Domani 8 dicembre scenderanno in piazza i movimenti che in questi anni hanno portato avanti lotte coraggiose per difendere i propri territori dalle devastazioni ambientali, dagli sperperi che fanno ingrassare i capitalisti e non servono ai lavoratori, contro la subordinazione a potentati nazionali e internazionali. Lotte che hanno comportato denunce, intimidazioni, processi anche con accuse pesantissime, da parte dei governi borghesi che si sono susseguiti negli anni, ma a cui i movimenti hanno sempre risposto con la massima determinazione a non mollare.
Le manifestazioni di domani avranno il comun denominatore della rabbia e della delusione contro il M5S che ha fatto il pieno proprio in quei territori sulla base di promesse che essi sapevano fin dall’inizio che non avrebbero potuto mantenere, perché – come già dimostrato dal tradimento di Syriza in Grecia – senza una rottura rivoluzionaria rispetto al sistema capitalistico e imperialistico non esiste una prospettiva di riformismo possibile, ma neanche di semplice opposizione alla voracità capitalistica. Questo tradimento ormai è sotto gli occhi di tutti, così come è sotto gli occhi di tutti il tradimento delle aspettative che si alleviassero le sofferenze economiche degli strati più in difficoltà del nostro paese. Ormai il governo si rifugia in una “melina” per tentare di arrivare indenne alle prossime elezioni europee. Ma non ci riuscirà. Europa e Confindustria non concedono più spazio a giochetti di retroguardia che non portino un attacco frontale e impietoso contro le condizioni di vita dei lavoratori e degli strati popolari.
TAP
Monta la rabbia di chi col M5S aveva stretto un “patto no-tap” in campagna elettorale quando, a Melendugno, i vari Di Battista e Lezzi assicuravano: «Con noi al governo quest’opera la blocchiamo in due settimane» e si dichiaravano nemici giurati del Trans Adriatic Pipeline, definita «opera di follia ingegneristica posta accanto a trentamila persone», «tubo che sventra campagne in un territorio già provato dall’inquinamento di Ilva, Cerano, delle trivelle, dei diserbanti e pesticidi della Monsanto».
TRIV
È successo col movimento lucano contro le trivellazioni selvagge, accusate di danneggiare gravemente salute ed ambiente (dati dell’Ufficio Intergovernativo per il cambiamento climatico e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente). Già durante la visita in Basilicata di Di Maio, il Coordinamento NO TRIV aveva denunciato l’ambiguità delle parole del vice premier: «Io posso prendere un impegno oggi… che è quello di non firmare alcuna autorizzazione finché i soldi andranno fuori dalla Basilicata e non sarà garantito il diritto alla salute dei cittadini lucani». Questo martoriato diritto alla salute sembrava essersi già trasformato in una questione di “soldi”.
L’escamotage che trovano per allontanare il momento in cui dovranno confessare il loro tradimento: il 21 novembre scorso l’onorevole Liuzzi ha presentato, con altri suoi 16 colleghi, un emendamento alla legge di stabilità 2019, con il quale semplicemente si aumentano i canoni annui per i permessi di prospezione, ricerca, concessioni di coltivazione e stoccaggio, nel mare territoriale, nella terraferma e nella piattaforma continentale italiana. Si tenta di far passare questa mossa per una furbata al fine di rendere l’opera non più appetibile e indurre a rinunciare a realizzarla. Fuffa allo stato puro!
TAV
È successo col movimento NoTAV. Stessa manovra e stesso tradimento. Qui la fuffa dilatoria è costituita dalla cosiddetta “Analisi Costi e Benefici”, senza rendersi conto che l’analisi costi benefici è stata fatta da tempo da chi nel movimento ha una testa e non un’urna.
MUOS
È successo con il movimento NOMUOS. Qui, dopo che per anni il M5S ha rifiutato qualsiasi azione che non passasse per i corridoi dei tribunali o dei luoghi istituzionali e dopo il fallimento conclamato di quella politica, dopo che il movimento ha vinto tutti i processi tranne l’ultimo, quello decisivo, fatto con carte che il governo si era dato da solo, col massimo sprezzo del ridicolo ci si appiglia anche qui a un escamotage. La fuffa, come stigmatizzano gli stessi avvocati del movimento è data dalla «richiesta con cui il Ministero della Difesa si è visto rifiutare dalla Avvocatura la lettera di rinuncia alla difesa del MUOS perché non fattibile tecnicamente».
ILVA, Genova, Ischia
Ma la lista dei tradimenti continua.
È successo con i cittadini di Taranto, che sono stati traditi da un accordo fotocopia di quello stipulato dal precedente governo PD: stesse impunità per i reati ambientali, stesso massacro dei diritti dei lavoratori, stesso scempio della salute pubblica, stesso regalo alle multinazionali.
È successo coi cittadini di Genova, che all’indomani della tragedia del 14 agosto dopo i reboanti proclami sulle “nazionalizzazioni”, si vedono ora un decreto in cui si balbetta su chi come e quando dovrà realizzare un’opera che ancora non è stata decisa, in una situazione in cui il moncone è ancora lì, gli sfollati sono ancora lì, il traffico è ancora lì.
È successo coi cittadini di Ischia, con un condono infilato di nascosto che “sana” abusi che oggi sarebbero insanabili e pone le basi per futuri peggiori disastri.
Il “decreto sicurezza”
Nel frattempo però l’altro protagonista del governo, quello che fa la parte dello “sbirro cattivo”, fa passare il “decreto sicurezza”, dove si prevede l’inasprimento delle sanzioni (reclusione fino a quattro anni e multa) per l’occupazione di terreni o edifici e la possibilità di usare le intercettazioni per le indagini su questi reati. Insomma pene più severe anche per eventuali manifestanti che dovessero trattenersi in una area di cantiere come quella del TAV, oppure nei pressi di un’istallazione militare come il MOUS, esercitare un blocco stradale oppure una fabbrica occupata, una scuola, e così via. Possibilità di intercettarli senza limiti, possibilità di repressioni nuove e fantasiose nell’armamentario del potere.
Il comun denominatore di questi movimenti è un sacrosanto NO. No a tutto questo. Ma ciò non basta, è necessario ma non basta, come gli anni di lotte generose hanno dimostrato.
L’unica scelta da fare è necessariamente di classe, l’unica lotta che paga è la lotta di classe. Se non si individua con chiarezza il nemico contro cui combattere anche l’esercito più determinato è destinato alla sconfitta.
Il nemico non è la disonestà, l’incompetenza, il servilismo. Queste cose magari saranno più o meno sempre presenti in chi amministra in questa società, ma la sostanza è un’altra.
Anche il governo più integro, più competente, non potrà che fare gli interessi delle classi dominanti e tra queste quelle prevalenti nella scala gerarchica: i grandi monopoli nazionali e internazionali e la loro proiezione militare.
Il nemico è il capitalismo, è la logica del profitto, della sopraffazione, dello sfruttamento. Fino a quando questa società non verrà ribaltata avremo sempre i tradimenti, le delusioni.
Il cambiamento è uno solo: il socialismo