di Alessandro Mustillo
Un Partito Democratico di governo in crisi di consenso e legame identitaria con il proprio elettorato cerca di riscoprirsi di sinistra con una legge spot contro il fascismo. Nel frattempo il suo segretario sposta a destra la posizione sull’immigrazione, esponenti del partito propongono una legge contro il diritto di sciopero, si regalano miliardi alle banche mentre si acuiscono le politiche antipopolari. Il vero rischio è quando sono gli amici dei padroni a gridare contro il fascismo, le classi popolari finiscano cadere nella propaganda fascista. E’ una logica semplice: il governo è contro di noi, il governo è contro i fascisti. In un paese privo di memoria storica collettiva, ammaestrato da anni di revisionismo, in cui le classi popolari sono abbandonate a sé stesse da una sinistra che ha perso ogni legame sociale con esse, il passaggio successivo del vedere nel fascismo una possibile alternativa e opposizione viene purtroppo da sé. L’onorevole Fiano d’altronde – e non è un caso – è uno degli esponenti che sentiamo pronunciarsi in modo più duro nei salotti televisivi contro i lavoratori della pubblica amministrazione, contro gli scioperi “selvaggi”, per la difesa degli interventi militari della Nato. Un esponente tutto d’un pezzo del corso renziano del Partito, una sorta di ala dura, che presta il suo volto a questa operazione.
Chi pensa che il fascismo possa essere abolito per decreto è fuori strada. Le leggi italiane precedenti non hanno – e non avrebbero potuto – scalfire seriamente la riorganizzazione dell’estrema destra. Solo una coscienza e mobilitazione popolare potrebbe farlo. Solo la rimozione delle cause sociali che generano il fascismo, ma il PD ovviamente non è la soluzione, ma la parte principale del problema.
Il PD ha una grande responsabilità storica. Sono mesi che i suoi esponenti per coprirsi a sinistra giocano a fare propaganda ai fascisti. In nome del tornaconto immediato sono diventati i principali alleati della destra neofascista. Renzi e la Boschi regalarono le prime pagine dei quotidiani a un partito neofascista elevandolo ad avversario diretto nel referendum sulla costituzione. Non passa giorno che il quotidiano “La Repubblica” non dia spazio alle loro iniziative. Ogni notizia che li riguardi ha un risalto mediatico senza paragoni, in relazione all’esiguità della loro forza. Un “regalo” che ovviamente non fanno mai ai comunisti. Il giornale di De Benedetti, vero asse della stabilità degli interessi del grande capitale italiano, agita lo spettro del fascismo come chiamata alle armi a sostegno del governo. Il messaggio che passa è semplice: oltre questo argine di tenuta democratica, c’è il fascismo. Ma nel frattempo l’argine di tenuta democratica si sposta sempre più a destra, sempre più palesemente schierato a difesa degli interessi del grande capitale. I lavoratori lo percepiscono nella vita reale, non c’è bisogno che nessuno glielo spieghi, il partito di governo perde inevitabilmente consensi, che rischiano di finire sempre di più ai fascisti, nel frattempo eletti avversari diretti.
D’altronde il PD lo ha già fatto. E’ grazie al PD che oggi abbiamo Salvini, utilizzato strumentalmente per drenare consensi a Forza Italia, con la convinzione che un partito estremista come la Lega non avrebbe potuto nel medio periodo attentare alla vittoria del PD perno della stabilità centrista e moderata. Risultato? Un partito dato per morto, travolto da scandali senza precedenti, e ridotto al lumicino, è divenuto la terza forza politica del paese. E oggi che una possibile coalizione di centrodestra con la Lega rischia di insidiare il primato del PD, i renziani non esitano a usare persino i fascisti per difendere la loro posizione. Un risultato tattico a breve periodo del PD, converge con la strategia di quelle forze neofasciste chi sta lavorano sul medio periodo. Un capolavoro storico. I Cinque Stelle fanno la loro. Con la retorica dell’antipolitica come superamento di ogni differenza, apprestano ulteriormente il terreno alla riorganizzazione e alla riconquista di consensi dei fascisti.
