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I meriti della Rivoluzione socialista a Cuba

Fidel Castro*

Cari compagni,

Molte volte ho detto che sarò breve e non lo compio quasi mai (risate e applausi), e, sebbene in un’occasione come questa si possono evocare tante cose, dico che sarò breve e cercherò di compierlo. Una parte di noi deve aver sentito lo stesso ricordando il giorno in cui nacquero i CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione, organizzazione di masse, N.d.T.) quasi, quasi a questa stessa ora, un po’ più presto, 40 anni fa, e quante cose succedono in 40 anni, ma quanto diversi erano quei tempi. In una manifestazione massiva davanti all’antico Palazzo (si riferisce all’antico Palazzo Presidenziale N.d.T.), sorge l’idea dei Comitati di Difesa come un’ispirazione subita di fronte all’esplosione di quattro bombe: una qui, l’altra là, quello sembrava un bombardamento, e domandai: Chi sono coloro che mettono queste bombe e perché possono farlo? Era l’epoca in cui esistevano 300 organizzazioni controrivoluzionarie, create da quelli che voi conoscete. Dissi: Come è possibile, se tutto il popolo appoggia la Rivoluzione, che possano muoversi con tale libertà e collocare persino quattro bombe in solo alcuni minuti?Non fu questa l’unica cosa grave o seria che fecero. In quello stesso luogo dove si crearono i CDR avevano organizzato altre cose, tra cui un appartamento pieno di bazooka, mitragliatrici e tutto per cercare di eliminare lì la metà dei dirigenti rivoluzionari, e per un pelo non ci riuscirono, comunque non raggiunsero lo scopo.

In quell’epoca trionfava la Rivoluzione, non esisteva organizzazione –il nostro piccolo esercito si era praticamente disciolto in una folla di nuovi combattenti che occuparono le armi, occuparono le caserme, e chenel giro di qualche settimana crebbe fino a 40 000 uomini, diciamo che crebbe dieci volte ilnostro esercito -, la folla per le strade, la situazione era caotica. La cosa peggiore però era che c’era da fare tutto. I nostri problemi allora erano il 30% degli analfabeti, la mancanza di scuole, la mancanza di assistenza medica, la mancanza di previdenza sociale, di impiego, il necessario ricupero dei beni di quelli che ci avevano rubato durante sette anni. Una volta dissi che la data di riferimento era quella del 10 marzo 1952, data del colpo di Stato, perché se avessimo considerato anche gli anni precedenti avremmo dovuto confiscare la metà della Repubblica, e, in realtà, in quei momenti iniziali della Rivoluzione, non volevamo applicare le misure di ricupero come avremmo potuto farlo, a partire dalla creazione di quella caricatura di repubblica nel 1902, perché credo che avremmo dovuto confiscare persino alcuni bisnipoti.Ci fu quello che in quell’epoca chiamammo un’amnistia nei – confronti di quanto avvenne prima del 10 marzo. Ovviamente non ci danneggiò un granché , perché non ci volle molto tempo prima che tanti di quei ladri viaggiassero a Miami, lasciandoci in eredità tutto quanto avevano rubato; altri, le cui ricchezze avevano un’altra origine, partirono anche, pensando che sarebbero ritornati fra cinque o sei mesi, tutt’al più dopo un anno. Come avrebbero potuto immaginare loro il futuro? Loro solo vedevano un gruppo di pazzi facendo delle cose accanto a un vicino tanto potente, e quindi tale situazione non poteva durare molto tempo. Ebbene, anche essi ci lasciarono in eredità una grande quantità di beni, fermo restando le leggi di Riforma Urbana, di Riforma Agraria e tante altre misure rivoluzionarie disposte in quei giorni. Tuttavia, quante scuole aveva il paese? Quanti maestri? Sapevamo che c’erano 10 000 disoccupati e una percentuale altissima di bambini che non avevano maestri né scuole.

Sin dal primo momento cominciò la politica yankee di privare il paese di professionisti, di medici, di maestri, di professori, ecc. centinaia di migliaia di persone che sognavano con l’opportunità di viaggiare negli Stati Uniti per trovare un impiego o per vivere in condizioni di vita molto migliori di quelle a cui potevano aspirare nel nostro paese o di quelle che poteva offrire il nostro paese in quei tempi. Erano tempi anche in cui entravano di contrabbando decine di migliaia di automobili ogni anno, li compravano là di seconda mano, a prezzi bassissimi, 300 o 400 dollari, e li vendevano qui in 1 500 o 2 000 dollari; ipotecavano il paese con una enorme quantità di necessità: di combustibile, pezzi di ricambio, ecc. Menziono questi dati perché quella sera del 28 settembre 1960 questo era il panorama regnante, oltre le minacce che cominciarono subito, le bande armate, il reclutamento di mercenari per invadere il paese, e qualcosa che non mancò mai: l’abbattimento di qualsiasi governo progressista o rivoluzionario in questo emisfero, come avvenne in Guatemala e in tanti altri luoghi. Era quanto avevamo, e così, quella notte, tra le tante cose che sono accadute nei primi anni della Rivoluzione e che accadono ancora, i Comitati di Difesa della Rivoluzione nacquero come un’idea, una scintilla mentale, un’ispirazione, perché il rivoluzionario deve fare anche le veci di decimista (cantautore di decima, composizioni poetiche improvvisate su un argomento generalmente suggerito nel momento dal pubblico N. d. T.) cui tanto ammiriamo. Loro trovano la parola esatta, precisa, per esprimere un’idea, e la Rivoluzione ci ha fatto tutti, in parte, dei decimistas: di fronte a problemi nuovi, la necessità di cercare, di trovare – e molte volte in modo immediato – delle soluzioni, anche se noi in realtà non lottavamo contro dei problemi nuovi, lottavamo contro dei vecchi problemi, vecchie ricette, quelle che era solito impiegare l’imperialismo ovunque.

A Cuba, prima, la sua guerra d’intervento, imperialista, dopo un mucchio di anni facendo tutto il possibile per impedire l’indipendenza di Cuba, catturando armi, navi, intervengono opportunisticamente in una guerra nella quale non avevano avversari. Coloro che conoscano la storia della flottiglia di Cervera (ammiraglio spagnolo a capo della flottiglia spagnola inviata per difendere l’isola durante la Guerra Ispana Cubana Americana nel 1898 e che fu distrutta dalle forze d’intervento nordamericane, N.d.T.), che aveva persino alcune macchine delle sue migliori navi rotte, dei cannoni nuovi senza montare, inviano la flottiglia anche senza carboniera. Le navi in tutto il mondo, persino oggi, a eccezione dei sottomarini o delle portaerei nucleari, portano delle navi per il rifornimento di combustibile, e quei signori, tanto sperimentati guerrieri, i politici che dirigevano quel paese, o quella metropoli, inviarono quella flottiglia senza una nave che la rifornisse di carbone. Fu tutto improvvisato, errato, si chiusero lì , nella baia di Santiago de Cuba; dopo gli diedero l’ordine suicida di uscire, quando potevano aver fatto tante altre cose con i cannoni della flottiglia e con la fanteria di marina che era con essa difendendo la città di Santiago di Cuba. Di fronte alla stretta uscita della baia, tutta la squadra yankee, con artiglieria superiore, blindaggio incomparabilmente più grosso, più forte, semplicemente fucilò, ad una ad una, tutte quelle navi, che compirono l’ordine con grande coraggio, grande stoicismo, con ammirevole valentia ed eroismo.

Quella guerra non costava niente ai nordamericani. L’Ejército Libertador (esercito indipendentista cubano, N.d.T.) aiutò loro a sbarcare, cooperò con loro, combatté con loro nella presa del forte El Caney, di El Viso e dopo nella collina San Juan; morirono molti cubani in quei combattimenti e, in premio a tutto ciò, non li lasciarono nemmeno entrare a Santiago de Cuba. Quello che fecero nella storia del nostro paese fu orribile, e, oltretutto, s’impossessarono di quanto c’era.

Lo stesso fecero durante quello stesso secolo, lo fecero a Santo Domingo, ad Haiti, in Nicaragua, lo fecero ovunque venne loro voglia, e più di una volta. Lo hanno fatto anche dopo il Trionfo della Rivoluzione Cubana nel 1959: sono intervenuti a Santo Domingo, quando era sul punto di trionfare una rivoluzione; invasero Granada perché gli andava di farlo, con il pretesto che c’erano studenti nordamericani in ipotetico pericolo e così si presero la rivincita di una azione subita nell’Oriente Medio credo che nel Libano e che causò la morte di un numero di marines nordamericani. Loro presero la rivincita contro l’isola di Granada; intervennero dopo in Panama; organizzarono la guerra sporca contro Nicaragua; appoggiarono un regime molto duro, un governo molto sanguinoso in un altro paese di Centroamerica, che fu El Salvador; intervennero nella guerra di Guatemala: intervennero ovunque.

Nel caso nostro, ci invasero da Girón; (Baia dei Porci, N. d. T.), ci bloccarono sin dal primo momento, furono sul punto di provocare realmente una guerra nucleare. Ci fu il pericolo reale dell’esplosione di una guerra di questo tipo, come conseguenza della politica prepotente che esercitavano da prima della Prima Guerra Mondiale e dopo la Seconda Guerra Mondiale, e più ricchi e potenti erano, più proclivi si manifestavano nei confronti dell’intervento armato. In Viet Nam tutti sappiamo cosa hanno fatto, fu qualcosa che costò la vita di 4 milioni di vietnamiti, e come questo un mucchio di interventi armati in molte parti del mondo. Stavamo lottando contro dei mali antichi. Mi sembra che la cosa notevole della storia della nostra Rivoluzione è aver resistito tutti i tentativi di distruggerla, e, in questo senso, quel giorno in cui si fondarono i Comitati di Difesa della Rivoluzione fu un giorno veramente storico.

Qualunque persona capisce che i nostri compiti allora erano altri e che non era quella la situazione attuale, non era il mondo d’oggi. Allora c’erano due superpotenze molto forti, le tecnologie erano meno sviluppate, non esisteva Internet, né esisteva l’informatica, non esisteva niente di ciò; la televisione appena cominciava a funzionare, non esisteva un mondo globalizzato o un sistema mondiale dove predomina la globalizzazione neoliberale e l’impero dal punto di vista politico, economico, militare, tecnologico e culturale, tanto per chiamare cultura il veleno che diffondono nel mondo, non aveva l’immenso potere d’oggi.

Oggi è molto più potente, il mondo è diverso. Queste sono le nuove condizioni in cui il nostro popolo e la nostra Rivoluzione devono portare a termine la lotta. E’ forse più difficile? No, non è difficile. Più difficile era quando la media di scolarità della nostra popolazione era di…che ne so, dire una terza o quarta classe mi sembra troppo. Nessuno ha fatto uno studio profondo, e qualcuno dovrebbe farlo, di quanti cittadini in questo paese, in quel tempo, avevano la licenza elementare. Io sono convinto – non ho fatto i calcoli con assoluta precisione – che nel nostro paese ci sono più laureati adesso che licenziati elementari prima del trionfo della Rivoluzione. Non c’era un’educazione generale, nemmeno c’era un’educazione politica, non esisteva una cultura politica, e, in quelle condizioni, nascono i Comitati di Difesa della Rivoluzione; e queste di adesso sono le nuove condizioni in cui devono lottare i Comitati di Difesa della Rivoluzione, tutte le organizzazioni di masse e tutto il nostro popolo. Sono condizioni molto diverse. Un giorno dovrà parlarsi, in modo ampio, di come è stata possibile la prodezza di questo popolo di resistere i 40 anni. Contino (Presidente dei CDR, N.d.T.) parlava di quattro decenni; però tra quei quattro decenni, ce n’è uno molto difficile, il primo o i primi anni del primo decennio; e ce n’è un altro che è stato, a nostro avviso, quello più difficile: l’ultimo dei quattro, quello appena trascorso.

Cosa abbiamo oggi? Oggi abbiamo una popolazione con nove classi, minimo, oggi abbiamo circa 700 000 professionisti, abbiamo scuole persino nei luoghi più sperduti del paese. E’ sufficiente dire che ci sono 600 piccole scuole con cinque o meno allievi, e un maestro; vale a dire non c’è un angolo della repubblica senza una piccola scuola e senza un maestro. Adesso stiamo cercando di risolvere i piccoli problemi che significano 1 962 scuole isolate senza elettricità. Quante scuole elementari ci sono? Di circa 9 000 scuole elementari, 1962 si trovano in luoghi tanto isolati che, sebbene abbiamo elettrificato il novanta e tanto percento del paese, sono ancora senza elettricità. Certo, con molto pochi allievi. Il totale di allievi di quelle scuole è 30 000, stiamo installando l’elettricità in 300 di esse, e queste 300, che sono le più grandi, riceveranno 11 000 allievi; resteranno 19 000 allievi senza elettricità per usare gli apparecchi di televisione e video. Tuttavia, hanno ricevuto invece letteratura speciale, e fra qualche tempo, mediante cellule fotovoltaiche, avranno sufficiente elettricità per il televisore, il video, e due lampadine fluorescenti. Proteggendo la natura, non spenderemo nemmeno un centesimo in combustibile, e cominceremo a portare una nuova tecnica a molti angoli del paese, e a eccezione dei 19 000 menzionati, ci saranno circa 2 400 000 allievi con elettricità e con i mezzi visivi per l’istruzione.

