Per leggere l’articolo in formato PDF: Imperialismo Russo?
Uno dei testi di Lenin, Imperialismo fase suprema del capitalismo, ci aiuta già dal titolo a fare una piccola riflessione per comprendere essenzialmente una cosa: l’imperialismo e il capitalismo sono due fenomeni differenti, non necessariamente corrispondenti. Un paese con un sistema produttivo capitalistico non necessariamente è un paese entrato nella fase imperialista; come spiega Lenin, una è la fase successiva dell’altra, quindi non sono la stessa cosa. Non bisogna neanche fare l’errore di pensare che sia un processo meccanico e che per forza la presenza del modo di produzione capitalistico in un determinato paese implichi una sua politica imperialista, come insegna il modello di sviluppo economico cinese. Con ciò non si vuol sostenere che il capitalismo come modello economico di sviluppo sia giustificabile, ma che il tema è complesso e necessita approfondimento teorico.
Chiusa questa piccola parentesi, in questa ricostruzione proveremo che la Russia per difendersi dall’imperialismo statunitense dovesse necessariamente muoversi conseguentemente ad esso sullo scacchiere internazionale anche dal punto di vista militare, e di come la Russia, messa all’angolo, non abbia avuto altra scelta se non quella di effettuare questa manovra militare in Ucraina prima che l’avanzata militare della NATO annettesse ufficialmente l’Ucraina ponendo la Russia in una condizione svantaggiata e molto pericolosa per la propria integrità e sicurezza nazionale.
L’uso della forza armata da parte della Russia in Ucraina, se si analizza una serie di informazioni che in Italia non sono passate, rimane certamente criticabile dal punto di vista umano e morale, ma strettamente giustificabile dal punto di vista geopolitico e militare, se iniziamo a mettere assieme i pezzi che ci aiutano a comprendere la complessità degli eventi in corso.
Il conflitto in Ucraina è la diretta conseguenza di una serie di meccanismi e spostamenti militari che l’opinione pubblica però non ha percepito, per il semplice fatto che è stata volutamente disinformata per essere facilmente manipolata. Per capire ciò, nonché le comprensibili paure della federazione russa sull’allargamento della Nato, occorre studiare, conoscere e comprendere la complessità del sistema politico internazionale. La propaganda imperialista invece punta alla massima semplificazione, alla censura e alla manipolazione delle informazioni:in ogni guerra la prima vittima è la verità.
In occidente dal 24 febbraio 2022 (inizio operazione militare speciale “Z” in Ucraina) si sta iniziando a parlare di imperialismo, ma al rovescio, perché a definire imperialista gli altri è proprio il paese imperialista per eccellenza, il bullo dei bulli, gli Stati Uniti d’America, che se visti dall’alto del globo sono il paese che occupa militarmente più nazioni del mondo, Europa compresa; ad essere accusata di imperialismo è invece chi dall’imperialismo si difende: la Russia. Una domanda sorge spontanea ai detrattori di tali analisi sull’imperialismo: come ci si difende dall’imperialismo se non attraverso la forza armata? La forza armata non è sinonimo né di nazismo o fascismo, né tanto meno di imperialismo.
IL PATTO MOLOTOV-VON RIBBENTROP
Facciamo un esempio, cedendo alla semplificazione: se prima della seconda guerra mondiale, quando era ormai chiara e palese l’operazione “nazionalista e revanscista” della Germania nazista, una coalizione di forze antinaziste (così come proponeva l’URSS di Stalin) avesse deciso di fermare Hitler in Germania, non si sarebbero poi scatenate quelle reazioni a catena che hanno provocato la tragedia della seconda guerra mondiale.
Se si fosse proceduto in questa direzione contro Hitler, viene difficile immaginare che le forze dell’intera Europa (Francia, Inghilterra, URSS ecc…) sarebbero state tacciate di nazismo al posto di Hitler solo perché l’aggressore ha sempre torto, o è sempre nazista o imperialista, così come oggi qualcuno ama propagandare. Spesso le operazioni militari anticipano eventi ben più gravi, e con un’analisi empirica è possibile agire politicamente con forza per prevenire crisi geopolitiche dagli esiti imprevedibili. Ovviamente non bisogna giustificare tutto seguendo questo metro di analisi: ogni evento deve essere estrapolato ed analizzato nel suo reale contesto.
L’opinione pubblica occidentale, vittima della propaganda, tende oggi ad avere un approccio di tipo moralistico sulla guerra in Ucraina. Questo tipo di propaganda usata dall’Occidente a guida statunitense fa si che la maggioranza dell’opinione pubblica non riesca ad avvicinarsi alla complessità degli eventi in corso, sia perché non è venuta a conoscenza di una serie di informazioni sia perché è stata infilata (volutamente) in un approccio o lettura del conflitto totalmente errata da un palinsesto mediatico estremamente banale e pericoloso, improntato alla propaganda occidentale, alla semplificazione e alla disinformazione, attraverso apparati che lavorano giorno e notte per schierare e manipolare l’opinione pubblica anziché informarla ed elevarla culturalmente rispetto a temi sconosciuti. L’Occidente piange l’Ucraina, ma sono lacrime di coccodrillo, perché è reo di aver infilato volutamente il popolo ucraino in questo terribile disastro per interessi geostrategici ben più complessi.
