di Emanuele Quarta
Vallone, entroterra siciliano – al confine tra le provincie di Caltanissetta, Agrigento e Palermo – 2020.
Chi non conosce la realtà dei fatti è portato ad immaginare questa parte della Sicilia come ad un paradiso in terra incontaminato; immagina piccoli paesi puliti e salubri; la gente che ci abita, poi, è considerata felice e serena, lontana dallo stress delle grandi città.
Ma non è così.
Il Vallone può “vantarsi” di essere la zona più sfruttata e danneggiata dal Capitalismo, almeno in Italia.
Fino agli anni 90, migliaia di lavoratori sono stati sfruttati nel settore minerario – estrazione di zolfo e sali potassici – e in quello industriale ad esso annesso. Ad onor del vero, fino ad allora il Vallone era estraneo a fenomi di emigrazione di massa e di impoverimento; si stava bene, tutti avevano un lavoro e anche ben pagato, ma rimaneva lo sfruttamento umano ed ambientale.
Quando tra il 1988 ed il 1994 si decisero le chiusure delle miniere e della fabbriche – per questione di geopolitica e non economica – cominciò il tracollo.
Ad oggi abbiamo il più alto tasso di disoccupazione che ha comportato negli anni la desertificazione demografica, figlia della desertificazione economica.
A questi fattori vanno sommati i fattori ambientali e sanitari: alla chiusura dei poli industriale-minerari, non è seguita la bonifica e la messa in sicurezza. Si sospetta – ci sono indizi, non prove – che le miniere fungano da discariche per lo smaltimento (illegale?) di rifiuti tossici, comprese scorie nucleari.
Il danno ambientale – al netto delle ipotesi di sversamento di rifiuti tossici – ha causato un’impennarsi, apparentemente immotivato, di patologie tumorali che ormai si accaniscono sulla popolazione; il tasso globale è del 140% superiore alla media nazionale. A fare paura è l’età media delle vittime di tumore; non sono affatto rari casi di leucemia in soggetti con età inferiore ai 15 anni.
Alla luce di tutto questo, la Regione siciliana ha pensato di trasformarci nel più grande centro di stoccaggio di amianto, con buona pace della popolazione già sofferente.
I cittadini già nel mese di ottobre si sono riuniti in varie assemblee popolari. In una di queste qualche “onorevole” si è concesso il lusso di invitare la gente
“a fare meno casino, di muovere meno polvere”.
Sì! Oltre il danno, arriva pure la beffa di una minaccia nemmeno troppo velata.
Questa è l’ennesima dimostrazione di quanto questo sistema di potere – il capitalismo – faccia schifo e debba essere ribaltato.
Sono necessarie due cose:
a) creare una coscienza tra la popolazione che faccia comprendere la necessità di ribaltare tale sistema;
b) mobilitazione popolare di massa, perché la forza è la sola arma per ribaltare le contraddizioni del sistema; i rapporti di forza sono la base di ogni relazione sociale.
Questa l’unica strada per sfuggire ad ogni briglia politico-affarista-mafiosa.
Noi comunisti non smetteremo mai di lottare.