Confrontate questo con la situazione che c’era prima. Non c’erano maestri, 10 000 erano senza impiego. Creammo 10 000 posti e non potemmo coprirli tutti, perché non tutti i maestri disoccupati erano preparati per andare nelle montagne a insegnare, in luoghi sperduti; c’era anche l’attrattivo degli Stati Uniti che offriva dei visti a tutti i maestri e professori che volevano partire, e, in quel tempo, tra l’alternativa di andare nelle montagne di Baracoa, Segundo Frente, la Sierra Maestra, o andare a Miami, una parte di quelli che erano stati formati in quella società il cui principio non era la solidarietà, ma l’individualismo, scelsero l’ultima. I 10 000 posti creati sarebbero bastati; però non c’era personale. Avanti a improvvisare dei maestri, studenti di liceo per farli diventare maestri, professori mediante corsi rapidi. E quelli risposero, eccome. C’era ancora da fare la Campagna di Alfabetizzazione. Questa è una delle grandi prodezze, credo mai realizzata da nessun altro paese, e fu realizzata fondamentalmente dagli studenti, 100 000 studenti, persone che in modo volontario si offrirono e i maestri elementari e della media di cui disponevamo allora, che erano 25 000 o 30 000, non posso affermarlo con certezza, qualcuno potrebbe indagare un po’ su tutti questi dati, e nel mezzo della Campagna di Alfabetizzazione le bande armate per tutto il paese, e, inoltre, l’invasione di Girón. Le bande erano state fortemente colpite nell’Escambray (zona montuosa del centro dell’isola, N.d.T.) alcuni mesi prima di Girón, prevedendo il fatto di Girón. L’invasione di Girón nel mezzo della Campagna. Noi comprendemmo che i giovani erano più sicuri in campagna e nelle montagne che qui nella capitale, se c’era un’invasione in grande scala, una guerra.

Tutte quelle cose dovettero affrontare i Comitati di Difesa della Rivoluzione, la Federazione di Donne Cubane, l’Unione di Giovani Comunisti, il Partito che si stava organizzando; perché il nostro Partito fu la fusione di varie organizzazioni rivoluzionarie, di giovani, di membri del Partito Socialista Popolare -antico partito-, i militanti e simpatizzanti del Movimento 26 Luglio e del Direttorio Rivoluzionario. Con loro si fece l’unità e si creò la prima direzione; però i militanti erano ancora da formare. Ci furono problemi di settarismo; ci furono errori, errori che sono inevitabili. Ricordo che i Comitati di Difesa della Rivoluzione, creati pubblicamente, cominciarono ad essere organizzati in modo clandestino – sono sicuro che quasi nessuno si ricorda ormai di questo -, pero un’organizzazione di masse clandestina era pazzesco. In realtà fu conseguenza degli errori di alcuni compagni e noi dicemmo: Ma come, sarà un’organizzazione clandestina? Impossibile! Lo stesso Partito si organizzava quasi clandestino, fino a che si stabilì il metodo di consultare con le masse l’incorporazione di ogni militante. Come vi dissi, ci fu un periodo di settarismo, tutti questi vizi ebbero luogo, e in tutte le rivoluzioni succedono queste cose; tuttavia, fortunatamente, vennero superate.

I sindacati acquisirono una grande unità, grande forza. I sindacati che c’erano quando trionfò la Rivoluzione erano sindacati guidati da mujalistas che erano dirigenti ufficiali; durarono poco tempo perché credo che scomparirono lo stesso giorno 1º Gennaio, quando da Palma Soriano (città dell’oriente del paese, N.d.T.) si fece un appello allo sciopero generale rivoluzionario, si paralizzò l’intero paese, e persino i lavoratori della radio si collegarono a Radio Rebelde (radio dell’esercito ribelle, N.d.T.). A partire dal giorno 1º gennaio ci fu soltanto una stazione radio, Radio Rebelde, trasmettendo a tutto il paese, quando la situazione nella capitale non si era ancora definita, le ultime manovre dell’imperialismo per evitare la Rivoluzione; però la risposta fu fulminante, lo sciopero generale, l’ordine dato a tutte le colonne di avanzare senza cessare il fuoco diede luogo a che in 72 ore fossero occupate tutte le caserme del paese. Non c’era alcuna possibilità.

Da allora stanno cercando di trovare una chance, costantemente una nuova chance; però sono passati 40 anni e ogni giorno, vi assicuro, hanno meno chance (Applausi). Oserei dire che meno possibilità che mai, per quello che abbiamo adesso. E’ molto serio, e non precisamente nel campo delle ricchezze materiali, ma nel campo della ricchezza che è essenziale per qualunque cambiamento, per qualsiasi rivoluzione, specialmente per una rivoluzione profonda, per una grande rivoluzione, come quella in cui si è trasformata la nostra modesta Rivoluzione trionfante il Primo Gennaio.

In quel momento era una modesta Rivoluzione, realizzata con modestissime risorse, e con una storia conosciuta da tutti voi. La guerra durò meno di 24 mesi, se scontiamo la dispersione di Alegria de Pío (prima battaglia di Fidel Castro e i suoi uomini appena sbarcati dal Gramma dopodiché rimasero in pochi, N.d.T.) e i problemi che subimmo fino a raggiungere la capacità di sopravvivenza, e più che altro non a causa della nostra forza, ma a causa del nostro addestramento, la nostra conoscenza delle montagne e per l’apprendimento accelerato di ogni giorno, perché prima fummo sette, dopo fummo un po’ di più, arrivammo ad essere 17 nel primo combattimento -17 fucili almeno-, ritornammo ad essere pochi, subimmo più di una dispersione e ritornammo ad unirci. In un momento determinato fummo ridotti ancora a 12 e dopo crescemmo di nuovo, e superate tutte queste difficoltà, acquistammo l’esperienza necessaria perché non potessero sconfiggerci, anche se eravamo molto pochi.

Dico che con modeste risorse si fece una modesta Rivoluzione che continuò lottando, continuò guadagnando esperienze, continuò acquistando dimensione per arrivare a ciò che è oggi. Oggi non è un popolo analfabeta perché ha come media nove classi, questo riguardo al livello scolastico; nei confronti della cultura politica, potremmo definirlo come il primo della classe con i voti massimi. Diciamo che non siamo l’unico, ci sono altri paesi che hanno fatto grandi prodezze; sono qui presenti i rappresentanti della nostra carissima sorella, la Repubblica Socialista dei Viet Nam (Applausi), che tanto contribuì con la sua lotta e la sua vittoria anche alla sicurezza del nostro paese.

Sì, perché i governi degli Stati Uniti, dopo la Crisi di Ottobre (la crisi dei missili, N.d.T.), dopo che il mondo fu sull’orlo di una guerra nucleare, si imbarcarono nella guerra contro il Viet Nam, commisero una grande pazzia, che gli costò oltre 50 000 vite; però, al tempo stesso, costò la vita di almeno 4 milioni di vietnamiti, in più coloro che rimasero invalidi, e coloro che si ammalarono a conseguenza delle sofferenze di quella guerra e dell’uso di prodotti chimici, ecc. Tuttavia, potremmo dire, se si tratta di una Rivoluzione qui, a 90 miglia degli Stati Uniti e nel cuore di un emisfero che loro dominarono sempre, e nel cuore di Occidente, che la nostra Rivoluzione in cultura politica ottiene i massimi voti.

Qualunque persona direbbe che siamo contenti di quello che conosce oggi il nostro popolo, che siamo soddisfatti della sua cultura politica; no, parlo di ciò che si raggiunse in momenti decisivi della sua storia. Bisogna riferire queste cose, bisogna menzionare alcuni avvenimenti, bisogna parlare di tutte le organizzazioni di masse, del nostro Partito, della nostra gioventù per poter capire perché il paese poté resistere quei quattro decenni, perché il paese poté arrivare a questo 40 anniversario della fondazione dei Comitati di Difesa della Rivoluzione.

E sono diverse le tappe vissute. Quando furono sconfitte le bande armate e le 300 organizzazioni controrivoluzionarie furono neutralizzate; quando fu schiacciata l’invasione di Girón; quando il paese, con fermezza, resistette i rischi della crisi nucleare, e quando ancora dopo una supposta soluzione ci rifiutammo di accettare l’ispezione al nostro paese o qualcosa di simile, o che gli aerei degli Stati Uniti sorvolassero in volo radente il nostro paese, o di smobilitare le nostre forze, dopo tutto questo e dopo il grande spavento di molti dei nostri stessi avversari, allora godemmo di un periodo un po’ più calmo. Tuttavia, furono necessari ancora degli anni prima di eliminare l’ultima banda; si può dire che siamo l’unico paese rivoluzionario che è riuscito a eliminare tutte le bande armate al servizio dell’imperialismo, si prenda atto di questo. Tra altri fattori, i metodi adoperati, il tipo di lotta, l’uso unicamente di combattenti volontari in quella lotta, perché tutti erano volontari, come nelle missioni internazionaliste, ci permisero di vincere e di spazzare tutto quello.

Per anni continuarono gli attacchi pirati che provenivano da diversi luoghi, da navi madri, attacchi attraverso un porto o un altro, o ancora per un altro, l’introduzione di esplosivi, di armi, sabotaggi, negozi incendiati, fabbriche distrutte, decine di vittime, centinaia di vittime, soltanto le bande armate ci causarono più di 400. Morirono più combattenti cubani nelle lotte contro le bande di quelli che morirono nei combattimenti che diedero luogo alla vittoria dell’Esercito Ribelle; perché nell’ultima offensiva dell’esercito di Batista contro la Sierra Maestra furono meno di 50 le perdite mortali tra i combattenti ribelli, e nella nostra ultima offensiva contro Santiago de Cuba, le due maggiori operazioni che facemmo, con una certa massa di combattenti, morirono meno di 50. Il calcolo esatto non ce l’ho con me; non prendo in conto gli assassinati, mi riferisco ai morti in combattimento, e morirono di più nelle lotte contro le bande che quanti ne morirono durante tutto il tempo che durò la nostra guerra.

Durante un mucchio di anni fecero questo, e, ovviamente, anche il ferreo blocco. Pescherecci sequestrati, navi per il trasporto di merce attaccate, tentativi di sabotare il nostro zucchero, eliminazione di mercati, cannonate alle navi che andavano e venivano, e una ferrea guerra economica. Piani di attentati, non vale la pena parlarne, ci prenderebbe molto tempo e vi dissi che sarei stato breve (risate).

Ebbene, tutta quella storia la Rivoluzione la resistette, tutta quella politica; Però, la più difficile è stata questa ultima, è stata quella che ci colpì forte: il periodo speciale, perché il periodo speciale creò delle condizioni molto difficili. Fu preceduto da un bombardamento ideologico, di qualcosa che proveniva dallo “spirito santo”. Utilizzo il termine religioso perché mi è sembrato quello più adatto per spiegare da dove proveniva il bombardamento. Quel bombardamento proveniva nientemeno che dall’Unione Sovietica negli anni 80. Dico dallo spirito santo perché erano considerate delle verità supreme, non suscettibili di essere messe in dubbio, infallibili.

L’URSS svolse un ruolo molto importante nella nostra Rivoluzione, dopo un trionfo popolare a Cuba che nemmeno immaginò mai, e ci offrì dopo un aiuto decisivo. Se noi avessimo dovuto soffrire un periodo speciale nei primi momenti – anni 60, 61, 62, 63 -, quando oltre il petrolio ci tolsero le forniture, i mercati, ci tolsero tutto, questo paese non sarebbe stato preparato per resistere un blocco tanto feroce. Questo paese vi posso assicurare che era preparato per combattere e per morire. Noi saremmo stati un Viet Nam, avremmo dovuto sopportare un intervento yankee che sarebbe stato sconfitto, nessuno abbia dei dubbi a riguardo, perché ormai avevamo centinaia di migliaia di uomini sulle armi, e provenivamo non dalle accademie, ma dalle montagne, che furono la nostra scuola e la gente sapeva lottare, era ispirata nella sua esperienza combattiva della guerra irregolare. Questa esperienza proveniva dal secolo scorso, perché contro l’esercito più potente di allora combatté il nostro popolo, con il machete, dal 1868.

Posso assicurarvi che a questo paese non lo avrebbe potuto sconfiggere un’invasione degli Stati Uniti, le loro truppe avrebbero dovuto ritirarsi ad un costo considerevole o avrebbero dovuto eliminare fino all’ultimo patriota. La fortuna del nostro paese fu che non fecero in tempo quando distruggemmo la loro forza mercenaria, proprio in faccia ad una flottiglia con portaerei e tutto, distruggendola in 68 ore, in modo tale che quando gli diedero l’ordine di appoggiare, ormai non c’era nessuno da appoggiare. Ma se loro avessero preso quel lembo di spiaggia, avrebbero iniziato una guerra di logoramento contro il nostro paese e avremmo avuto un Viet Nam nel 1961. Centinaia di migliaia di vite si sarebbero perse, sono certo, perché conosco i cubani, conosco i ribelli, e non si arrendono, lottano, e lottano ancora, hanno immaginazione, hanno spirito creativo, tutto il coraggio necessario, ed erano già state create le condizioni nel terreno politico e militare se si produceva un’invasione diretta, tuttavia, in realtà, non esistevano le condizioni per trionfare da soli nel terreno economico.

