Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Ristoranti, Bar, piccoli artigiani ma anche piccoli albergatori e commercianti, la silente ed invisibile platea, formata da quella categoria di lavoratori definita in vari modi: popolo delle partite Iva, autonomi, microimprese. Molto spesso marchiata come “evasori” e per questo vessata e usata come cassetto dal quale attingere, anche forzosamente, risorse monetarie.
A Genova si sono riuniti e dati un nome “MoSa – Movimento delle Saracinesche”, un nome che racchiude la voglia di dire “no” a divenire la vittima sacrificale di un evento come l’emergenza sanitaria del COVID 19, sicuramente imprevedibile ma gestito nel peggiore dei modi, soprattutto nei derivanti effetti economici e sociali.
Cosa vogliono le Saracinesche? Lo spiega Marino Poerio, fondatore del movimento e titolare di un piccolo forno del centro cittadino:
vogliamo dare voce a tutti coloro che sono abbandonati dallo Stato ma che saranno costretti a pagare i debiti di una situazione di cui siamo vittime, indebitandoci ancora con le banche. Siamo coloro che vivono esclusivamente “stando aperti” in un momento in cui l’Italia è drammaticamente chiusa.
Una categoria come detto, già vessata da una situazione difficile da sostenere prima ancora dello scoppio dell’emergenza che ha solo estremizzato le problematiche.
Prosegue Poerio:
Una ciliegina su una torta già avariata da tempo. Vogliamo che questa iniziativa faccia prendere coraggio alle migliaia di attività che non hanno mia avuto un vero e proprio rappresentante per mettere in luce le proprie ragioni.
Il MOSA non si presenta come un semplice movimento di protesta ma avanza una proposta concreta in 7 punti fondamentali e irrinunciabili:
Il MOSA però guarda anche a chi non è una “saracinesca”, vuol essere un movimento inclusivo, aperto a chiunque si riconosca nella necessità di approvare i 7 punti, in particolare il cosiddetto “Helicopter Money”; si perché non bisogna solo dare fiato a chi offre i propri servizi ma anche a chi si trova dall’altra parte e li richiede.
Una grossa platea di persone che a causa della chiusura, non solo è rimasta senza un lavoro o senza un qualsiasi tipo di reddito ma che anche quando ha mantenuto un proprio lavoro, ha visto la propria sicurezza economica minata, con inevitabili ripercussioni sulle possibilità di spesa. Senza costoro, nemmeno le saracinesche possono esistere.
Il 2 di maggio ci sarà un “click day” (inglesismo molto usato di frequente soprattutto dagli apparati dello Stato) con il quale il MOSA farà la sua prima mossa per far sentire la propria voce: un invio massivo di PEC ed e-mail ad indirizzi scelti delle pubbliche amministrazioni.
Un primo grido di battaglia per farsi ascoltare. Se cadrà nel vuoto, la lotta si sposterà nel suo luogo più tradizionale e solenne: la piazza.