Solo i dementi possono pensare che la responsabilità storica di quanto sta accadendo sia imputabile alle divisioni della sinistra, al mancato sostegno ad un “fronte comune antifascista”. Una strategia che significherebbe solamente la subalternità delle forze di opposizione sociale a questo governo, a partiti e forze politiche che invece sono organiche a questo sistema. Il risultato sarebbe solo accelerare e acuire la presa di consenso dei fascisti tra lavoratori e classi popolari, forti della complicità della sinistra con i governi del capitale.
Ma il risultato finale che potrebbe generare questo provvedimento è una sorta di legge del contrappasso. Comunismo e nazi-fascismo non possono essere posti storicamente sullo stesso piano, ma quello che conta nella società non è la verità storica, ma i rapporti di forza tra le classi. Già ieri sono risuonate nel dibattito generale sulla legge le richieste del “contraltare” contro i comunisti. In fin dei conti una legge del genere non troverebbe alcuna reale opposizione, in un paese largamente dominato dall’antipolitica e dall’idea del farla fuori con tutti, del “sono tutti uguali” degli estremi che si attraggono e di una popolazione in cui la propaganda anticomunista da decenni ha ormai realmente diffuso l’idea dell’equiparazione. Negli ultimi anni la campagna anticomunista é cresciuta in tutto il continente sponsorizzata dalle istituzioni europee, come arma per sostenere la rimozione attraverso criminalizzazione del passato socialista e un supporto ai movimenti favorevoli al processo di allargamento ad est. In Italia non esiste più un tessuto sociale in grado di opporsi compiutamente a questa prospettiva. L’idea della “protezione della democrazia” potrebbe stuzzicare anche settori democratici e sulla carta progressisti, su un modello simile a quello tedesco del dopoguerra. Coscienti di questi rapporti di forza, non abbiamo mai invocato alcun provvedimento di inasprimento, sapendo bene che ogni passo in avanti apparente, oltre che inutile e dannoso nella lotta ai movimenti neofascisti, si sarebbe facilmente convertito in un boomerang.
Ma come farlo capire alle forze che ogni giorno invocano repressione e provvedimenti prefettizi per bloccare i fascisti? Impossibile. Noi comunisti abbiamo ben chiaro il mondo in cui viviamo. Sappiamo che non esiste più il campo socialista, non c’è più il PCI al 30% dei voti e un insieme di forze di sinistra e comuniste a presidio dell’antifascismo, così come delle conquiste sociali; il campo sindacale è in crisi e scivolato paurosamente verso la complicità esplicita negli orientamenti strategici. Non c’è più la massa enorme che premeva sulla struttura dello Stato e sul capitale stesso, rendendolo incline a concessioni, come valvole di sfogo per la salvezza del sistema. La cultura legalitaria (borghese) che si è inculcata con l’antiberlusconismo in parte della sinistra è una patologia che affligge quella stragrande maggioranza dei partecipanti ai circoli di sinistra privi di ogni rapporto con una realtà cambiata così tanto profondamente. Bisogna liberarsi di ogni bacillo residuo di questa malattia.
La fase che viviamo non è quella che precede una svolta in senso progressista, ma con tutta probabilità uno scivolamento verso un contesto sempre più reazionario. Quanto sarà veloce o lento non abbiamo la possibilità di dirlo con certezza. Prepararsi a questa continua involuzione è il compito principale, mettendo in piedi elementi di resistenza, costruendo radicamento. Solo così si può agire politicamente in questa fase. La migliore forma di antifascismo sarà sempre la lotta dei comunisti, dei sindacati di classe, delle forze sociali che puntano ad un cambiamento reale di questa società, il cui presupposto è l’abbattimento della divisione di classe. L’idea delle scorciatoie degli impossibili ritorni a colazioni democratiche che non esistono e non esisteranno è parte del problema. Proprio come la legge Fiano e il suo partito.