Avviene il periodo speciale 30 anni dopo il trionfo della Rivoluzione, quando molte cose del passato erano già scomparse. Ormai avevamo acquisito la cultura politica che ci permetteva di resistere un periodo speciale in tempo di pace. Nei primi mesi della Rivoluzione non c’era una cultura socialista. Il nostro popolo aveva più un intuito di classe che una coscienza di classe; odiava il furto, la corruzione, odiava la povertà, odiava la disuguaglianza, odiava l’ingiustizia.

Le leggi rivoluzionarie furono il fattore fondamentale che contribuì a trasformare una coscienza politica saturata di tutto il veleno del maccartismo e della propaganda anticomunista di un mucchio di anni sul nostro popolo, e da una dipendenza che superava ormai il mezzo secolo; da quando sbarcarono e occuparono la nostra patria nel 1898, formarono i maestri là, scrissero una storia di Cuba in cui presentavano il nostro paese liberato dagli Stati Uniti e cominciò la “nordamericazzione” di Cuba attraverso tutte le vie possibili. Mediante la scuola, attraverso i mass media di allora fecero credere a molta gente in questa isola che gli Stati Uniti erano i salvatori.

Chi parlerebbe loro di imperialismo? Nemmeno Lenin aveva ancora scritto il suo libro sull’imperialismo. Lenin prende come modello quella guerra del 1898 e si riferisce ad essa come la prima guerra imperialista nel senso moderno della parola. Si impossessarono di tutto: di Cuba, di Porto Rico, delle Filippine, consolidarono il loro dominio sull’emisfero, occuparono direttamente Cuba durante quattro anni, disarticolarono l’Ejército Libertador, sciolsero il Partito Rivoluzionario di Martí e portarono qui le loro ricette che tanto sono costate a noi cubani e a tutti gli altri popoli dell’America Latina. Noi, per fortuna, siamo già liberi dalle ricette dell’imperialismo; ricette che vorrebbero riportare qui, e che non potranno riportare mai più (Applausi).

L’opera della Rivoluzione, in più la predica della Rivoluzione, e l’esempio della Rivoluzione fu creando una coscienza politica socialista, comunista. In quei tempi previ al trionfo del 1959, menzionare la parola comunista era come menzionare l’inferno, come menzionare tutti i demoni insieme, quella parola che comprendeva in sé l’etica più pura, i sentimenti umani più avanzati.

Si possono studiare le religioni, si può studiare il cristianesimo, e si troverà che già in quell’epoca, 2 000 anni fa, in società assolutamente diverse e sotto l’impero romano, ci fu chi pensò in quello che chiamarono amore verso il prossimo, nel fare del bene agli altri, sentimenti di solidarietà con il povero. Spesso ho citato come esempio lo stesso fondatore del cristianesimo, che non cercò dei latifondisti, né commercianti per fondare una dottrina, cercò dei pescatori che non sapevano leggere né scrivere.

Era in realtà una predica umana. Con questo non sto contraddicendo nessun sentimento o criterio religioso diverso, mi limito, usando il nostro linguaggio, a dire che era, a partire da un sentimento religioso, una predica profondamente umana; tuttavia, è il marxismo, è il socialismo, è il comunismo quello che, partendo da una conoscenza profonda del sistema capitalista e da un’analisi storica, economica e sociale dello sfruttamento del uomo dall’uomo lungo la sua esistenza, porta al più alto grado lo spirito umanista, lo spirito di solidarietà tra gli uomini e lo spirito internazionalista tra i popoli.

Duemila anni fa non poteva sorgere qualcosa di simile. Sorge il pensiero marxista con la classe operaia che si sviluppa nei paesi occidentali e si concepisce già, sin dal primo momento, come qualcosa inseparabile dall’internazionalismo, perché non era possibile l’esistenza del socialismo e del comunismo senza l’internazionalismo. Parte dalla premessa di un mondo sviluppato, con un’elevatissima capacità delle forze produttive che permetterebbero di creare le ricchezze sufficienti per alimentare, vestire, dare scarpe e creare le condizioni di vita necessarie all’uomo, e non solo di vita materiale – questo è un punto molto importante -, ma anche di vita spirituale, ricchezza spirituale per l’umanità di allora che raggiungerebbe approssimativamente il miliardo di abitanti.

Non si conoscevano molti problemi di oggi; in quell’epoca si pensava che la limitazione per la sorgente di ricchezze in grado di soddisfare le necessità dell’uomo era sociale e non materiale. Non avevano ancora scoperto l’uso del petrolio, né si erano sviluppate le favolose tecnologie che oggi esistono. Se Marx avesse conosciuto tali tecnologie, sarebbe stato ancora più marxista e più comunista, perché i progressi della scienza e della tecnologia rendono possibile la concezione di quella sorgente di ricchezze in grado di soddisfare necessità come quelle degli alimenti, le scarpe, il vestito, l’abitazione, l’istruzione, l’attenzione medica, la ricreazione, la cultura e altre perfettamente accessibili all’uomo.

Nell’epoca di Marx non esisteva l’automobile, né esistevano molti dei prodotti odierni. Mi riferisco all’automobile perché credo che è uno degli strumenti che, in possesso delle società capitalistiche, si sono trasformati in uno dei fattori fondamentali dell’esaurimento dell’ambiente e delle risorse naturali.

Lo sviluppo tecnologico fu usato dal capitalismo per sfruttare di più i popoli con minore sviluppo e per sfruttare di più i popoli che furono colonie quasi fino alla metà di questo secolo, e che poi furono trasformati in neocolonie e oggi in qualcosa di peggio delle colonie e delle neocolonie. La tecnologia fu utilizzata come strumento di dominazione. La tecnologia militare, ad esempio, tra guerra e guerra imperialistica acquistava ogni volta maggiore sviluppo, finché produssero l’arma nucleare, e molte di queste armi moderne, come le armi intelligenti che non esistevano agli inizi di questo secolo, le usarono per imporsi.

Le tecnologie di uso civile, come l’industria meccanica, l’elettricità, le comunicazioni, l’energetica, semplicemente tutto, servirono a creare le società di consumo, con cui, a mio avviso, hanno introdotto nella storia dell’umanità, uno degli elementi più pericolosi e aggressivi contro le risorse naturali e contro l’ambiente indispensabile alla sopravvivenza della specie umana.

E’ vero che i fertilizzanti permisero di ricuperare la capacità produttiva delle terre vergini, di accrescere la produttività per ettaro; i progressi della genetica tradizionale permisero anche di sviluppare delle varietà di piante con molto più rendimento; i trattori e i macchinari permisero di elevare in modo considerevole la produttività del lavoro agricolo. Vale a dire, l’umanità fu creando gli strumenti adeguati per soddisfare le necessità indispensabili dell’uomo.

Se si concepisce il benessere dell’uomo come la somma delle ricchezze materiali necessarie ad una vita materiale degna, che si conosce in che consistono, e la creazione illimitata di ricchezze culturali e spirituali, penso che questa è l’unica concezione che possa avanzare verso l’idea razionale di come deve essere il mondo dell’avvenire.

Le ricchezze spirituali si sottovalutano, perché le società di consumo tendono alla sottovalutazione assoluta di tutto quanto non siano i beni materiali di lusso. Ci sono case che hanno cinque televisori, famiglie che hanno sei automobili e cose simili.

La ricchezza spirituale e il suo pregio li vediamo continuamente. Questo che abbiamo goduto oggi qui si chiama ricchezza spirituale. Nella poesia di Neruda, che per me è stata una sorpresa piacevolissima, mi è parso di vedere un profeta, per quello che scrisse nel 1960 su questo anno 2000, e gli darei interamente la ragione. Se fosse stato nel 30 anniversario non si sarebbe ancora adempito, se fosse stato prima di questo periodo speciale, se fosse stato 20 anni fa, nemmeno, però oggi dico di sì, perché siamo alle soglie di un’epoca per Cuba come quella che pareva sognò Neruda quel giorno (Applausi). Tuttavia, per non essere esagerato in senso contrario al suo valore, dirò che siamo alle soglie di una tappa che nemmeno Neruda avrebbe potuto sognare quel giorno (Applausi). Lo dico e lo posso anche dimostrare.

Quando Neruda scrisse questa poesia non poteva immaginare che questo paese resisterebbe quarantun anni e mezzo di blocco, tutto l’arsenale di procedimenti sporchi che ha creato l’impero lungo la sua storia, e, inoltre, un periodo speciale; che non è lo stesso un periodo speciale quando solo la metà della popolazione aveva elettricità e quasi nessuno aveva più di una radio o qualcosa di simile – né disponeva massivamente di televisori, né di molti articoli elettrodomestici come lavatrici, e tante altre cose -, che quando viene un periodo speciale e rimane senza combustibile un paese dove oltre il 90% delle abitazioni erano elettrificate e dove c’erano milioni e milioni di radio, televisori, lavatrici, ferri da stiro elettrici, ecc.

Ricordo che a casa mia non ci fu elettricità durante molto tempo, e non ci fu mai elettricità sufficiente per un ferro da stiro, perché quella che c’era bastava soltanto per il televisore -quando ci fu, perché io non conobbi lì il televisore – e la radio, che era ben monopolizzata e amministrata da mio padre, che non permetteva che l’accendessero troppo, e aveva ragione perché così durava di più, e io dovevo accenderlo quando ormai tutti si erano coricati, per ascoltare il baseball o per leggere (Risate e applausi).

Ferro da stiro non ci fu mai a casa mia, pur essendo mio padre padrone di una bella quantità di terra, e avendone un’altra bella quantità in affitto; aveva guadagni, c’era di tutto lì, ed eravamo a quattro chilometri dello zuccherificio più vicino, che era quello di Marcané – come veniva chiamato allora -, oggi “Loynaz Hechevarria”, e con tutta giustizia, in memoria di quel leader operaio, comunista, di quello zuccherificio, assassinato dalla tirannia. E così a casa mia non si conobbe il ferro da stiro elettrico.

Quale famiglia 30 anni dopo il trionfo della Rivoluzione non aveva un ferro da stiro elettrico nelle città, in campagna, in qualunque parte; un ventilatore, un televisore, e un mucchio di oggetti elettrodomestici, nonché lampadine, ecc.? Andare dall’oscurità verso la luce è facile, ma andare dalla luce verso l’oscurità è terribile (risate e applausi).

Ormai sto cominciando a non adempiere la mia parola (Risate).

Non ho parlato dei frigoriferi. Quando, appena iniziato il periodo speciale si produceva un black out di quelli di 14 ore, si scongelava tutto e si corrompeva una parte delle modeste quantità di alimenti che potevano esserci nei frigoriferi.

I televisori si spensero anche, tutto si spense; erano in bianco e nero, consumavano 180 watt e non avevano pezzi; quello che c’è oggi in tutte le scuole ne consuma 80, e di 20 pollici e a colore.

Sì, sappiamo quanto soffrì la fornitura di beni materiali alla popolazione. Persino le scarpe, per non parlare poi del dentifricio, degli spazzolini da denti, del sapone; per non parlare di quote che furono ridotte considerevolmente, e non per capriccio ma perché non c’era da dare; senza mercato e senza valuta, senza niente, soprattutto nei primi quattro o cinque anni.

Il paese affronta il periodo speciale in condizioni in cui avevamo raggiunto determinati livelli di comodità materiale che crollarono in modo subito. Si affronta il periodo speciale e subitamente il paese cade sotto un doppio blocco. Quale? Quello dei yankee e la scomparsa del mercato di tutto il campo socialista europeo, delle forniture e del mercato dell’URSS prima, e poi della Russia.

In pratica, si interruppe il commercio con tutti. Qualche interscambio di zucchero per petrolio, però lo zucchero al prezzo del mercato mondiale, che era la terza parte del prezzo che aveva quando esisteva il campo socialista e quando esisteva l’URSS, si ridusse quasi a zero, finirono le forniture di pezzi di ricambi e di tante altre cose. In un paese come Cuba che aveva già meccanizzata l’agricoltura con 80 000 trattori – ne aveva 5 000 l’anno che trionfò la Rivoluzione -; che aveva già meccanizzato il taglio della canna da zucchero; il trasporto di essa non si faceva ormai con i buoi, ma con i camion, con dei carri scoperti trainati da trattori, c’erano macchine che l’alzavano e la caricavano, centri meccanizzati dove veniva pulita dalla paglia; produzioni elevate di latte, di uova, di carne di pollo e di maiale, fa molto male ricordare il colpo tanto forte subito e quanto si perdette in quella situazione.

L’Avana: 30 000 viaggi di autobus ogni giorno, si ridussero a 5 000 – dovemmo andare di corsa a chiedere un credito per acquistare biciclette; perché chiedemmo a Cina un credito per l’acquisto di un milione di biciclette per la capitale e dovemmo cominciare a usare la bicicletta; dovemmo trasferire lavoratori, dovemmo fare tante cose per risolvere i problemi. Come mantenere un litro di latte per i bambini fino ai sette anni; come ottenere il combustibile indispensabile per far funzionare le ambulanze e alcuni servizi.

Non si può concepire una situazione più terribile di quella che attraversò il nostro paese. Nessun altro paese di questo emisfero – per non parlare del resto del mondo – avrebbe resistito 15 giorni di periodo speciale. Anzi, un mese prima sarebbero crollati i governi, i sistemi, o quel che fosse, soltanto a causa di pensare cosa si avvicinava. Nessuno!