L’ESPANSIONE DELLA NATO A DANNI DELLA RUSSIA
Dopo il crollo dell’URSS nel 1991 e la conseguente fine della Guerra Fredda, gli Stati Uniti attraverso la Nato hanno approfittato dell’instabilità della Russia per espandersi militarmente e politicamente verso est, all’interno di quelle che una volta erano le “sfere di influenza” russe o alleati sovietici, tra cui nazioni aderenti all’ex “Patto di Varsavia”.
A partire dal 1999 la Nato si è espansa verso la Russia in due fasi. Nella prima (1999), la Nato ha inglobato la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria, giustificando questa operazione come una messa in sicurezza di quelle nazioni per prevenire un ritorno dell’imperialismo russo. In realtà la Russia in quel frangente era in ginocchio. Nella seconda espansione (2004),la Nato ingloba la Lettonia, l’Estonia, la Lituania, la Romania, la Slovacchia, la Bulgaria e la Slovenia. Putin esprime il suo disappunto per questa ulteriore espansione lungo i confini della Russia. Si giustificò questo allargamento con un miglior contrasto al terrorismo, in seguito all’attentato alle Torri Gemelle del 2001. Putin vi vide una scusa per allargare i territori di conquista a danni della Russia.
Ciò che alcuni sedicenti esperti o presunti tali non considerano è che l’utilizzo della forza armata non è sufficiente per definire imperialista una nazione o la sua azione militare. Sono molte le tematiche da affrontare, una tra tutte in chiave geopolitica tocca strettamente il tema della “sicurezza internazionale”. Ciò che fa la Russia di Putin oggi rispetto al tema in questione non è altro che ciò che fecero gli Stati Uniti a Cuba nel 1962.
SICUREZZA INTERNAZIONALE – L’ESEMPIO DI CUBA 1962
Ciò che sta facendo la Russia oggi in Ucraina è esattamente ciò che gli Stati Uniti fecero a Cuba nell’ottobre del 1962 con la crisi dei missili sovietici che stavano per essere installati sull’isola. Con l’unica differenza che, mentre nel 1962 Kennedy e Krusciov trovarono quasi subito (in meno di un mese) un accordo e si prevenì un’invasione dell’isola o un conflitto nucleare, in Ucraina invece gli accordi di Minsk 1 e Minsk 2 sono saltati dopo ben 8 anni di attesa. Accordi mai rispettati peraltro.. Perfino l’ex cancelliere tedesco Angela Merkel riferì in data 24 novembre 2022 in una intervista al giornale tedesco Der Spiegel che gli accordi di Minsk hanno permesso all’Ucraina di diventare militarmente più forte, se fosse stata invasa nel 2015 sarebbe stata spazzata via.
Ciò avvenne da parte dei sovietici a seguito delle richieste cubane di scongiurare una possibile invasione statunitense dell’isola, ma anche in risposta al piazzamento dei missili balistici nucleari statunitensi schierati in Europa, come in Italia, Turchia e Regno Unito, in vicinanza della frontiera dell’URSS. Il raggio di azione dei missili balistici piazzati a Cuba, che si trovavano ben a 144 km dalla Florida, avevano un raggio di azione tale da coprire tutto il territorio nazionale degli Stati Uniti..
Oggi esistono missili tecnologicamente più avanzati che hanno un raggio di azione più elevato, nonché tempi notevolmente ridotti dal momento in cui vengono lanciati fino a quando impattano sull’obiettivo; questo fa sì che aumentino le preoccupazioni rispetto ai confini di sicurezza tra le superpotenze e i loro partner.
Le superpotenze che dovrebbero ridiscutere i livelli di sicurezza internazionale sono essenzialmente tre: la Russia, gli USA e la Cina. Non è assolutamente pensabile che queste decisioni possano essere prese liberamente e indipendentemente da un solo singolo Stato che abbia una politica estera ostile ad una superpotenza confinante, tranne che questi non voglia esporre se stessa ad un rischio invasione così come gli USA hanno fatto utilizzando l’Ucraina come bastone per colpire la Russia, utilizzando ed esponendo il popolo ucraino attraverso la loro corrotta classe politica post Maidan (2014) a giochi internazionali molto pericolosi. Gli Stati Uniti e la NATO sapevano benissimo che questa invasione sarebbe prima o poi avvenuta, proprio per questo sono essi stessi i primi responsabili che hanno creato ed alimentato questo conflitto.
COSA SONO LE COSIDDETTE “LINEE ROSSE”?
Altro aspetto da tenere in considerazione nella politica internazionale sono le cosiddette “linee rosse”. Le superpotenze hanno delle linee rosse: di fatto l’Ucraina, così come la Bielorussia. sono delle zone di interesse vitale per la sopravvivenza della civiltà russa e quindi costituiscono delle linee rosse di sicurezza per i confini della Russia, che ha uno status internazionale riconosciuto di superpotenza per far rispettare la propria presenza, grazie alla famosa triade nucleare: forze nucleari di terra, aria e mare.
