storica e norma internazionale, Gerusalemme come propria capitale “indivisibile”. Neanche a dirlo, desiderio prontamente esaudito dagli organizzatori del Giro d’Italia, richiamati dalla forza economica e politica dei sionisti che si somma alla complicità e collusione con l’occupazione sionista dimostrata ancora una volta dalle antipopolari autorità governative e statali della borghesia italiana con la vergognosa decisione di espellere Leila Khaled.

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