Tutti aspettavano il crollo della Rivoluzione in 24, 48 o 72 ore, due settimane, massimo tre mesi. A Miami stavano facendo le valige: già finito tutto! Vedevano che crollavano ad uno ad uno (i governi socialisti, N.d.T.) in Europa. E persino l’URSS, che era come dire: scomparirà il Sole.

Ebbene, sì signore, un giorno, l’alba ci sorprese senza il Sole. E’ una cosa molto strana, vero?, perché nella mente della gente c’era quello della prodezza sovietica, la prima rivoluzione, le sue guerre eroiche, l’intervento estero nella prima tappa rivoluzionaria, la Seconda Guerra Mondiale, i 20 milioni di morti, la sconfitta del fascismo, il cui peso fondamentale ricadde su quel paese. E lo dimostrano anche le matematiche, lo dimostra la storia, tutto lo dimostra. Non si può far credere a nessuno che furono alcune navicelle che arrivarono con determinate forniture quelle che salvarono la situazione. Sì, arrivarono alcune forniture, però quello non era niente. Qualunque persona che conosca i dati esatti, chi abbia letto bene la storia di quella terribile guerra e dei carri armati che fabbricarono, e come li fabbricarono, e di come producevano armi là nella Siberia, in mezzo al inverno, in officine senza tetto, sa con precisione come fu sconfitto il fascismo.

Oggi no, oggi questo non si menziona nemmeno. E non sto difendendo nessuno degli errori, perché io ero consapevole di molti di essi, di quelli che si commisero e si commettevano nell’URSS; però le prodezze fatte lì non le può minimizzare nessuno , e per questo aveva tanto prestigio quel paese.

Ricordo che nei primi anni della Rivoluzione cubana noi eravamo incaricati dei libri eroici: La strada di Volokolamsk, Gli uomini di Panfilov, Giorni e Notti, tutto quello; lo ricordo perché mi occupai personalmente di cercare di stampare tutti quei libri, era letteratura eroica e questo popolo aveva molto bisogno di letteratura eroica, giacché poteva venire un’invasione attraverso Girón, un’invasione diretta. La verità è che la letteratura eroica contribuì a formare coscienza, ma contribuì anche a pensare che tutta la verità proveniva da lì, tutta l’esperienza. C’era molto rispetto nel nostro popolo.

Da parte mia, devo dire che sentivo una grande ammirazione e rispetto, però un’ammirazione critica e un rispetto critico, e sempre fui restio a copiare meccanicamente le esperienze di altri paesi anche se positive. Perché studiai la storia di Cuba, e conosco della storia di Cuba tutto quanto fu fatto bene e gli errori che si commisero, e della Rivoluzione Francese, che fu la prima grande rivoluzione sociale dei tempi moderni, e di altre rivoluzioni.

Ebbene, è vero, un giorno vidi, a partire dalla distruzione della storia di quel paese che ci arrivava con quei libri, che cominciarono a trasformare in ceneri la storia, la dignità, l’onore di quel paese a cui stavano disarmando spiritualmente. Quel paese bisognava “ripararlo”, ma non distruggerlo. Ho il privilegio, perché non dirò il merito, volle il caso che due anni prima della scomparsa dell’URSS io lo dissi a Camaguey, nonostante il rischio che alcune persone pensarano che io avevo perso la testa, perché dire allora che se un giorno scomparisse l’URSS avremmo continuato a lottare e a costruire il socialismo, significava due cose: prima, che vedevamo il pericolo; seconda, che avevamo fiducia nel nostro popolo, che anche in quelle difficili condizioni eravamo capaci di continuare la lotta.

Però avvenne, il Sole, subitamente, non apparve sull’orizzonte ed era anche un giorno atletico, sportivo, non era olimpico, era panamericano, quando cominciò a crollare quello, che ne so, un movimento lì dentro di alcuni settori di quel paese che promossero un cambiamento mediante la forza –non giudicherò, ci vorrebbe del tempo–, era il giorno che conclusero i Giochi Panamericani. E dopo quanto venne: lo scioglimento, e quello scioglimento viene prodotto da quattro persone in una dacia nella periferia di Minsk; nientemeno che a Minsk, dove Lenin fondò, negli anni 90 del secolo scorso, il Partito Comunista di Russia, che credo aveva –non ricordo– circa 15 o 20 delegati che si riunirono lì per creare quel partito.

Ebbene, se Lenin creò quello che divenne poi quell’enorme partito con 15 o 20 delegati, alla fine quattro persone, sotto l’influsso ardente di un’acquavite quasi trasparente, per alcuni molto piacevole, per me un po’ insipido –guardate bene com’è la storia–, alcuni grandi bicchieri o diverse buone bottiglie, in più chissà quante somme (fa un segno con la mano che significa soldi), io dico chissà quante somme (Risate e Applausi), accordarono, in un’infausta notte, di sciogliere l’Unione Sovietica. Lo so perché me lo ha raccontato chi ha il diritto di sapere quello che avvenne lì e come avvenne, guardate che coincidenza! che casualità!

Alcuno di voi, grande conoscitore dei manuali di istruzione politica, sa in quale giorno, in quale mese o in quale anno Lenin fondò il Partito Comunista a Minsk, chiamato allora Socialdemocratico? Che alzino la mano quelli che lo sanno. Immagino che abbiate dimenticato la data esatta. Io so che fu dopo che Martí aveva fondato il primo nostro partito, il Partito Rivoluzionario Cubano, per dirigere la Rivoluzione, nel 1892. Bene, quando scomparse l’URSS? Quando la sciolsero là a Minsk? Un secolo o quasi un secolo dopo. E, ovviamente, se nessuno lo sa qui, fra un’ora lo sapremo con esattezza, non è molto difficile (Applausi).

Ebbene, quattro persone, e bisogna meditare molto su questo. Da quali pericoli deve proteggersi una rivoluzione? Dal pericolo che quattro individui possano, l’alba di un giorno qualunque, distruggerla. Ovviamente non furono solo quattro, furono molti, perché ci furono anche i precursori, quelli che si riempirono di illusioni e cominciarono a sognare cose strane e che non sapevano niente sulle realtà politiche. Vi posso assicurare che un gruppo dei nostri pioneros (bambini delle scuole elementari e medie, N.d.T.) di quelli che abbiamo visto brillare nelle tribune, sarebbe stato più capace di capire cosa si doveva fare lì di quelli che fecero ciò che fecero.

Ci fu uno che cominciò a scatenare il pandemonio, appoggiato da alcuni altri, la cui storia non si conosce. Quali segreti deve avere la CIA ben custoditi!, però loro devono conoscere bene chi è chi, chi e quali persone aiutarono colui che fu il percussore di quella distruzione della storia e dei meriti di quel paese e che sviluppò le singolari idee che condussero al disarmo spirituale e morale di quello Stato multinazionale che aveva scritto una delle pagine più eroiche della storia della nostra epoca, a parte il tentativo di stabilire il socialismo nelle condizioni in cui nemmeno Marx avrebbe immaginato mai; perché fu l’audacia di Lenin, più marxista del proprio Marx, nel senso che era un discepolo geniale di questi che sviluppò le sue idee e decise, di fronte all’alternativa di arrendersi o continuare la lotta, la costruzione del socialismo in un solo paese, che, inoltre, non era l’Inghilterra, né la Germania, né la Francia, come sognava Marx, ma nel paese industrialmente più arretrato dell’Europa –con il vantaggio di essere un mondo in sé stesso, perché l’URSS, con i suoi 22 milioni di chilometri quadri, era un mondo–, ci provò e ci riuscì. Riuscì a fare quello che altri non furono capaci di sostenere; riuscì a far quello che un gruppo di ingenui poté distruggere. Perché , non penso che l’autore –e non menzionerò dei nomi, perché mi dispiace spargere il sale sulle ferite, però voi mi capite bene– colui che era centro del partito i quel momento, avesse la deliberata intenzione di farlo.

Io, nel più intimo, a partire delle mie più intime convinzioni, e anche se l’autore ha dichiarato poco fa che lui si propose di distruggere il comunismo, non ci credo; c’era più illusione, più ingenuità, che intenzione di distruggere l’URSS.

Gli altri svolsero anche il loro ruolo, Occidente con le lusinghe fece il suo, e fu così che si crearono le condizioni che precedettero il colpo di Minsk; perché quello fu un processo –non dimenticatelo–, il processo di demoralizzazione, di rammollimento, di distruzione di quel gigante e poderoso Stato che nacque da una rivoluzione proletaria.

Noi non eravamo un satellite che girava intorno al Sole, non lo fummo mai; per il contrario, discutevamo moltissimo, e dopo la Crisi di Ottobre non si sa per quanti anni discutemmo ancora. Non si conosce la storia di quei 30 anni di relazioni della nostra Rivoluzione con l’URSS, e la politica di Cuba non si conosce, e forse non è ancora il momento di farla conoscere o di scriverla.

Voi parlate dei 40 anni dei Comitati di Difesa; noi possiamo parlare dei 41 anni di storia della Rivoluzione. In ognuno dei momenti critici ci sarà forse bisogno di conservare dei documenti perché si conosca qual era la nostra politica e le nostre idee nei confronti dell’America Latina, la nostra politica e le nostre idee nei confronti delle missioni internazionaliste compiute da Cuba.

Io vi posso assicurare che c’è molto onore e molta gloria in questa storia e che possono aiutare a capire il perché, anche se c’è un numero di perché; si possono fare molte domande, e la somma delle risposte a un numero di perché è quello che può spiegare che la Rivoluzione sia arrivata fin qui. Però il più difficile fu il periodo speciale. I dati che vi ho offerto sono per darvi un’idea delle condizioni in cui si realizzò la prodezza.

Qui qualcuno ha parlato di cose diverse: Ana Fidelia si riferì ai grandi cambiamenti nelle tecniche dello sport, qui si parlò perfino dello sport, e altri hanno parlato del loro lavoro durante tutti questi anni.

Il maggior lavoro che hanno fatto tutte le organizzazioni di masse, ed è grande oggettivamente quello che hanno fatto, è aver salvato la Rivoluzione (Applausi), sotto la direzione del Partito e della UJC (Unione di Giovani Comunisti, N.d.T.), basata sulla stretta alleanza della Rivoluzione con il popolo, e sulla stretta unione. Vogliono che rinunciamo a ciò che ci ha dato la vita, a quello che preservò le nostre conquiste e il nostro futuro: l’unione. Vogliono che dividiamo questo paese in venti pezzi (Esclamazioni di: No!), la risposta é una, con sette punti di ammirazione ad ogni lato, verso l’alto e verso il basso (Fa i gesti). (Risate). Giammai!! (Applausi). Senza questa unità, senza questa forza, come avremmo potuto resistere e combattere come lo abbiamo fatto? E abbiamo vinto, lottando duramente, e continueremo a vincere sempre tutti quelli che vogliono dividere, dividere per far male; la nostra divisa è unire e affratellare per fare il bene (Applausi).

Il periodo speciale, tuttavia, portò non soltanto dei danni materiali. Quando si menzionò qui la cifra di 574 320 donazioni di sangue, io pensavo in quali condizioni si raggiunse questo primato, e ricordavo, e l’ho verificato con alcuni compagni, che in quel periodo speciale continuarono incrementandosi le donazioni di sangue. Erano circa 400 000 prima del periodo speciale e hanno raggiunto l’anno 2000 con 574 320. L’ho ascoltato per la prima volta poco fa e non lo dimenticherò mai (Applausi), perché non potrò dimenticare mai che con il doppio blocco, al crollare il campo socialista e l’URSS, la media di calorie di consumo giornaliero della nostra popolazione, che era di 3000, scese a 1800, e che il consumo di proteine –più o meno ben distribuito, considerando come sono andate le cose—diminuì da 80 grammi a 50 grammi, e non aveva nemmeno la stessa struttura e qualità. Oggi non abbiamo raggiunto ancora le 3000, adesso è un po’ al di sopra delle 2 400, abbiamo ricuperato 600 calorie, e abbiamo anche ricuperato una parte delle proteine. Vale a dire, questo periodo speciale danneggiò anche la alimentazione della popolazione e diede luogo a una serie di misure di ogni tipo.

Quei 30 milioni di quintali (ogni quintale di 100 libbre equivale a 46 chilogrammi, N.d.T.) di vegetali che oggi si producono negli orti delle città non si producevano prima del periodo speciale, ci sono estensioni di terra coltivate di pomodori e di altri vegetali, ma non solo nei campi agricoli, anche nelle stesse città; questo è parte dello sforzo che è stato fatto, in un modo o in un altro, cercando di garantire le autoforniture e di evitare che non manchino gli essenziali, specialmente per i bambini. Lo stesso possiamo dire delle medicine.

Forse, un giorno o l’altro, si scriverà la storia di come il paese ha potuto realizzare questa prodezza. Però una cosa sì che la posso affermare prima che si scriva la storia dettagliata: questo fu possibile grazie allo spirito di sacrificio, al patriottismo ed alla coscienza rivoluzionaria del nostro popolo (Applausi prolungati). Tuttavia, non possiamo dire che il periodo speciale terminò ; quello che possiamo dire è che abbiamo superato la parte più difficile del periodo speciale; che continuiamo facendo sacrifici, molti sacrifici, però andiamo avanti guadagnando terreno, in modo fermo, con una forza maggiore che mai, e una esperienza più ricca che mai.