Gli Stati Uniti hanno delle linee rosse, una delle quali è Israele, che serve agli USA come avamposto per la loro egemonia economica e militare nel “medio oriente”. Ma lo sono anche il Canada ed il Messico, in quanto confinano con gli Stati Uniti. Se una di queste due nazioni confinanti con gli Stati Uniti fosse in procinto di entrare in un’alleanza militare con Russia o Cina, quasi certamente gli Stati Uniti eviterebbero ciò, o anticipando un’invasione del paese con uno sfondamento militare del confine, o assassinando il presidente. Oppure ancora cercando attraverso la piazza ed i servizi segreti di determinare un cambio di regime che ne ribalti il governo e quindi la politica estera, così come gli USA appunto fecero nel 2014 in Ucraina rovesciando Victor Janukovic per effettuare un “regime change” (cambio di regime), insediando un governo filo-statunitense per lasciar penetrare militarmente la NATO lungo i confini della Russia.
COME LA NATO HA ATTACCATO LA RUSSIA
Altra cosa da considerare sono le “sfere di influenza”. Ogni paese borghese tende naturalmente a espandere economicamente e politicamente la propria azione creando anzitutto sfere di influenza. Se osserviamo la storia dalla fine della guerra fredda ad oggi, gli USA, essendo rimasti il principale centro di potere dominante nel mondo, hanno utilizzato unilateralmente questo loro incontrastato dominio economico e militare per regolare i conti con il resto del mondo. Questo accade quando dal dicembre 1991 viene a mancare la superpotenza sovietica che aveva fatto da argine all’imperialismo statunitense in ossequio ai doveri dettati dalla persistente adesione (eccetto l’epoca gorbaceviana) ai doveri dell’internazionalismo proletario. Dal 1991 in poi gli Stati Uniti sferrarono una serie di attacchi molto potenti di carattere militare, spesso in violazione del diritto internazionale contro una serie di nazioni. Tutto ciò oltre ad aprirsi nuove sfere di influenza servì anche per indebolire ulteriormente la Russia sul piano internazionale affinché si prolungasse la lunga agonia russa sul piano interno e conseguentemente la fase statunitense di unipolarismo sul piano internazionale.
Con l’inizio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina si parla molto di violazioni del “diritto internazionale”. Si afferma che formalmente il diritto internazionale sia stato di fatto violato, ma per coloro che fanno questa affermazione il cosiddetto diritto internazionale non è mai esistito. Esistono i “rapporti di forza” e la legge del più forte. Nessuno stato sovrano nazionale si sente al sicuro sotto questo ombrello, che è stato violato più e più volte dagli Stati Uniti e dal blocco occidentale. Strano che si parli oggi di diritto internazionale quando l’Occidente non ha fatto altro che violarlo continuamente, e con esso i diritti umani di cui falsamente si presenta unico portavoce nel mondo.
1999 – LA SERBIA
Ricordiamo l’attacco della NATO alla Serbia (1999), ieri come oggi uno storico partner della Russia. Ricordiamo che anche la prima guerra mondiale partì con un attacco alla Serbia che scatenò l’ira della Russia zarista in sua difesa. Questa azione contro la Serbia, sebbene Eltsin fu per lungo periodo il pupazzo degli Stati Uniti, ruppe però i rapporti tra il presidente russo e la controparte statunitense Bill Clinton. La Russia era allora però troppo debole sul piano interno ed internazionale per mettere voce in capitolo ed aiutare la Serbia:non disponeva di adeguati rapporti di forza per reagire e di fatto subì il colpo in estremo silenzio. Gli USA questo lo percepirono e se ne approfittarono, sapendo benissimo che la Russia sarebbe stata in silenzio perché messa politicamente ed economicamente in ginocchio dalle conseguenze della dissoluzione dell’URSS, con la distruzione dello stato, la disgregazione dell’apparato militare e la “shock terapia” imposta dagli americani, attraverso gli economisti liberisti made in USA, i cosiddetti “Chicago Boys”.
2003 – L’IRAQ
A seguire abbiamo l’invasione USA dell’Iraq, giustificata da lotta al terrorismo, secondo cui l’Iraq di Saddam Hussein era uno dei paesi sponsor del terrorismo internazionale a seguito dell’abbattimento delle torri gemelle del 2001. L’operazione di convincimento dell’opinione pubblica portata come prova alle Nazioni Unite fu quella secondo cui l’Iraq stesse producendo armi chimiche su larga scala con l’intento di minacciare il cosiddetto mondo libero, ossia quello occupato dalle basi USA e NATO; tutto il resto è giardino da civilizzare. Ricordiamo tutti la famosa provetta di presunto antrace mostrata dalla delegazione USA guidata da Colin Powell alle Nazioni Unite, come dimostrazione delle proprie accuse e quindi come casus belli per poter bombardare l’Iraq ed esportare la cosiddetta democrazia. Anche l’Iraq di Saddam Hussein fu uno stretto partner della federazione Russa, e anche qui gli interessi della Russia furono colpiti, ma la Russia ancora una volta non poté reagire.
