Giornata della memoria, contro il revisionismo

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Giornata della memoria, contro il revisionismo

di Massimo Recchioni

Sono trascorsi 72 anni dall’ingresso ad Auschwitz delle truppe liberatrici dell’Armata Rossa: il 27 gennaio del 1945 è la data che, simbolicamente, ci ricorda la scoperta delle immonde pratiche carnefici dei boia nazifascisti. In realtà erano già in molti a sapere e a tacere. Chi ebbe la possibilità di dire la verità al mondo, Vaticano in testa, non lo fece: tutt’altro. Chi ebbe la possibilità di far saltare i binari della morte – ci sarebbe voluto poi tanto? – non lo fece. Da allora, e fino ai nostri giorni, iniziarono lo sdegno e l’orrore, per alcuni in una forma di ipocrita schizofrenia, dove chi commemora è al tempo stesso in prima fila nella lotta agli immigrati disperati, ai nomadi, ai diversi o a chi in generale non si vuole «uniformare».

Noi comunisti ricordiamo tutte le vittime di quell’orrenda carneficina: gli ebrei,  i Rom, gli omosessuali, i disabili e disparate altre categorie di «indesiderabili». Ricorda anche che i primi destinatari di quei lager furono gli oppositori politici. Per questo nel periodo bellico ne erano rimasti relativamente pochi: i nazifascisti li avevano già fatti fuori tutti, quelli che erano a tiro, durante la loro scalata al potere: tutti gli oppositori al braccio armato del capitale, il quale, senza quella sua trasformazione in una direzione ancor più violenta (il capitale, che si basa sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, è già violento per definizione).

Il tremendo crimine cui seppe arrivare la feccia del genere umano, in quegli anni neppure tanto lontani, deve rimanere monito permanente e perenne insegnamento. Così come deve permanere una lettura di quel periodo scevra da ogni nazionalismo e irredentismo. Non è possibile, infatti, nascondere né rimuovere i crimini commessi dai fascisti italiani – di fatto «inventori» dei campi di concentramento – in tanti Paesi: a cominciare dai gas usati per sterminare popolazioni inermi in Africa, fino alle abominevoli azioni commesse in Grecia, nei Balcani. Ovunque i fascisti si fossero trovati, hanno lasciato un ricordo almeno pari a quello che lasciarono i nazisti. Non è possibile «ripulire» la memoria di questo Paese continuando a lasciar cadere le colpe sui nostri «cattivi» alleati di allora. Il nostro Paese, guidato da una tragica dittatura che industriali, latifondisti e borghesia vollero – e che la monarchia non fece nulla per impedire – si rese colpevole di crimini sciagurati di cui mai fu chiamato a rispondere davanti ai tribunali giudiziari e militari. Non si deve lasciare spazio all’odioso revisionismo storico, che punta all’equiparazione di vittime e carnefici sul piano nazionale, a quella tra liberatori e imperialisti sul piano internazionale. In questo senso, allora, non è possibile ignorare i meriti sovietici: soltanto grazie a loro, che fermarono i nazisti sul fronte orientale al prezzo di milioni e milioni di morti, fu eroicamente impedito che la belva nazifascista potesse prevalere.

La storia, quella con la «s» minuscola, lasciò quei criminali di guerra impuniti, Anzi, li avremmo ritrovati spesso assoldati dai servizi segreti occidentali in funzione anticomunista.

Il tribunale della Storia deve, invece, esprimere un giudizio serio, severo, deciso, su quegli anni e su quei fenomeni: le classi dominanti, che vollero quella guerra e consentirono quello sterminio, hanno fallito ovunque e ripetutamente, dimostrando di essere in grado di arrecare solo lutti, ingiustizie, cancellazione della dignità umana.

Non consentire che tutto ciò si ripeta, significa per noi non solo ricordare, ma battersi col massimo impegno nella rimozione delle cause che tante sciagure e ingiustizie hanno generato e continuano a generare: perché i burattinai che vollero quella guerra sono ancora lì, seminando morte, ai posti di comando, alla guida di questo mondo. I rigurgiti neofascisti, in Europa e non solo, ci dimostrano che il pericolo si trova sempre dietro l’angolo; che il fascismo passa sempre attraverso lo smantellamento di ogni diritto e lo sfruttamento, oltre alla persecuzione, ad ogni livello, delle classi subalterne. che dobbiamo impegnarci a cambiare. La Memoria, qualora si prescindesse dalla comprensione delle cause e dall’impegno per rimuoverle, resterebbe parola senza significato: continueremmo a essere retorici ma a non far nulla di concreto affinché quell’orrore non si ripeta.

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