La relazione tra imperialismo e jihadismo è stata già oggetto di nostra attenzione con riferimento agli ultimi quarant’anni a partire dall’Afghanistan quando gli USA armarono i Talebani per sovvertire il governo socialista afghano, e in numerosi altri paesi contro i movimenti popolari realmente anti-imperialisti, laici, progressisti e comunisti della regione araba.
Nonostante l’ipocrisia dei mezzi di informazione abbia sistematicamente provato ad accolutare il fatto che l’ISIS è stato sfruttato e sostenuto economicamente dall’imperialismo euro-atlantico e dalle forze reazionarie del mondo arabo, col tempo sono venute fuori varie relazioni dirette e indirette tra grandi aziende e ISIS.
I molteplici attacchi terroristici rivendicati da ISIS in Europa, in Turchia e altrove hanno alimentato l’intensificazione delle politiche securitarie e di repressione che si associano alle politiche antipopolari e antioperaie di taglio dei diritti sociali e lavorativi, nella logica di sempre più guerra, sempre meno diritti democratici, Il “mostro ISIS” è stato sfruttato dai governi borghesi al fine di diffondere paure nella società e rafforzare i meccanismi statali di repressione contro il popolo e il movimento operaio, per favorire la xenofobia e il razzismo e aumentare gli interventi imperialisti.
Naturalmente questo non esclude il fatto che gruppi all’interno dell’ISIS abbiano agito anche in modo indipendente dai loro protettori e patrocinatori, ma, tuttavia, questo non cambia la sua natura come strumento dei meccanismi imperialisti. Gli sviluppi hanno ampiamente confermato come l’ISIS sia uno strumento, creato, armato e sostenuto dagli USA in collaborazione con altre potenze imperialiste, nel tentativo fallito di rovesciare il governo siriano e portare avanti i loro progetti imperialisti nella regione ampia del Medio Oriente e non solo.
Gli ultimi eventi testimoniano proprio come il futuro dell’ISIS dipende dagli sviluppi nelle contraddizioni e le rivalità interimperialiste in quest’area tra USA-UE vs Russia e Cina, e dagli sviluppi politici e sociali nelle potenze regionali (Turchia, Iran, Israele, Arabia Saudita, ecc.).
La crisi del capitalismo a livello globale, che da un lato produce un’offensiva interna ai vari Stati borghesi contro i diritti sociali e democratici della classe lavoratrice e dei settori popolari, dall’altro sta rimescolando i rapporti di forza a livello internazionale tra le potenze capitaliste da cui consegue un processo di nuova spartizione del mondo. La Siria è divenuta così un crocevia fondamentale per tutte le principali potenze capitaliste nella spartizione della tormentata regione del Medio Oriente, dove si trovano quasi la metà delle risorse petrolifere mondiali, il 41% delle riserve di gas. Tutte le grandi potenze imperialiste vogliono controllare o avere posizioni di forza nella regione in modo che i rispettivi monopoli possano impossessarsi delle ricchezze energetiche, e in questo sono entrati in gioco anche forze e rispettivi alleati regionali che agiscono anch’essi su propri interessi particolari, nel contesto di una polveriera dove si innesca la fratricida lotta religiosa tra sunniti e sciiti.
La guerra d’aggressione in Siria è venuta dopo il Libano, l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, la Somalia, il Sudan, il Mali, il Centrafrica ecc., decine di interventi imperialisti militari (così come le cosiddette “Primavere Arabe”) che le potenze occidentali (non sempre in modo uniforme) hanno portato avanti in tutti questi anni per ridisegnare in base alle proprie esigenze il Medio Oriente e la regione più ampia del nord e centro dell’Africa. E’ in questo quadro, pertanto, che si è formato il cosiddetto “Stato Islamico” (Daesh o ISIS) supportato dagli USA, dall’UE, dalle petromonarchie reazionarie del Golfo come Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, così come la Turchia. L’ascesa di al-Baghdadi e l’ISIS non è dunque altro che il risultato di una combinazione di sviluppi nella regione ampia del Medio Oriente, reclutato, addestrato e finanziato da meccanismi dei servizi segreti USA e dei governi arabi dando vita ad un gruppo di mercenari e “giovani fanatici” (raccattati spesso dall’emarginazione delle periferie capitaliste), conseguenza di anni di interventi militari e destabilizzazioni in Medio Oriente, animato dalle forze più retrive ed oscurantiste della regione nell’obiettivo di assicurare ai monopoli europei e statunitensi lo sfruttamento delle immense risorse e delle vie di trasporto nell’area.
Dal 2011 in poi, miliardi di dollari sono stati forniti all’ISIS e altri gruppi jihadisti, dagli USA, dall’UE e alleati regionali, in contanti, armi, attrezzature e veicoli. Insomma, i “feroci assassini e terroristi dell’ISIS” sono stati parte integrante dell’equazione imperialista in Siria in relazione con gli interessi dei monopoli capitalistici degli Stati coinvolti nella guerra. L’ultima, in ordine di tempo, rivelazione interessante a tal proposito viene da una inchiesta di “Le Monde” che espone il finanziamento nel 2013 e 2014 all’ISIS da parte della multinazionale franco-svizzera, LafargeHolcim, leader mondiale della produzione di cemento che, curiosamente, è candidata alla costruzione del Muro al confine col Messico e il cui numero uno, Stephan Schmidheiny è coinvolto nel nostro paese nella morte di centinaia di operai e cittadini per amianto negli stabilimenti Eternit di Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e nel quartiere Bagnoli di Napoli, condannato a 18 anni di carcere e poi prosciolto per prescrizione.
In un recente articolo del Financial Time viene riportato che la «LafargeHolcim, l’azienda di cemento franco-svizzera, ha ammesso giovedì di aver preso alcune misure “inaccettabili” per mantenere aperto il suo impianto siriano» di Jalabiya. Ciò è avvenuto a seguito di alcune denunce provenienti da gruppi per i diritti umani che hanno accusato «l’azienda di avere “relazioni d’affari” con l’ISIS e finanziamento del terrorismo nel paese». Nello stesso articolo, il FT rileva come il CEO della società ha «messo in evidenza il potenziale di espansione negli Stati Uniti in relazione al programma di investimenti infrastrutturali previsti dal presidente Donald Trump, che includerebbe il muro proposto lungo il confine con il Messico». Un affare di oltre 1000 miliardi di dollari che viene giustificato dall’amministrazione americana da ragioni di sicurezza dei propri confini e di antiterrorismo insieme al bando degli immigrati e rifugiati provenienti da paesi a maggioranza musulmana, proprio da quei paesi in cui milioni di persone sono strappati dalla loro terra e case a causa delle guerre e interventi imperialisti in nome degli affari dei monopoli come LafargeHolcim.
Business come sempre per i capitalisti…
Questa “curiosa” relazione (che vale come esempio) dimostra ancora una volta il ruolo sporco dei monopoli nelle guerre e l’ipocrisia dei montaggi dei governi borghesi. Tutta la storia del sistema di sfruttamento capitalistico ha dimostrato come le differenze e conflitti religiosi e etnici, esistono o vengono fomentati, per esser utilizzati al fine di promuovere gli interessi delle classi dominanti.