2008 – I MISSILI IN POLONIA, LA GEORGIA E LA NATO A BUCAREST
Il 20 agosto 2008 il segretario di Stato americano Condoleezza Rice e il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, firmano a Varsavia l’accordo bilaterale per la costruzione della base antimissile americana in Polonia. L’accordo prevede la sua installazione entro il 2012. Mosca reagisce bruscamente minacciando di puntare i missili nucleari contro la Polonia, sostenendo di essere pronta a condurre un operazione militare. Così il generale russo Anatoly Nogovizin: «Con il dispiegamento del sistema missilistico la Polonia si espone ad un attacco al cento per cento» (16 agosto 2008). La Casa Bianca giustifica l’installazione dello scudo antimissile in Polonia come una difesa per intercettare un eventuale attacco dell’Iran contro l’Europa. Putin risponde infuriato che quei lanciatori erano puntati contro la Russia. L’installazione in seguito dei missili Iskander a Kaliningrad (enclave della Russia in Europa) sarà da parte della Russia una risposta ai missili in Polonia.
Il summit della Nato a Bucarest (Romania) del 2-4 aprile 2008 presenta un documento in cui si accoglie l’aspirazione dell’Ucraina e della Georgia di entrare nella NATO. Putin risponde subito che l’ingresso dell’Ucraina e della Georgia nella Nato rappresentano una minaccia alla sicurezza nazionale della Russia. Il primo agosto 2008, pochi mesi dopo il Summit di Bucarest della Nato, la Russia invade la Georgia per difendere l’Ossezia del Sud che era appena stata bombardata dall’esercito georgiano a seguito di una rapida escalation. La Russia invade anche l’Abcasia, una regione autoproclamatasi indipendente nel luglio 1992. La Russia si spinge a ridosso della capitale georgiana ma non entra all’interno, proprio per dimostrare alla NATO che avrebbero potuto schiacciare la Georgia in qualsiasi momento. L’ultima esercitazione militare NATO in Georgia risale al 14-25 marzo 2022 a Krtsanisi, vicino la capitale Tbilisi, proprio mentre era in corso l’invasione dell’Ucraina. Un chiaro segnale da parte del segretario della NATO Stoltenberg per sfidare la Russia lungo i suoi confini.
Secondo Putin: come la Russia non conduce esercitazioni militari lungo i confini degli Stati Uniti, così la Nato non dovrebbe condurle ai confini con la Russia.
2011 – LA LIBIA E LA GUERRA PER PROCURA IN SIRIA
Nel 2011 abbiamo l’attacco alla Libia di Gheddafi, assassinato dal blocco occidentale della NATO a seguito di una complessa e diabolica operazione. Un’ennesima umiliazione per il governo russo. Per capire i legami tra la Russia e la Libia basti pensare che il 90% dell’arsenale militare della Libia era composto da forniture sovietiche. Poco prima dell’attacco della NATO, Putin aveva investito molto sulla Libia, con cui aveva stretto accordi commerciali che andavano dai 5 ai 10 miliardi di dollari. Gli accordi prevedevano anche una linea ferroviaria per collegare Sirte e Bengasi, che avrebbe favorito gli interessi di una compagnia russa. Solo il contratto ferroviario valeva 2,2 miliardi di dollari. Putin contava anche di ricevere l’autorizzazione da Gheddafi per l’utilizzo delle navi russe nei porti libici. Le immagini sulla selvaggia uccisione di Gheddafi fecero il giro del mondo e Putin le ricorda quelle scene orrore e disgusto. L’intervento militare in Libia conferma l’idea dei russi che la NATO sia un organizzazione sopraffattrice e sanguinaria. È un’altra prova che l’Occidente non vuole trattare con la Russia e mostrando un atteggiamento di ostentata superiorità ed arroganza nei confronti delle altre nazioni, oltre che del cosiddetto diritto internazionale.
La Siria del presidente Bashar al-Assad è un altro stretto partner della Russia in “medio oriente”. La Russia ha grandi interessi geostrategici in Siria, tra cui due basi sulla costa del mediterraneo: la base di Latakia e quella di Tartus. Gli Stati Uniti in Siria non intervengono direttamente come in Iraq, ma attuano un’operazione chiamata “Operation Timber Sycamore”, un programma segreto della CIA lanciato nel 2012 con l’obiettivo di fornire grosse quantità di denaro e di armi a dei gruppi di ribelli che agivano per conto degli Stati Uniti con l’obiettivo di far cadere il paese in una guerra civile e spodestare il presidente Bashar al-Assad, sostituendolo con un presidente filo statunitense. La crisi siriana era partita il 15 marzo 2011 con una serie di proteste popolari contro il presidente Assad. È noto come in altri casi precedenti (vd esempio Iran 1953) la CIA abbia contribuito a lanciare queste stesse proteste, giocando sul malessere di alcune fasce sociali disagiate complessivamente minoritarie nel paese. La Siria non finisce come l’Iraq però proprio per l’aiuto fornito dalla Russia sotto richiesta del presidente siriano Bashar al-Assad; le forze russe si coordinarono con le forze regolari siriane per combattere quello che ormai sotto l’operazione della CIA venne definito esercito di gruppi terroristici; ricordiamo che ad operare, ben finanziati e sostenuti militarmente da Washington, in Siria fu anche l’ISIS. La Casa Bianca ha alimentato la guerra in Siria senza esporsi troppo pubblicamente, e senza mettere in pericolo la propria sicurezza nazionale. La Siria era un paese alleato della Russia, oggi è un paese devastato. Putin ne attribuisce la responsabilità alla Casa Bianca.