Qui sto parlando dei beni materiali, quelli che sono indispensabili per la vita; oggi non abbiamo tutto l’essenziale. Sappiamo come siamo messi sul tema della casa e non possiamo fare grandi promesse, però possiamo sì ricordare che avevamo la capacità di costruire 100 000 case all’anno, lavorando anni per ottenerla, ormai l’avevamo in mano, e quando tutto si rannuvolò, allora questo non si poté realizzare. Tutti gli investimenti fatti, tutte le fabbriche, molte di esse nuove, la capacità di oltre 4 milioni di tonnellate di cemento all’anno, la capacità di tondini, di sanitari, di mattoni, di quanti materiali erano necessari per costruire 100 000 nuove case e ripararne altre 100 000, e noi improvvisamente restammo senza questa possibilità.

Oggi dobbiamo ricorrere agli sforzi che si realizzano, come quelli che stavamo realizzando nella capitale da prima dell’ultimo ciclone e che vennero incrementati dopo lo stesso, perché la quantità di case che nella capitale si demolivano o si distruggevano e risultavano inabitabili era superiore al numero di case che si costruivano. Oggi abbiamo piani almeno di riparazione di decine di migliaia di case ogni anno, con il sistema Cayo Hueso, in case di bassa altezza; un numero di brigate sta riparando, a poco a poco, 25 000 edifici di media altezza che esistono nella città e altre stanno lavorando nei 500 più alti della capitale.

Ci sono dei piani, di cui non si è fatta molta pubblicità, perché non possiamo coprire tutto il paese e siamo dovuti andare, per primo, nei punti più critici. È noto l’uso della Rivoluzione in tutte le cose: quello che si incomincia qui si estende poi progressivamente al resto del paese. Così avvenne in tutto. Però ora, a poco a poco, stiamo andando avanti a passi sicuri, si è acquisita una enorme esperienza e si avanza in molti campi.

Vorrei distinguere il materiale da quello che chiamo ricchezze infinite e che hanno un enorme valore umano. Cito un esempio: il cinema viene considerato un progresso per la ricreazione della società, dall epoca dei film muti. Produrre cartoni animati per i bambini e film di alta qualità, creare opere musicali di valore universale, dipingere quadri che diventeranno famosi, scrivere libri per Cuba e per il mondo, costituiscono immense ricchezze che non si possono misurare in tonnellate e appena contribuiscono alle cifre macroeconomiche di un paese. Tuttavia, l’umanità, e in special modo il nostro paese, non potrebbero vivere mai senza di esse. Questo significa standard e qualità di vita.

Un altro esempio: Cuba, in queste Olimpiadi, è stato praticamente l’unico paese al mondo che ha trasmesso in diretta, a qualsiasi ora, da mezzogiorno fino alle 06:00 o alle 07:00 del giorno seguente, centinaia di ore dei sempre fantastici spettacoli olimpici, che produssero nella mente e nei cuori del nostro popolo indimenticabili emozioni e ricordi. Oserei chiedervi se qui c’è qualcuno che non abbia fatto mattina, almeno una volta, vedendo la televisione. Alzi la mano se c’è qualcuno che non l’ha fatto. (Nessuno alza la mano). Ebbene io abbasso le due, perché non si sa le ore che ho passato vedendo queste trasmissioni. E tutto ad un minimo costo e senza alcuna pubblicità commerciale (Applausi). Questo privilegio, questo colossale benessere spirituale, per tutti coloro che misurano il livello di vita umano con la volgare livella della macroeconomia, non significa niente in quanto a livello di vita di un popolo.

E approfitto per dire che non mi scoraggiano, nel più minimo, alcune cose accadute a Sydney. Sono d’accordo con quello che ha detto Ana Fidelia: le gare sono ogni volta più dure, ogni volta partecipano più paesi, ogni volta bisogna boxare con più atleti per arrivare alla finale, correre con più atleti, saltare con più atleti e combattere contro più atleti. Inoltre, lo sport si è commercializzato in un modo atroce, gli si sono state strappate le sue migliori virtù e le sue migliori qualità.

Oggi siamo gli unici dilettanti del mondo che stanno lottando contro dei professionisti (Applausi), con patriottismo e con onore. I nostri atleti ci hanno rappresentato con molta dignità. Osservate che praticamente non c’è uno sport dove non siano presenti uno o due cubani, sia taekwondo, sia lotta libera, che lotta greco-romana, pugilato, scherma, sport di squadra; non ce n’è uno in cui non siano presenti. Per questo la televisione ha potuto trasmettere per tanto tempo, nonostante i tentativi di rubarci atleti e qualche buon atleta ci hanno rubato in ogni ciclo olimpico, anche se a Sydney non sono riusciti a farlo con nessuno. La gente ha potuto vedere, in televisione, com’è questo tipo di olimpiade.

Io non voglio aggiungere altro su questo tema, perché forse, in un momento, si dovrà parlare del tema. Dico solo che non ci scoraggia niente, i nostri atleti ci hanno rappresentato con onore, e abbiamo avuto un rovescio, un durissimo rovescio. Non a torto le notizie di ieri dicevano che Cuba era in lutto. Ormai oggi non siamo tanto in lutto; però è vero, eravamo in lutto per due cose: per il rovescio che soffrimmo di fronte alla squadra degli Stati Uniti, non siamo abituati a questo; e siamo profondamente amareggiati, perché nello sport che essi inventarono, e nel quale abbiamo quasi sempre vinto l’oro, abbiamo ottenuto l’argento. Per noi nello sport nazionale, come nell’onore, ciò che vale è l’oro (Applausi.) Sì, volevamo l’oro, e tutti abbiamo sofferto molto. Però, quando si è scoraggiata questa Rivoluzione? Mai!

Credo che c’è un generale nordamericano al quale attribuirono una famosa frase quando dovette abbandonare, in una piccola e veloce imbarcazione, una potente fortezza situata là a Manila; la frase fu: Ritorneremo! Ebbene, glielo abbiamo detto ai nostri vicini del Nord, e glielo abbiamo detto amichevolmente, senza odio né tanto meno, sì nella città di Baltimora, e lì ebbe luogo un incontro di gentiluomini tra professionisti nordamericani e dilettanti cubani, e qui ci fu un altro incontro di gentiluomini nel quale essi vinsero, ed ebbero il rispetto totale della nostra educata popolazione, ed ebbero perfino gli applausi; però ritorneremo e ci incontreremo con i professionisti. Magari un giorno portassero il dream team, il team del sogno.(Risate). Magari, perché noi forse avremmo vinto la medaglia d’oro un poco tristi, perché stavamo lottando con gente professionista però molti facevano parte della Tripla A, e sarà un onore più grande quando faranno un dream team –senza dubbio il mio inglese richiede un ripasso (Risate ed applausi), devo iscrivermi al corso televisivo–; che portino il dream team con i battitori lunghi e tutti i migliori delle Big Leagues, che li portino in qualsiasi posto, e poi vedremo.

Di quello che è successo con il nostro sport dobbiamo trarne le corrispondenti lezioni, ed analizzarle bene. Sapete che in questo paese tutti conoscono di baseball, e conoscono davvero! Questo non lo si può discutere. Tutto questo deve essere sottoposto a rigorosa analisi; perché se vi dico che tutte le risorse per la preparazione, da interi mesi, dall’incontro di Baltimora, da quando si preparò la squadra per Baltimora dove abbiamo ottenuto la nostra vittoria, e tutte le province oggi hanno l’apparecchio per misurare la velocità di lancio, le macchine per lanciare, hanno tutto. Ci sono istruttori, ci sono tutte le basi per formare e sviluppare atleti; ora bisogna analizzare quello che sta accadendo. Per esempio, perché non ci sono lanciatori mancini? È una piccola domanda. A che punto è la preparazione degli atleti, non solo di baseball, che a volte monopolizza troppo la carriera del buon atleta? Mancano atleti per tutte le gare, eccetto per quella dei cavalli e di cose mondane, perché questo è un puro sport da borghesi, e costa più soldi mantenere ed inviare una squadra di cavalli che mandare là 250 atleti (Applausi). Gli regaliamo alcuni sport perché sono da milionari; però abbiamo gareggiato persino con vele piccoline.

Nel ciclismo, chi si portò via i primi posti? I professionisti del ciclismo, coloro che partecipano alle gare europee, per soldi.

Hanno prostituito orribilmente lo sport; però, anche così, dobbiamo continuare lottando. In molti sensi siamo più forti che mai, abbiamo 34 000 professori di educazione fisica e di sport, e, il mese prossimo, si inaugurerà una scuola internazionale di educazione fisica e sport (Applausi).

Non solo abbiamo istruttori; Cuba è il paese nel mondo che più collabora con lo sviluppo dello sport del Terzo Mondo; è crescente il numero di istruttori assunti all’estero che collaborano in paesi fratelli realizzando un eccellente lavoro; e continuiamo ricevendo nuovi alunni e futuri istruttori. I nostri istruttori stanno formando atleti che competono con i nostri, in leali combattimenti, e continueremo a farlo.

C’è da parlare sul tema dello sport, non è ora; nessuno si sconforti, perché le prospettive sono maggiori e migliori che mai. Abbiamo il capitale umano necessario.

Ci hanno fatto molto male i tre o quattro combattimenti di pugilato che ci strapparono spudoratamente, tre o quattro, non tutti. Bisognerà analizzare ognuna delle decisioni che si presero, perché questa, perché altra; e ci sono evidenti errori, nessuno lo nega, tutti devono essere analizzati. Ora non è il coltello quello che utilizzano contro i nostri atleti della boxe, è il pugnale. Ho già detto che ho fatto mattina, come molti di voi, più di una volta (davanti al televisore). Dormo meglio oggi perché non ci sono più incontri di box alle 03:00 della mattina (Risate). Domani è altra cosa, perché domani è ultimo incontro di box e quello che preoccupa è la mafia, e la mafia l’abbiamo colpita, l’abbiamo accusata e continuiamo ad accusarla. Hanno desiderio di vendetta contro noi (Applausi).

Perdemmo alcuni incontri, c’è da chiedersi perché; altri ce li rubarono. Bisogna prendere tutti questi video ed analizzarli con microscopio elettronico: ogni passo, ogni colpo, ogni manovra, e discutere con tutti coloro che ci sarà da discutere, su quello che è successo con questa questione.

La realtà è che ci toglieranno alcune medaglie d’oro, però è vero che i combattimenti sono anche più duri. Ci furono prodezze come quella di Ivan Pedroso, ammirabile (Applausi). Tutto il mondo sa che i suoi salti più lunghi non sono i primi salti, mai gli ultimi, e ieri si trovava con le spalle al muro, 49 a 44, voglio dire, 8,44 di fronte a 8,49. Quello che ha fatto lo ha fatto nell’ultimo salto, quando ormai quasi non c’erano più speranze.

E di Ivan conosco più cose, so di più perché fui a vederlo all’ospedale più di una volta, quando ebbe una tremenda rottura di uno dei muscoli essenziali per il salto, e ci fu un terribile errore di un medico invanito e di un allenatore, io direi totalmente irresponsabile. Sapete perché? Perché si misero a curarlo senza un esame profondo della lesione, e quindi ritardarono di 11 giorni l’operazione di Ivan Pedroso, 11giorni!, quando i muscoli ormai si erano accorciati e contratti.

Fu operato all’Ospedale Frank País . Fu Alvarez Cambra chi realizzò la delicata operazione; il danno che gli fece quella lesione fu tale, e tanti i giorni che si persero, una cosa che avrebbe dovuto farsi immediatamente, che non potevo immaginarmi come sarebbe ritornato a saltare.

Sapevo che pensava ai nove metri, sempre mi chiedevo: potrà,con quella terribile lesione, raggiungerli? Se Ivan Pedroso non avesse avuto quella lesione, e se non lo avessero tenuto tanto tempo senza trattarlo debitamente, già da un pezzo sarebbe arrivato ai nove metri. Senza quella lesione, Ivan Pedroso salterebbe più di 9 metri, salterebbe 9,20, 9,25, non si sa quello che avrebbe saltato, perché ha la volontà necessaria ed ha condizioni eccezionali. Ieri notte lo dimostrò, ieri notte si comportò come un eroe di fronte a 100 000 spettatori, nel fare l’ultimo salto dove un semplice foul lo avrebbe buttato a terra. Egli realizzò un salto di 8,80, per lo meno, però fu fuol; credo che questo fu il secondo o il terzo salto. Il suo merito incredibile, è averlo raggiunto nel sesto salto, sì, di fronte a 100 000 spettatori che appoggiavano il suo rivale, un atleta di casa. Credo che è una delle grandi prodezze del nostro sport, e io l’apprezzo di più, nel ricordo di quanto soffrì, e a causa di ciò appena poté partecipare ad Atlanta. Questo è l’atleta che ieri diede la medaglia d’oro al nostro paese. Non scarto la possibilità che un giorno si possa compiere il suo sogno dei nove metri.

Le ragazze del pallavolo si comportarono come vere campionesse: il quarto set era quasi 16 a 8; 16 a 9, sembrava insuperabile quella superiorità; la superarono e vinsero questo set per andare al famoso time break, e vinsero.

Ci manca l’incontro di domani , bisogna confidare in loro.

Non bisogna applaudire i nostri atleti solo quando vengono con le medaglie d’oro; bisogna riceverli con affetto fraterno, bisogna riceverli come quando ottengono una vittoria. Essi non sono atleti professionisti, sono atleti che lottano per l’onore del nostro paese, come hanno fatto tante volte (Applausi prolungati).