2 Comments
[…] Sorgente: Il fascismo non si sconfigge per decreto. Smascheriamo il PD. | La Riscossa […]
Nell’articolo, alla fine, si fa in modo obiettivo riferimento alla involuzione, a mio avviso, rapida deteriorante, fortemente reazionaria del quadro politico, degli assi politici, la cui recrudescenza fascista è la dittatura del capitale, della dipendenza del lavoratore salariato al modo di produzione capitalistico, che rende l’operaio semplice assistente, ausilio del robot nella produzione capitalistica, che prende la veste, il robot industriale, della potenza del capitale sull’operaio reso, a tal modo impotente da imprenditori e ingegneri che progettano questi robot per conto della crescita del saggio di profitto e dell’accumulazione aziendale. Il principale nemico dell’attrazione del proletariato, della classe autenticamente operaia, verso il polo del Partito Comunista e della rivoluzione, è proprio questo sviluppo delle forze produttive, di quel modo capitalistico che utilizza i robot come potenza del capitale imprenditoriale sull’operaio, questo rivoluzionamento del modo e dei rapporti capitalistici di produzione che prende il nome di quarta rivoluzione industriale o “manifattura digitale”. E’ da qui che bisogna partire come analisi per il radicamento presso le masse. Il processo reazionario progressivo è strettamente intrecciato alla potenza economica del dominio del Robot-Capitale, del capitale robotico. La dittaura del capitale prende così i connotati della forza politica delle destre irrefrenabile, incontrovertibile di un nazismo che ha il volto della Lega, dell’odio indiscriminato contro tutti i poveri indistintamente, il cui istinto alle armi, alla rivoluzione è sempre pulsante nel cuore della sua disperazione e della sua erompente frustrazione. A questa analisi sul modo di produzione, il Partito Comunista deve accompagnare i preparativi per abbattere la dittatura del capitale, che non permetterà più alcun ingresso in Parlamento. E si deve preparare, sull’onda della disoccupazione e sovrapproduzione crescenti che cuseranno i robot di produzione capitalistica, in un solo modo: con il combattimento nelle strade, con l’annientamento armi in mano della destra, da quella capitalistica della grande borghesia, a quella della media e medio-piccola borghesia (Lega Nord). La dittura del capitale, e il suo ormai costante ventennale e quasi trentennale, continuato dominio politico, che si manifesta, nel dominio incontrastato della Detra, nel senso più ampio e imprenditoriale del termine, è così rigida che le sue ganasce possono essere spezzate solo con un’esplosione rivoluzionaria. Che in condizioni di tal fatta, il Partito Comunista non sarà radicato nella maggioranza della massa, sta a significare che una miccia proletaria che si accende o spontanea contro l’industriale, advanti al cancello di fabbrica, o guidata dal Partito, o sconfessata dai sindacati, diventa esempio rivoluzionario che si diffonde a macchia d’olio, come polvere che erompe piano, poi veloce, quasi simultaneamente in tutte le direzioni, per abbatere il dominio del capitale e rivoluzionare i rapporti di produzione con la dittatura della classe operaia, dei lavoratori, per mettere al centro l’Uomo e la sua piena realizzazione nel lavoro associato, per la società, per la sua realizzazione individuale e collettiva, che si manifetsa alla fine con la scomparsa delle classi man mano che si sviluppa sempre più, spontaneamente, con l’organizzazione della produzione, controllata in fase di dittatura, dai lavoratori, con la produzione che passa poi organicamente, indissolubilmente nelle mani dell’uomo, tramite gli uomini associati nel lavoro, con il modo di produzione di fatto associato comunista. In questa fase le classi sono già da un pezzo scomparse e l’Uomo organizza spotaneamente il lavoro con gli altri lavoratori per sè e per gli altri, per la società in tutto il suo complesso, in piena armonia organica “Uomo Lavoro Natura”.