LE CRISI E LE SANZIONI A IRAN E VENEZUELA
Siccome l’Iran è uno dei principali partner commerciali della Russia, è ovvio che le sanzioni che colpiscono economicamente l’Iran, colpiscono lateralmente anche la Russia. Un conto è essere alleato di un paese prospero, altra cosa di un paese impoverito per via delle sanzioni. Gli alleati e le sfere di influenza sono fondamentali dentro l’arena geopolitica internazionale. Gli USA questo lo sanno bene e colpiscono di proposito tutti i paesi partner della Russia.
Gli Stati Uniti in Venezuela hanno nutrito un forte risentimento per via della presa del potere politico da parte di Chavez e le conferme vittoriose di Nicolas Maduro alle elezioni venezuelane. Ecco perchè gli USA hanno tentato con la forza di indebolire il neo-presidente eletto Nicolas Maduro e hanno costruito ad arte il fenomeno politico-mediatico di Juan Guaidò (così come in Ucraina è stato costruito il fenomeno politico-mediatico di Zelensky). Ciò è avvenuto attraverso pesanti sanzioni economiche e con tentativi di rovesciamento violento del potere politico. La Russia è fortemente interessata alla sopravvivenza di Maduro perché ha investito molte risorse politiche e finanziarie in Venezuela. Il Venezuela è il primo paese al mondo per l’ampiezza delle sue riserve petrolifere (18% di riserve mondiali nel 2020). Il Venezuela però a differenza dell’Ucraina non ha subito un golpe interno da parte di Russia o Cina, né c’è stata alcuna interferenza interna di queste due superpotenze in una zona quasi a ridosso dei confini nazionali con gli Stati Uniti, e cosa ancor più importante: il Venezuela non sta entrando in nessuna alleanza militare con Russia o Cina, né queste due superpotenze sognano al momento di mettere lanciatori missilistici in Venezuela puntati contro gli Stati Uniti, sapendo benissimo che sarebbe causa di un’escalation militare.
2014 – L’UCRAINA DI EUROMAIDAN: IL GOLPE STATUNITENSE A KIEV
Dopo una serie di avanzamenti militari da parte degli Stati Uniti tramite la NATO che ha fagocitato ad est tutti quei paesi una volta amici ed alleati della Russia, nonché paesi membri dell’ex “Patto di Varsavia”. Gli Stati Uniti hanno investito molte risorse per penetrare politicamente, militarmente ed economicamente in Ucraina. Non riuscendo a persuadere con le minacce l’allora governo ucraino, hanno provocato un violentissimo golpe per ribaltarne il potere politico e trascinare l’Ucraina sotto la sfera di influenza statunitense.
L’Ucraina è una nazione che dopo la Guerra Fredda ha sempre fatto da ponte nelle relazioni tra Russia ed UE e funge per la Russia da stato cuscinetto contro l’avanzata della NATO.
Basta osservare l’avanzamento della NATO dal 1998 ad oggi per capire come la Russia sia rimasta militarmente all’interno dei suoi confini nazionali ma la NATO abbia invece iniziato il suo processo di espansione fagocitando un paese dietro l’altro fino ad arrivare ai confini della federazione russa. Questo solo basterebbe per capire che l’imperialismo sta tutto da una parte, e che la Russia si sta solamente difendendo dall’imperialismo, nonché da una futura e possibile aggressione che può avvenire attraverso mille modi ed inganni manipolando l’opinione pubblica occidentale e giustificando tali operazioni di aggressione come possibili o presunti interventi di pace. Il 20 novembre 2013 per non aver firmato degli accordi commerciali con l’Unione Europea, l’allora presidente ucraino Viktor Janukovic fu dimesso con la forza attraverso una serie di proteste violente e pilotate che lo hanno portato alle dimissioni e alla fuga nel febbraio 2014. Sono i moti dell’“Euromaidan”, un Golpe orchestrato dagli Stati Uniti, che da quella data si sono impossessati dell’Ucraina, sovvertendone il potere politico ed il suo legittimo governo per militarizzare il territorio, con lo scopo di provocare una voluta escalation militare che minacciasse la “sicurezza nazionale” russa e che mostrificasse Putin e la Russia in generale di fronte all’opinione pubblica occidentale.