Ormai 250 di loro, inclusi allenatori e personale ausiliare, sono in volo, si suppone che saranno qui domani intorno alle 13:00, anche se ho inteso –e questo lo dico per i parenti di Ivan, li vidi alla televisione– che Ivan non viaggia in questo primo aereo; alcuni attendono lì il secondo viaggio, poiché egli concluse la gara all’alba, concluse tardissimo. Questo è ciò che possiamo dire sullo sport.

Io sto parlando qui, senza compiere la mia parola, e dovuto ai temi trattati, da più di due ore (Gli dicono qualcosa). Molte grazie, mi consola un poco questo, forse finirà prima delle due (Risate), non prima delle 02:00 della notte, no; volevo dire prima delle due ore (Risate), non spaventatevi (Applausi).

Vedo come applaudite questa promessa (Risate). No, è che i compagni che hanno preparato la festa del CDR, vi stanno aspettando.

Avremmo voluto disporre del teatro Carlos Marx, non fu possibile. Abbiamo impegnato queste capacità del Palazzo delle Convenzioni e alcune aree contigue a questa sala principale; però ora viene un tema interessante, e io cercherò di concluderlo prima delle 24:00. Sebbene per voi ormai sono quasi passate le 24 ore di anniversario, approfittiamo di quello che ci resta del 28 (Applausi).

Voglio dirvi una cosa, forse la più seria che ho da dirvi, è che la Rivoluzione inizia una nuova tappa. Abbiamo fatto molte cose, però la nostra Rivoluzione deve perfezionarsi, il nostro lavoro deve perfezionarsi. Ho già spiegato il danno materiale e perfino il danno morale che ci ha portato il periodo speciale, soprattutto quello che lo precedette; però abbiamo saputo riprenderci, siamo stati capaci di raggiungerlo.

Il periodo speciale, inoltre, portò disuguaglianze, molte disuguaglianze, cose tristi, cose dolorose, alle quali fummo costretti dalle circostanze. Questo fu il dolore morale che abbiamo dovuto soffrire. Si crearono disuguaglianze nelle entrate, un numero di persone che ricevevano rimesse di denaro dall’estero e molti che non ricevevano niente; le fabbriche restarono senza materia prima, nonostante ciò, nessun lavoratore si trovò senza il minimo necessario per comprare qualcosa oltre a quello che riceveva con la tessera di razionamento. Restammo senza autobus, e qui, all’Avana, fu necessario ricorrere alla bicicletta; anche le città all’interno dell’isola restarono senza autobus, fu necessario ricorrere all’auto e all’autista; sorsero infinità di lavori per proprio conto, alcuni perfettamente logici, altri già non tanto logici perché avevano dei prezzi abusivi.

Credetemi che risultava egualmente doloroso ricordare persone alle quali la Rivoluzione diede la casa, tutte le abitazioni non erano uguali, alcuni risiedevano in modeste case o appartamenti, altri in mansioni, perché erano quelle che restavano libere quando partivano i più ricchi. Il turismo si sviluppa e con il turismo gli affitti di abitazioni o di case che si pagano con valuta. No, non lo proibiremo, tutto il mondo stia tranquillo; l’unica cosa che abbiamo fatto è quella di regolare tali attività, chiedere che paghino la loro piccola imposta, però che la paghino davvero; che adempiano le leggi, che le adempiano veramente.

Oggi ci preoccupa che coloro che hanno più soldi –perché c’è gente che ha abbastanza soldi–, restino con le migliori case di questo paese, per una via o per l’altra. Ci sono alcuni svergognati che ben conosciamo, che si dedicano a “curare” anziani, che quando vedono che in una casa grande restano due anziani e alcuno ammalato –io ho visto casi di questo tipo–, vengono, facendosi passare per dei buoni samaritani, si fanno indispensabili e vanno e vengono indaffarati, lavano, aiutano, fanno tutto e, quando muoiono i due anziani, restano con la casa, molte volte con delle vere mansioni, e con tutto quello che hanno dentro.

Ho citato solo un piccolo esempio, potrei citarne altri: illegalità con le case, movimento illecito di documenti, subornazione a funzionari coinvolti in affari di questo tipo. Non crediate che ignoriamo, la lista può essere così (Indica), su tutte le tecniche di corruzione o per corrompere –è già molto difficile che questo possa accadere a partire da certi livelli, molto difficile!– però a volte manca una lettera, un documento, un cambio, e c’è abbastanza rilassamento rispetto alla questione della casa. Noi abbiamo il dovere di esigere che le leggi vengano rispettate, e se le leggi non vengono rispettate, applicare sanzioni (Applausi). Se qualcuno ha un appartamento ed ha un cugino, un parente, e se ne va di là e affitta il suo, che lo affitti, però deve rispettare le norme legali stabilite.

Lo Stato avrà anche nel futuro tutte le condizioni adeguate, le case necessarie. Sono venuti molti rappresentanti di aziende straniere, persone che hanno relazioni commerciali con noi, e non si è potuto dare loro le case che richiedevano; molti di loro arrivano ed affittano case private: Mille dollari? Mille dollari, e 1 000 dollari sono mille dollari!, equivalenti a non meno di 20 000 pesos al mese.

Voglio dirvi una cosa: c’è e molta gente in questo paese, molta, –quando dico questo non voglio dire che siano un milione, né 500 000, né 100 000, neppure forse 10 000, già questo farebbe pensare–, un centinaio, forse un migliaio, che con quello che guadagnano in un mese potrebbero pagare il salario dei 35 capi di organismi centrali dello Stato. Il loro salario è di 450 pesos.

La gente ha la tendenza a pensare che i ministri vivono molto bene, questo è un riflesso condizionato da molto tempo, non dico che stiano chiedendo l’elemosina né che stiano vivendo nella miseria; però noi abbiamo il diritto di conoscerli perché gli vediamo molte volte. Bene, un ministro qui riceveva di fornirgli l’alloggiamento per una settimana di vacanze. Da due anni si decise non solo l’alloggiamento, ma anche l’alimentazione per questa settimana di vacanze. Sapete perché? perché c’erano ministri a cui non bastava il denaro per pagare questa settimana di vacanze. E non sto difendendo i ministri, perché quello che faccio è criticarli con tutta la frequenza che posso; però , nell’altare della giustizia, devo dire questo, e lo cito come esempio.

Ci sono persone che incassano per un lavoro qualsiasi, 3 000 o 4 000 pesos in meno di una settimana; ciò vuol dire che c’è stato un abuso, e devo dirlo, in ciò che si prende alle famiglie per alcuni servizi di privati. Che lo Stato non riscuota dai contribuenti molto denaro, perché altrimenti gli cade tutto il mondo addosso, e perfino con ragione, il nostro Stato non è qui per riscuotere troppo, sebbene non applaudano; il nostro Stato deve mantenere un equilibrio finanziario, perché quando questo equilibrio si ruppe nei primi anni del periodo speciale, per 1 dollaro si compravano 150 pesos, e oggi per 1 dollaro si possono solo comperare 20, 21 o 22 pesos, è relativamente variabile dentro uno stretto rango.

Cuba è l’unico paese al mondo, l’unico paese al mondo, ascoltatelo bene, che è riuscito a valorizzare la sua moneta sette volte in quattro anni e mezzo e portare il peso al livello che ha ora rispetto al dollaro. Bisogna mantenerlo, non possiamo cominciare a spargere pesos per la strada e ritornare a cadere in un inondazione di pesos, perché al lavoratore che mette via i suoi soldi, bisogna preservargli il valore della sua moneta e il salario che gli paghiamo. Per questo, sebbene ci siano molte domande, si eleva il salario selettivamente. I maestri rimasero anni senza un incremento, arrivò un momento in cui ai maestri bisognava migliorare i salari allo stesso modo che in altri settori. Si produsse il furto di professionisti, all’università fu necessario migliorargli i salari, non molto, perché erano stati perfino ridotti. Ah! Perché viene il furto: la tale impresa, perché il sistema imprenditoriale ha determinati vantaggi, sono imprese statali, però ad alcuno di questi presidenti di imprese gli piace rubare lavoratori.

Esaminiamo recentemente i Joven Club (Scuola di informatica per bambini e giovani, N.d.T. ): dei circa duecento lavoratori che avevano al principio ce ne erano 10 che compivano 13 anni. È frequente che qualcuno formi un professore di informatica e venga un hotel, venga la impresa X o la impresa Y e rubi il lavoratore. Per una questione di etica questo non si può fare.

Già all’università gli stavano rubando i professori. Decidemmo un trattamento con loro, perché noi non abbiamo licenziato un professore universitario nel periodo speciale; al contrario aumenteremo il numero di lauree per altre ragioni, ed abbiamo questo corpo di professori.

Perché possiamo fare una scuola latinoamericana di medicina? Perché abbiamo il corpo dei professori. Fu necessario restaurare l’edificio del MINFAR, che aveva ridotto le spese ed il personale di difesa, e lì sta funzionando a piena capacità. Parlo di un’istituzione che gode ormai di un colossale prestigio nel mondo.

I nostri problemi non possiamo risolverli disperatamente retrocedendo dalle posizione che abbiamo. Oggi ci sono molte famiglie che mettono via i soldi in banca e ricevono un determinato interesse.

Oggi abbiamo tre tipi di monete: il nostro peso normale, un peso convertibile, che è quello con cui si stimola determinati settori di lavoratori, più di un milione di lavoratori hanno qualche stimolo in questa moneta, ed esiste il dollaro. Ci sono conti in dollari, conti in pesos convertibili e conti in pesos normali. C’è tutta una situazione creata nella ordine finanziario molto buona e che ci può aiutare molto, per questo dico che non possiamo retrocedere in nessuno dei progressi raggiunti.

Noi conosciamo le opinioni su distinti temi, perché tutti i giorni raccogliamo migliaia di opinioni spontanee. Usiamo questo termometro per misurare le più svariate opinioni, alcuni criteri evidentemente sono errati, sbagliati, questo ci indica che bisogna spiegare meglio alcune cose. Tutte le opinioni sono utili; a volte alcune sono di carattere estremista, la minor parte, però non vi potete immaginare quanto è cambiato, quanto ha imparato il nostro popolo in questi ultimi 10 mesi, è stato un apprendimento accelerato. La battaglia del bimbo sequestrato e la battaglia per gli obiettivi di Baraguá hanno elevato, in maniera notevole, le conoscenze del nostro popolo. Incluso vediamo le inchieste su temi complicati: che cosa è la Banca Mondiale, che cosa è il Fondo Monetario Internazionale, che cosa è la dollarizzazione, che cosa è questo, che cosa è quest’altro, temi complicati, nella misura in cui i nostri specialisti si sono via, via abituati al fatto che non stavano parlando ad accademici, ma a tutta la popolazione, si sono fatte più chiare le loro parole

Menziono questo per una semplice ragione: il nostro paese sta facendo un salto gigantesco nel terreno dell’educazione e della cultura, ed andrà più lento nel terreno materiale.

Ascoltiamo opinioni, non crediate, su tribune aperte, tavole rotonde e molti altri temi. Alcuni che perfino si impazientiscono perché non le possono vedere tutte e dicono: “Fatelo due volte alla settimana o tre.” Tutte le opinioni le raccogliamo, migliaia, e dopo si fa una classifica delle opinioni raccolte, e quelle che sono le più dure o le più critiche stanno nella prima posizione, nonostante siano tre. Se tre persone in tre luoghi dicono qualcosa, sebbene sia una stravaganza, questa opinione viene raccolta, a volte è una sola tra mille e si raccoglie.

Bisognerebbe essere in possesso di tutti gli elementi di giudizio e di tutti i dettagli perché possiate avere un’idea di quanto è avanzata l’educazione generale e l’educazione politica della nostra popolazione, che già utilizza temi che molti professionisti in altri paesi del mondo non adoperano. Posso dirvi, per altro, che quello che abbiamo fatto nella educazione non è niente. E lo dico anche se, per esempio, ora che abbiamo parlato di olimpiadi, qualche mese fa, i paesi di tutta la Conca dei Caraibi portarono a termine un’olimpiade di matematica, e in questa olimpiade Cuba, con una medaglia d’oro ed una d’argento, occupò il primo posto (Applausi).

Ho ricordato altre volte che in una ricerca dell’UNESCO gli indici di conoscenza dei nostri bimbi erano quasi il doppio dell’America Latina, questo non è difficile da provare perché lo avete visto. Dalla stessa scuola di Los Palacios, da dove si portarono via un alunno di 13 anni che quasi perde la vita, parlò un bimbo nella tribuna aperta, e fece il suo discorso così brillante come tutti quelli che parlarono in quelle tribune. Una professoressa di questa scuola fece un eccellente discorso. Ovunque succede la stessa cosa.

Un’altra olimpiade –questa ebbe luogo mentre si effettuava quella di Sydney, tra il 16 e il 24 di settembre–, un’olimpiade iberoamericana di matematica: i nostri alunni erano presenti –arrivarono tardi per problemi di viaggio, biglietti aerei–, dovevano fare una prova un giorno e l’altro giorno l’altra, in un solo giorno dovettero fare le due prove e ottennero tre medaglie d’argento (Applausi). Questa ebbe luogo in Venezuela.