L’Ucraina è dal 2014 sotto occupazione USA e NATO, eppure non abbiamo visto né percepito uno sfondamento militare del confine così come per l’operazione militare russa in Ucraina. Questo perché gli Stati Uniti hanno maturato negli anni, anche per via di ingenti capitali finanziari di cui dispongono, una notevole capacità di penetrazione nel manipolare le piazze a loro vantaggio contro determinati governi non allineati: sono le cosiddette “Rivoluzioni Colorate”. La sofisticata operazione della CIA è stata gestita e manipolata al rovescio rispetto a come in genere siamo abituati. Di solito prima si vede l’operazione militare contro una nazione ed in seguito un cambio di regime nei vertici del governo a cui segue una nuova politica estera. In Ucraina invece nel 2014 abbiamo assistito prima alla “penetrazione Politica” con un cambio dei vertici al governo, poi la silenziosa “penetrazione militare” degli USA e della NATO. L’obiettivo degli Stati Uniti era quello di avvicinare l’Ucraina verso l’Unione Europea per poi facilitarne l’ingresso nella NATO, piazzando così testate missilistiche nucleari a ridosso dei confini russi, assieme all’ennesimo scudo antimissile (così come già fatto in Polonia ed in Romania) per neutralizzare i sistemi missilistici russi che non potrebbero rispondere contro le basi USA e NATO in Europa in caso di attacco occidentale.
Le violente azioni di piazza a Maidan non furono piazze spontanee di popolo, ma proteste organizzate dall’ambasciata statunitense a Kiev attraverso l’ausilio di militanti politici inquadrati nei partiti neo-nazisti ucraini, come il Pravj Sector e Svoboda. In seguito molti di questi elementi si arruoleranno nel battaglione neo nazista Azov e Aidar contro la popolazione filo russa del Donbass. Ricordiamo che il battaglione neo nazista Azov fu inquadrato regolarmente nella guardia nazionale Ucraina già dal 2014. L’allora presidente ucraino Victor Janukovic fu fatto cadere perché si è opposto all’adesione forzata nella UE e nella NATO, spiegando in varie interviste che l’adesione alla NATO avrebbe generato scontri interni e divisione nel paese. Il vicepresidente dell’allora governo ucraino, Mikola Azarov si espresse molto chiaramente su quelle vicende in un’intervista rilasciata un anno dopo quei fatti di Maidan:
«Durante i miei tre anni di governo avevamo tenuto l’Ucraina su una linea di buon vicinato sia con la Russia che con l’Unione Europea. Questa equidistanza non era gradita agli Stati Uniti d’America che volevano si tornasse alla politica del precedente governo di dichiarata ostilità alla Russia, gli USA volevano farci tornare aggressivi contro Mosca. Quando noi ci rendemmo indisponibili a sottoscrivere così come ci erano stati presentati gli accordi commerciali con l’Unione Europea, accaddero due cose contemporaneamente, da una parte incominciarono occupazioni di uffici pubblici da parte di manifestanti spuntati dal nulla, dall’altra una incredibile e arrogante ingerenza da parte degli Stati Uniti negli affari interni di uno Stato sovrano. Venne da me la consigliera diplomatica del presidente Obama, Victoria Nuland, a pormi una sorta di ultimatum: o accettavo di formare un nuovo governo di unità nazionale che accontentasse gli anti russi oppure l’America non sarebbe stata a guardare. In quei giorni noi avevamo il controllo completo di ciò che stava accadendo. I nostri servizi segreti avevano infiltrato uomini tra i manifestanti e avemmo le prove che la piazza prendeva ordini dagli americani, che il quartier generale della protesta era nell’ambasciata Usa a Kiev, la quale provvedeva anche a finanziare in modo importante la rivolta».
In seguito da Washington arrivarono moltissimi moniti della Casa Bianca attraverso le dichiarazioni del presidente USA Barack Obama a sostegno della rivolta di Maidan. Gli Stati Uniti si stavano muovendo per strappare l’Ucraina al loro legittimo governo. Le pesanti ingerenze in Ucraina sono avvenute attraverso due loschi individui della politica estera statunitense:
1) Victoria Nuland, ambasciatrice e diplomatica di lungo corso, nonché lobbista delle armi, fu nominata da Barack Obama “Assistente Segretario di Stato per gli Affari Europei ed Eurasiatici”; si è occupata strettamente dell’Ucraina.
2) John McCain, senatore statunitense che già nel dicembre 2013, poco prima della rivolta ha incontrato più volte i leader dell’opposizione per organizzare il golpe. Lo ritroviamo sopra il palco di piazza Maidan a Kiev per un comizio a favore delle proteste a sostegno del cambio di regime accanto ad Oleh Tjahnybok, leader del partito neo nazista Svoboda. Mentre nel blocco occidentale l’opinione pubblica manipolata guardò all’Ucraina come ad una rivoluzione di popolo contro un governo corrotto e sanguinario, in Russia ed in molte altre parti del mondo fu visto come un pericoloso golpe manovrato dagli Stati Uniti per mettere le mani sull’Ucraina.
A seguito della cacciata del governo di Janukovic gli Stati Uniti insediarono un governo filo statunitense con delle elezioni farsa che favorirono il magnate ucraino del cioccolato Petro Poroshenko. Ciò che non si raccontò in occidente fu che ben 3 ministri del nuovo governo ucraino erano statunitensi, come Natalie Jaresko al dicastero delle finanze, un ex funzionaria del Dipartimento di Stato americano trasformata in cittadina ucraina con un decreto d’urgenza, nonché ex ambasciatrice statunitense a Kiev negli anni ’90, ed in seguito divenuta responsabile di “Western NIS Enterprise Fund”, un’organizzazione incaricata dal Dipartimento di Stato Americano di finanziare le imprese private in Ucraina. Aivaras Abromavicius allo sviluppo economico e del commercio. E Aleksander Kvitashvili alla Sanità, già ministro del presidente Georgiano Mikheil Saakashvili che nel 2008 causò tramite ingerenze USA e NATO lo scontro con la Russia.
LA NATO AMMETTE: ADDESTRAVAMO LE TRUPPE IN UCRAINA DAL 2014
In una recente dichiarazione del 29 novembre 2022 al congresso di Aspen a Bucarest, in Romania, il segretario della NATO Jens Stoltenberg ha dovuto ammettere che la NATO sostiene l’Ucraina, addestrando le sue truppe regolari, non da ora ma dal 2014. Come da lui stesso ammesso: «nel 2014 nel centro di addestramento di Yavoriv (Ucraina) ho visto militari canadesi e statunitensi addestrare militari ucraini».
A seguito della fuga dell’ex presidente ucraino Victor Janukovic dal paese, la Russia si apprestava a mettere subito in sicurezza la base navale di Sebastopoli in Crimea affinché questa non cadesse nella mani del governo golpista filo statunitense e quindi nelle mani degli Stati Uniti, che avrebbero raggiunto una posizione di notevole vantaggio strategico militare, ovvero lo sbocco sul Mar Nero. Ma non fu solo l’interesse nazionale della Russia a muoversi in quella direzione, perché il legittimo “Parlamento Autonomo di Crimea” a seguito di quello che fu un pericolosissimo colpo di stato da parte dei neo nazisti ucraini indette fin da subito un referendum affinché il popolo autodeterminandosi si mettesse in sicurezza. Si decise infatti con un affluenza dell’84,2% ed il 95,32% dei voti favorevoli all’annessione con la federazione Russa. Cosa peraltro scontata, giacché la Crimea è russa da secoli e larghissima parte della popolazione è di etnia e lingua russa. Una delle tragedie del XX secolo fu che milioni di persone di nazionalità russa si trovarono all’indomani dello scioglimento dell’URSS cittadini di un altro Stato. Nel caso ucraino milioni di sovietici russi sono diventati di colpo cittadini ucraini.
A seguire la Crimea furono successivamente anche i cittadini del Donbass, che hanno indetto ben due referendum, non per l’adesione alla Russia ma per l’indipendenza dall’Ucraina. Questo perché, come per la Crimea, molti antifascisti ucraini e cittadini del Donbass non si sono riconosciuti nel golpe neo nazista sostenuto dagli Stati Uniti a Maidan. Il governo di Kiev non ha riconosciuto i due referendum vinti nelle due repubbliche del Donbass (Donetsk e Lugansk) che per questo subirono la ritorsione del governo di Kiev con spedizioni di battaglioni neo nazisti punitivi e bombardamenti contro la popolazione civile. È seguita la necessità di un’organizzazione militare di difesa che per anni ha invocato apertamente l’intervento della Russia. Il 22 febbraio 2022 Putin riconosce il referendum sull’indipendenza delle due repubbliche autonome del Donbass, “Donetsk” e “Lugansk”, ed il 24 febbraio interviene militarmente a seguito di una specifica richiesta di aiuto delle due repubbliche, che per ben 8 anni sono stati a combattere da sole contro le ritorsioni di un governo neonazista con alle spalle gli Stati Uniti e la NATO.
2015 – IL DISCORSO DI PUTIN ALLE NAZIONI UNITE
Riportiamo di seguito un breve estratto del lungo discorso di Vladimir Putin alle Nazioni Unite, proprio per rimarcare importanti punti di vista che ci aiutano a comprendere meglio la situazione.
«Tutti noi sappiamo che dopo la fine della guerra fredda – ognuno ne è consapevole di ciò – è comparso un unico centro di dominio mondiale. Coloro che si trovarono ai vertici della piramide furono tentati di pensare che, se erano così forti e fuori dal controllo comune, ne sapevano di più e non avevano più bisogno di confrontarsi con le Nazioni Unite. La Russia è sempre pronta a lavorare assieme ai suoi interlocutori sulla base di un pieno consenso, ma consideriamo estremamente pericolosi i tentativi di minare la legittimità delle Nazioni Unite. Simili tentativi potrebbero portare al collasso dell’intera architettura delle organizzazioni internazionali. Non ci sarebbero più regole se non quelle della forza. Ci sarebbe un mondo dominato dall’egoismo invece che dal lavoro collettivo. Un mondo sempre più caratterizzato dalle imposizioni invece che dall’eguaglianza. Ci sarebbe meno democrazia autentica e meno libertà. Sarebbe un mondo dove i veri Stati indipendenti verrebbero rimpiazzati da protettorati e territori controllati dall’esterno».
2016 – LO SCUDO ANTIMISSILE IN ROMANIA
Perché gli Stati Uniti stanno circondando il fronte Est dell’Europa ed in particolar modo due nazioni che confinano con l’Ucraina con degli scudi antimissile piazzati in Polonia e Romania? Questa è una domanda che dobbiamo porci. Probabilmente se pensiamo che il terreno di scontro con la Russia in Ucraina si stava preparando già da tempo e se osserviamo come si sono preparati gli apparati militari e le difese lungo i confini del conflitto, allora diventa tutto ancor più chiaro da comprendere. Non è stato un caso infatti che due scudi antimissile sono stati posti a ridosso dei confini di un paese che si apprestava ad entrare in conflitto con la Russia per conto degli Stati Uniti in una cosiddetta “guerra per procura”.