L’ultima, in questi giorni –queste notizie sono arrivate ieri–, un’olimpiade di fisica in Spagna, dei paesi iberoamericani: i nostri giovani vinsero due medaglie d’oro, una d’argento e una di bronzo, con le quali occuparono il primo luogo tra tutti i paesi partecipanti (Applausi). In modo che, al dire che in educazione non abbiamo fatto niente, questo può servire per dare un’idea di quello che pensiamo che si possa fare in educazione, che è nelle nostre mani farlo, e che già stiamo cominciando a farlo.

Se vogliamo avere un popolo veramente colto, sarà un popolo colto di massa. Diciamo, prima veniva il Ministero dell’Educazione e dava un seminario ai professori durante la prima settimana di vacanze scolari; venivano in 300 e dopo questi andavano a dare i seminari agli altri. In questo corso, nella prima settimana di vacanze scolari, faremo il seminario, simultaneamente, a 200 000 maestri e professori. Vedete che salto: da un seminario per 300 a fare un seminario simultaneamente a 200 000; inoltre, però , qualsiasi cittadino potrà vedere questo programma.

Attraverso i mezzi di massa quello che otterremo è, semplicemente, quello che si può chiamare l’infinito. Un équipe di professori, 10 o 12 possono impartire una materia per gli alunni, in primo luogo, i maestri e tutta la popolazione che si interessa del tema. Già nei primi giorni di ottobre comincia il primo corso, questo é destinato ai giornalisti, ora è destinato a tutti i professori, gli alunni più bravi, perché , nei televisori che ci sono nelle scuole, con le loro videocassette, ricevono un corso di tecnica narrativa. Questo è utile, incluso, per colui che vuole scrivere una lettera. Io lo raccomando a tutti coloro che possano ascoltarlo, e in particolare ai professori e maestri. Questo occuperà 20 ore, e il materiale è scritto. Quelli a cui è diretto il corso avranno il materiale, gli altri che vogliono seguirlo potranno comprarlo nei posti di distribuzione della stampa. C’è qualcuno che crede che certe cose che si vendono, si vendono caro. Alcuni hanno detto che la collezione dei supplementi delle tavole rotonde era molto cara, si è venduta a 10 pesos. Ah, se la avessero comperata e conservata sarebbe meno però voglio dirvi che 10 pesos non servono neanche per coprire i consumi della carta di questa collezione. Lo avverto. Abbiamo ideato molte forme per stampare libri a basso prezzo, e già in qualche comune del paese si può stampare un libro. Le case della cultura hanno dei computer; non vi parlerò ora di questo, perché in qualche momento si dovrà parlare di questo tema. Già abbiamo spiegato l’altro giorno che cosa stiamo facendo nell’informatica, questo è un lungo tema; però entriamo nella era dell’informatica e dell’insegnamento generalizzato dell’informatica a 2 400 000 studenti, incluso primaria e prescolare, ai quali, in base a quanto si sa, si deve insegnare, includendo giochi istruttivi e non semplicemente giochi di violenza che si vendono come prodotti commerciali; saranno programmi selezionati, ricreativi, educativi.

Abbiamo inaugurato due scuole: una menzionata qui, della quale parlò un alunno, dei ragazzi che si erano laureati e non raggiunsero matricola nella università. Fantastica scuola di studi intensivi per un lavoro di enorme importanza! Non vi parlo di questo, però vi voglio dire che si apre un mondo ed una prospettiva di vera giustizia per la nostra società, dove c’è tuttavia una emarginazione ereditata dal capitalismo. Non è certo che ci sia uguali opportunità per tutti i bimbi in questo paese.

Credevamo che costruendo molte scuole, portando a termine certi programmi, investendo nell’educazione un’alta percentuale del nostro Prodotto Interno Lordo, che sommata alla salute porta una cifra considerevole, avevamo creato possibilità per tutti in modo uguale.

Stiamo approfondendo nello studio di una serie di aspetti che vanno dal delitto, le fonti del delitto, fino alla emarginazione che esiste nella nostra società . Alcune sono riferite ai problemi materiali delle case; però, nonostante questo, e nonostante che non possiamo promettere che si vadano a incominciare a costruire tutte le case che necessita il paese, vi posso assicurare che anche nelle condizioni attuali è molto quello che si può fare per combattere l’emarginazione e creare vera uguaglianza di opportunità.

Ho detto che alcune persone guadagnano al mese il sufficiente per pagare il salario di 35 membri del Consiglio dei Ministri. Quindi vi posso dire che ci sono persone tra questi che hanno soldi, che hanno molte entrate diverse, lavoratori privati, padroni di questo e di quest’altro, quelli che affittano case in dollari –e riaffermo che non lo proibiremo, no, no, non lo proibiremmo, nessuno si spaventi; sì, ho detto che andiamo ad applicare la legge, e non così repentinamente, ma nella forma in cui noi sappiamo che si devono applicare le leggi–, che pagano ad un maestro il doppio di quello che lo Stato può pagare oggi ad un immenso collettivo di educatori, per dare alcune ore di ripetizione al ragazzo, e quindi questo ragazzo è in vantaggio rispetto ad un figlio di una famiglia operaia che vive per di là in un quartiere di questi dove vivono ammassate le famiglie. Con questo rubano maestri e, inoltre, creano privilegi, perché, siccome tutte le opzioni di studio si concedono secondo i voti e secondo gli esami, i bimbi che vivono in condizioni d’emarginazione o non provengono da nuclei familiari con maggior cultura, non hanno accesso alle stesse possibilità. Non voglio dire di più.

Dietro a questo c’è un enorme mondo che siamo via, via venuti a scoprire e che recentemente, nel mezzo della battaglia, abbiamo finito di scoprire, e che se, coscienti di questo, non lo affrontiamo come bisogna affrontarlo –e credo che lo stiamo affrontando bene–, noi non potremo chiamarci un paese socialista. Possiamo chiamarci paese socialista per tutto quello che abbiamo fatto, mentre ignoravamo tutta la giustizia che tuttavia manca.

Il periodo speciale creò molte più disuguaglianze e, di conseguenza, meno opportunità per coloro che hanno meno entrate, e noi dobbiamo lottare perché ogni bimbo di questo paese possa avere le stesse opportunità di superare la sesta classe, la scuola media, di prendere un diploma, andare ad una scuola speciale, andare all’università, a quello che sia (Applausi). Da tempo, coloro che hanno soldi non sono gli unici che approfittano di queste possibilità. Contiamo su 700 000 professionisti, i professionisti hanno un’educazione determinata, molto superiore di quella che possono avere famiglie che vivono in aree emarginate; sebbene, in alcune di queste aree, abbiamo incontrato laureati.

Si è mobilitata una piccola truppa; dico piccola truppa perché in questo momento sono 600, niente di più, siamo sul punto di organizzare la seconda brigata di studenti universitari –vado veloce a raccontarvi questo– per realizzare i sabati un lavoro di grande importanza, perché dobbiamo ricercare molte cose di tipo sociale, per sviluppare, anche se in mezzo alle disuguaglianze, un socialismo molto più giusto di quello che abbiamo oggi, e vi assicuro che riusciremo a conseguirlo, perché impieghiamo in questo l’esperienza di molti anni, l’esperienza cumulata in questi 40 anni.

Abbiamo detto che andiamo a risolvere il disastro della capitale. Quale è il disastro della capitale, nel campo dell’educazione? Che nelle prove che hanno fatto i centri di ricerca, la capitale ha quasi la metà dei risultati che hanno gli alunni della primaria di Santiago de Cuba, che sono circa l’ottanta percento, e all’Avana circa quaranta. Colpa dei maestri? No! In nessuna parte ci sono maestri più eroici –oso a dirlo così–, sebbene tutto il paese è pieno di maestri eroici, perché quelli che insegnano dove non arriva l’elettricità, dove non arriva niente, sono eroi; però maestri che qui devono insegnare a 40,a 42, 45 alunni cinque giorni alla settimana, e sono a scuola dalle 07:00 fino alle 18:00, e poi devono andare alla propria casa e curare della famiglia, e molte volte devono lavare, stirare, cucinare –questo tutti i giorni della settimana, anche i sabati e le domeniche–; laureate che non hanno, in molte occasioni, neanche una lavatrice, sono eroine. E dico eroine perché principalmente sono donne.

No, noi dobbiamo sapere tutto questo e dobbiamo cercare di alleviare questo onere docente eccessivo; lo faremo con formule semplici. Dico che tra due anni non ci sarà aula con più di 20 alunni nella città dell’Avana (Applausi). Chiaro, quando viene il sacrificio dei maestri, i primi che raccomandano ai figli che non studino pedagogia sono i genitori, perché conoscono la tragedia in cui vivono.

Prima del periodo speciale avevamo anche un eccellente piano di costruzione di scuole, stavamo già elaborando i progetti. Tre o quattro anni ancora, e quello che avremmo potuto fare in materia di nuove costruzione di scuole sarebbe stato considerevole. Sappiamo in che condizioni sono molte scuole nella capitale; ho visto aule che potrebbero sentire invidia per la piccola aula in una casa di legno del Biran (zona dell’oriente di Cuba dove è nato Fidel N.d.T.), dove fui per la prima volta a una scuola, che era come un asilo, perché devono avermi messo lì quando avevo circa 3 anni; qui nella capitale c’è ammassamento, difficoltà in molte scuole, lo sappiamo. Andiamo a conoscerle tutte, radiografia di una per una, e non con la promessa di restaurarle subito o costruirne di nuove, perché non si devono creare aspettative; però sapere, sì, che cosa sta succedendo e dove ci sono le situazioni più critiche, per intervenire.

E ho detto: un maestro per 20 alunni, Vi confesso che sto esagerando e che forse saranno un po’ meno di 20 alunni, e questo lo possiamo assicurare.

Alcuni giorni fa abbiamo inaugurato una scuola di insegnamento intensivo, di emergenza; una per gli assistenti sociali e l’altra per formare maestri; stanno funzionando eccezionalmente bene, e dobbiamo inaugurarne alcune in più in altre materie. L’esperienza di molti anni ci insegna come risolvere grandi problemi con molte poche risorse.

Forse ci siamo dimenticati che, quando centomila studenti finivano l’elementare ogni anno, non c’erano né scuole, né maestri per la scuola media e fummo costretti a costruirle e a formare un distaccamento pedagogico perché andassero a studiare ed ad insegnare? Grazie a questo abbiamo i 700 000 professionisti universitari. Come possiamo ora affogarci in un bicchiere d’acqua. Come possiamo permettere che nella nostra capitale, dove ci sono più problemi, più difficoltà e problemi sociali di ogni tipo, non ci sia vocazione per l’insegnamento.

Questo è logico, a parte che ci sono molte più scelte, perché si parla di turismo, ed alzano la mano in 100; si parla di maestri ed alzano la mano in tre o quattro. Abbiamo già 14 scuole prepedagogiche per la città Avana per promuovere la vocazione.

Bisogna risolvere questo problema. Ovviamente, questa non è la situazione nel resto del paese.

Non voglio dilungarmi in dettagli, preferisco che si parli delle cose che si stanno facendo, via che si stanno facendo; però vi dico che per la nostra Rivoluzione si apre un mondo, ed andiamo a moltiplicare, senza uno sforzo straordinario ed ad un costo insignificante, il lavoro educativo. In questo ed in altre cose.

Non dico di più. Andiamo a moltiplicare le conoscenze della nostra popolazione, e già vedrete. A novembre incominciano i corsi di spagnolo e due frequenze settimanali di inglese, e poi di una terza lingua, sono tre; però, ben conosciuti e necessari e tra le altre lingue lo spagnolo, necessario conoscere bene la grammatica dello spagnolo. Se io faccio ad alcuno di voi un esame, sicuramente non vi ricorderete il 90 % di alcuni concetti che avete appreso nell’elementare; non lo faccio perché sono vostro amico (Risate), lo ho fatto a laureati universitari.

Andiamo a moltiplicare le conoscenze e la cultura della nostra popolazione, andiamo a moltiplicare le ricchezze spirituali ad un ritmo come giammai si è fatto nella storia di nessun paese. E non perché siamo i migliori, ma perché a forza di lottare e lottare e di voler perfezionare le cose, abbiamo scoperto possibilità.

Andiamo a sviluppare un socialismo molto più giusto; andiamo a garantire le possibilità che tutti i bimbi che nascano in questo paese, qualunque sia il livello culturale del nucleo familiare, qualunque sia il luogo dove viva, qualunque sia l’emarginazione che patisca, abbiano tutti, assolutamente tutti, le stesse possibilità. E questo è nelle nostre mani, abbiamo tutta la forza per raggiungerlo.

Questo lo dico oggi in questo 40 anniversario, Contino lo dico a voi quelli dei Comitati di Difesa; lo dico con più convinzione di quella che espresse Neruda nella sua poesia, lo dico con una totale sicurezza, e mi responsabilizzo con quello che sto dicendo (Applausi).

È per questo che si apre una tappa trascendentale, e queste possibilità le abbiamo guadagnate lottando, resistendo, combattendo.

Il privilegio è quello di avere un popolo con un tale livello di conoscenza e di cultura che sarà garantito il suo futuro politico per sempre. Vogliamo un popolo di milioni di teste pensanti ed una rivoluzione che abbia una polizza assicurativa di garanzia totale perché una rivoluzione non possa essere distrutta da 1, né da 2, né da 10, né da 100, né da 1000, né da 100 000; perché, a partire dall’esperienza storica, è chiaro, chiaro, chiaro, che deve essere la coscienza della nazione quella che oggi, domani e sempre comandi e decida.

Tale è la fede che abbiamo nella giustizia di una rivoluzione, tale è la fede che abbiamo in quello che si può fare con l’essere umano, ed è perciò che non ho il benché minimo dubbio che lo conseguiremo. Ma non sarà solo per il benessere degli 11 milioni di cittadini di questo paese, vi assicuro che quello che oggi fa il nostro paese può essere per il benessere e comincia ad essere per il benessere di centomila persone nel mondo.

Martí disse: “Patria è umanità”, una delle cose più belle e più profonde che qualcuno abbia mai detto. Patria è umanità vuol dire difendere questa Rivoluzione, la più giusta, la più umana, la più pulita, quella che ha più morale, perché in 40 anni non è stata una rivoluzione di ladri, una rivoluzione che cambia bandiera, né una rivoluzione di corrotti, né una rivoluzione di traditori, bensì ognuno di noi che sta in questa Rivoluzione, alcuni da più tempo di altri, e quelli che ci seguono, saranno una garanzia di questa linea che abbiamo seguito per 40 anni.

Il prestigio di questi 40 anni di lotta è qualcosa già indistruttibile, ve lo posso assicurare, è, inoltre, crescente, così come la forza di cui disponiamo per difenderci, i mezzi, le idee che stiamo difendendo. E già non sono idee per noi, abbiamo fatto una promessa: scuole di un tipo o altro per il nostro paese e per cooperare con altri in questioni vitali. Nessuno creda che il paese sia in rovina, vi avverto di questo –abbiamo imparato a fare le cose con un minimo di spesa–, perché gli edifici già c’erano, i professori già c’erano, gli altri lavoratori già c’erano. Se vedeste le altre spese, che abbiamo calcolato esattamente, vi dico che, per quanto minimi sono, stupirebbero la nostra popolazione.

Disponiamo abbondantemente di qualcosa che si chiama capitale umano, nessun popolo ha avuto capitale umano nella misura in cui lo abbiamo noi oggi. In questo periodo speciale, nonostante la riduzione degli alimenti che abbiamo ricevuto, abbiamo incrementato tutti gli anni le donazioni di sangue, oggi che è più difficile, oggi che è molto più importante.

Per conseguire sangue, paesi ricchissimi, non hanno altra maniera che comprarlo a qualunque prezzo, perché con la diffusione di nuove malattie come l’AIDS, o vecchie come l’epatite e altre, che si trasmettono attraverso il sangue, hanno fatto sì che oggi il sangue non si sa quello che vale. E c’è un paese che non deve pagare né un centesimo per il sangue di nessuno, è il sangue generoso, il sangue solidale di questi cento mila compatrioti che vanno a donarlo.

Questo non è nuovo, non si è detto qui, per esempio, che quando il terremoto nel Perù, nell’anno 1970, in 10 giorni si raccolsero circa 105 000 donazioni di sangue (Applausi). Cercate un altro popolo che abbia fatto questo, e sto parlando di una coscienza di trenta anni fa, e l’abbiamo data più di una volta. L’abbiamo data per l’Iran, l’abbiamo data per l’Armenia quando ci furono i terremoti

Abbiamo trasformato un accampamento per pioneros in un centro per i bambini di Chernobyl, da dove sono passati 15 000 adolescenti e bambini, e se non è stato utilizzato in tutta la sua capacità non è per colpa nostra, senza chiedere un centesimo. È che abbiamo i medici, abbiamo i lavoratori, abbiamo il capitale umano per fare questo.

Abbiamo parlato nelle Nazioni Unite della necessità di salvare intere nazioni, di salvare un emisfero, ed abbiamo richiesto, o abbiamo appellato –usiamo una parola più diplomatica– ai paesi ricchi ed industrializzati perché apportino le medicine, che noi possiamo creare le infrastrutture per distribuirle, per applicare, perché i rappresentanti dei paesi dell’Africa in una riunione svoltasi a Durban varie settimane fa, quando i ricchi capitalisti, terrorizzati con quello che può succedere in questo continente con l’AIDS, incominciarono a parlare di trattative con le multinazionali perché riducessero il prezzo delle medicine, che oggi costano 10 000 dollari per individuo all’anno, solo perché sopravviva, e quelli parlavano di abbassarli ai suoi costi reali, che è circa 1000 dollari, gli africani dissero: “Anche se ce le dessero gratis non abbiamo le infrastrutture per applicarle.” Questa infrastruttura è fondamentalmente di carattere umano.

Ho potuto dir loro: “Cuba può creare questa infrastruttura in un anno”, e vi dico che esageravo, perché possiamo crearla in meno tempo. Abbiamo il capitale umano per questo; USA ed Europa, insieme, non hanno il capitale umano per creare tale infrastruttura, e noi possiamo farlo con meno del 10% del capitale umano di cui disponiamo nel campo della sanità. No! Che dico? Sto esagerando: con appena il 6% del capitale umano di cui disponiamo. Loro, insieme, questi paesi industrializzati, non dispongono di questo capitale umano di cui un solo piccolino paese bloccato, dispone per farlo (Applausi). Questa è opera di 40 anni di Rivoluzione, questa è la vostra opera

Doveva arrivare il giorno in cui dicessimo: Cuba può aiutare il mondo. E qui non stiamo già parlando di salvare 100 bambini, stiamo parlando di salvare intere nazioni condannate, matematicamente, a scomparire, di un intero emisfero matematicamente condannato a scomparire. È quasi tardi per incominciare a farlo.

Questo ebbe una grande accoglienza negli Stati Uniti. Lì abbiamo potuto ripetere agli amici del Caucus Negro, che rappresentano 35 milioni di afronordamericani, poiché alcuni di loro ci avevano spiegato che nei loro distretti non avevano medici, che noi possiamo inviargli un certo numero di medici. E in più, che possiamo ricevere un certo numero di studenti di questi distretti perché possano studiare nel nostro paese.

Ricevettero questa proposta, realmente, con impressionante interesse. Se chiedono di inviare qualche medico in qualche luogo di questi, perché lo sollecitano, le autorità di questo paese, avranno la morale di proibirlo quando stanno inviando inviti per il sorteggio ai medici che si trovano nello Zimbabwe, un paese che è rimasto quasi senza medici e dove gli indici di determinate malattie sono altissimi? Stanno mandando inviti sì per il sorteggio, perché disertino, potranno proibirci che inviamo medici ad alcuni distretti neri degli Stati Uniti? Avevo detto loro: “È che voi siete il Terzo Mondo degli Stati Uniti”. E offrimmo borse di studio, 250 borse di studio annuali per giovani dei distretti di questi legislatori per studiare a Cuba una laurea universitaria che costa negli Stati Uniti, 200 000 dollari.

Ora vedremo chi è che sta difendendo le idee più giuste, entreremo nella profonda analisi di tutto.

Vi ho citato uno tra le centinaia, le migliaia di esempi. Per le minoranze indigene, le minoranze ispaniche che si trovano lì abbiamo offerto, attraverso la delegazione parlamentaria cubana, presieduta da Saez, il Primo segretario del Partito nella Provincia dell’Avana che visitò gli Stati Uniti invitata dai legislatori neri, perfino 250 borse di studio in più. Lì trattarono con grande gentilezza la nostra delegazione. Non autorizzarono Alarcon, però dissero di sì agli altri, e furono gli altri –arrivarono un poco tardi–, è impressionante quello che raccontano del loro incontro con i legislatori del Caucus Negro, come li chiamano, che sono 38 membri del Congresso degli Stati Uniti; le gentilezze che ebbero nei loro confronti, la familiarità con cui vennero trattati in una cena di 5 000 commensali.

Ah! perché il nostro paese può fare questo oggi? Perché in questi anni di periodo speciale e come eredità di quello che abbiamo, delle 21 facoltà di medicina create dalla Rivoluzione, incorporiamo nelle nostre comunità 30 000 medici in questi 10 anni di periodo speciale. Riducemmo gli ingressi in questa laurea universitaria ed ora quest’anno stiamo facendo entrare 2 750 alunni cubani, e 3 000 il prossimo anno, non ne servono di più. Il nostro paese, però, conta oggi su risorse umane, su capitale umano per prestare grandi servizi al mondo, e non solo lo presta, di fatto, inviando tante persone o laureando tanti studenti, lo fa con il suo esempio. Come può un paese con un blocco che dura da 40 anni, incalzato per 40 anni, sottomesso a un doppio blocco per 10 anni, affermare quello che sto affermando oggi qui a voi? Il nostro compito non sarà vedere, come il giorno della nascita dei Comitati di Difesa della Rivoluzione, che cosa stava facendo un verme terrorista, sebbene non è questo né molto meno quello che voi avete fatto; a partire dalla prima tappa voi vi siete dedicati a lavorare al servizio della popolazione. Ci sarebbe da fare un calcolo delle decine o delle centinaia di migliaia di vite che i Comitati della Difesa della Rivoluzione hanno salvato, semplicemente con il programma delle donazioni del sangue, e questi sì che sono diritti umani! (Applausi).Potrei chiedere quale cittadino avete assassinato voi, o la Federazione delle Donne Cubane o altre organizzazioni di massa, o i giovani comunisti, o gli studenti; quale cittadino è stato assassinato dalle nostre Forze Armate Rivoluzionarie; quale cittadino è stato assassinato da un nostro combattente del Ministero degli interni, e nessuno potrebbe incontrarne uno solo in 40 anni di lotta, di persecuzione e di blocco, un paese che ha lottato qui e fuori dalle sue frontiere. Provate a cercare un soldato razzista sudafricano prigioniero, assassinato da un combattente internazionalista cubano, lì o in qualsiasi posto dove sono stati, in qualunque dei paesi che hanno aiutato, in quel emisfero o in altre parti –questo non si potrà mai dire di un combattente cubano, di un rivoluzionario cubano, in 40 anni che non sono quattro giorni, né quattro anni, né quattro mesi, ma 40 volte un anno; e in questo periodo provate a cercare quello che fecero quelli allenati dall’impero–, e vedrete gli anni che ha durato la Rivoluzione Cubana senza un solo torturato. Lo dico e lo ripeto cento volte. È molto difficile che noi non ci Rendiamo conto se un cittadino viene torturato. Giammai! Qui non c’è uno che abbia sentito questa parola. Per questo molte volte diciamo: “Parlate con il popolo e chiedeteglielo.” Questo è quello che ci da morale, autorità. Che non vale niente, quando in luoghi come Argentina, ci furono 30000 desaparecidos, 3 000 assassinati in Cile, più di 100 000 in Guatemala, decine di migliaia in altre parti, non si sa quanti morti o desaparecidos. Marx disse che il capitalismo venne al mondo grondando sangue dalla testa ai piedi. La storia dell’imperialismo in tutto il mondo, in Viet Nam, in Angola quando armarono le truppe al servizio dell’apartheid; quando, sapendo che il Sudafrica aveva sette armi nucleari, nutrirono nel proprio animo che fossero lanciate contro di noi durante quei giorni in cui avanzavamo in direzione della Namibia, quando si decisero problemi trascendentali dell’Africa, dimostrano il carattere crudele, ipocrita e sanguinario dell’imperialismo in qualunque parte del mondo.

Che morale ha l’Impero? Non esiste morale, esiste la menzogna, unicamente ed esclusivamente la menzogna, perché l’ingiustizia ed il crimine si possono solo edificare sulla menzogna. Per assassinare 4 milioni di vietnamiti dovevano dire al popolo nordamericano che era per salvare la sicurezza degli Stati Uniti e per salvare la pace nel mondo; e quello che volevano i vietnamiti era governare il proprio paese, non essere una colonia, produrre riso e alimento per il proprio popolo, essere indipendenti. Un giorno il popolo nordamericano scoprì la verità ed attuò in modo decisivo contro quel mostruoso crimine. La morale della nostra Rivoluzione, per la sua condotta, è insindacabile, molto alta, molto forte, e noi lo percepiamo, perché siamo in contatto con molte persone nel mondo.

Molti di coloro che credevano che questa Rivoluzione sarebbe scomparsa nel giro di pochi giorni, oggi ammirano più straordinariamente la Rivoluzione, che non fu solo capace di resistere, ma fu capace di fare l’opera che ha fatto. E nessuno ci potrà accusare di sciovinismo, perché un vero internazionalista non è mai uno sciovinista. Coloro che lavorano per il mondo giammai potranno essere accusati di essere sciovinisti.

Sentire orgoglio per un popolo che ha realizzato questa prodezza non è sciovinismo, è il giusto e meritato riconoscimento. Queste non sono state autolusinghe per noi. Noi cubani siamo cittadini privilegiati che abbiamo avuto l’opportunità di fare alcune cose, di contribuire ad un processo rivoluzionario, non abbiamo detto una sola parola per guadagnare la gloria per nessuno di noi. Quello che ho detto, e quello che ripeto e ripeterò è per la meritata gloria del nostro popolo.

Patria o Morte

Vinceremo! (Ovazioni)

* Discorso pronunciato dal Comandante Fidel Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba, e Presidente dei Consigli di Stato e di Ministri, in Tribuna antimperialista per il 40 anniversario della creazione dei CDR, nel Palazzo delle Convenzioni, il 28 settembre 2000.

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