Lo scudo antimissile in Polonia e Romania lungo i confini dell’Ucraina serve agli Stati Uniti ad attaccare con la garanzia di non essere attaccati. È anche vero che l’articolo 5 della NATO è già una garanzia: se un paese membro dell’alleanza atlantica viene attaccato tutti gli altri devono rispondere; è anche vero che sul terreno dello scontro è sempre meglio prepararsi al meglio, non tanto per proteggere i territori europei e le popolazioni, ma fondamentalmente per proteggere le basi USA e NATO dislocate lungo i territori dell’Europa occupata. Dalla Russia ovviamente, a seguito dell’installazione dello scudo antimissile Shield in Romania sono arrivate reazioni molto negative e forte irritazione. Lo scudo è ospitato nella base ex sovietica di Deveselu, circa 180 km a sud-ovest della capitale Bucarest, e per la cerimonia sono giunti il premier romeno Dacian Ciolos, il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg e una delegazione americana.
Così riporta la testata ANSA del 12 maggio 2016: Stoltenberg ha dichiarato che «la Nato si impegna solennemente nel problema sicurezza della Romania», facendo anche riferimento alle «azioni aggressive della Russia» in Ucraina. La reazione di Mosca non si è fatta attendere. «Il sistema anti-missile di Deveselu rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale della Russia – ha fatto sapere il Cremlino in una nota ripresa dai media romeni – per questo stiamo già prendendo le contromisure necessarie».
2021 – ESERCITAZIONI NATO IN UCRAINA
Brezza Marina – La prima esercitazione della NATO denominata Sea Brezze (brezza marina), si è svolta dal 28 giugno al 10 luglio 2021 e ha coinvolto ben 32 nazioni. La Nato si compone di 30 membri, ma in questo caso è stata coinvolta anche l’Australia, che non fa parte della Nato ma è come se lo fosse per via della sua alleanza militare di chiara ed ovvia ispirazione anti-cinese nell’est asiatico chiamata “Aukus” (Australia, Gran Bretagna e Stati Uniti) e l’Ucraina, che non fa parte della Nato “de iure”, ma “de facto” è come se lo fosse in quanto la NATO ha fatto la sua penetrazione in Ucraina già dal 2014. Le esercitazioni si sono svolte nel Mar Nero e ad Odessa. Durante tali esercitazioni nel Mar Nero, il cacciatorpediniere inglese HMS Defender si era spinto nelle acque del Mar Nero, territorio rivendicato dalla Russia dopo il referendum e l’annessione della Crimea del 2014. Stando alle dichiarazioni del ministro della difesa russo, la marina russa aveva sparato colpi e bombe di avvertimento al cacciatorpediniere inglese, che però hanno negato che ciò fosse accaduto affinché questo evento volutamente provocatorio non desse notizia diventando fonte di dibattito in Occidente. In seguito il capitano statunitense Kyle Gantt disse che quelle del Mar Nero erano acque internazionali navigabili da tutti. Lo stesso Washington Post si espresse con preoccupazione affermando che la NATO aveva scelto di proposito di provocare la Russia per dimostrare di non temere la sua minaccia in Ucraina.
Tre Spade – Dal 17 al 30 luglio la NATO ha condotto un’esercitazione a Javoriv (Ucraina) al confine con la Polonia denominata “Three Swords” (tre spade), che ha coinvolto Stati Uniti, Polonia e Lituania.
Tridente Rapido – Il 20 settembre la NATO ha iniziato un’altra esercitazione militare sempre a Jaroviv (Ucraina) coinvolgendo complessivamente ben 15 paesi.
LA SICUREZZA INTERNAZIONALE E GLI “STATI CUSCINETTO”
La storia ci insegna che le operazioni militari e le intenzioni aggressive di determinate nazioni vengono sempre tenute nascoste alla propria opinione pubblica così come al nemico, ma per osservare le reali intenzioni aggressive di una nazione occorre guardare la posizione geografica degli eserciti sul campo e le ingerenze dal punto di vista politico; non bastano le dichiarazioni, specchietti per le allodole, realizzate con lo scopo di disorientare sia il nemico che la propria opinione pubblica; occorre osservare i fatti oltre alle dichiarazioni politiche. Osservare i fatti significa osservare per esempio come già negli anni ’30 la Germania nazista avanzasse le proprie pretese territoriali verso est ai confini dell’Unione Sovietica: se a ciò aggiungiamo anche ciò che emerse nei “processi pubblici di Mosca” del 1937, abbiamo raggiunto con ulteriore conferma la prova inconfutabile che l’Unione Sovietica sarebbe stata sottoposta ad un massiccio sfondamento militare. Queste informazioni misero in moto la diplomazia sovietica, gli apparati militari e le forze interne allo Stato che prepararono il terreno di scontro, reagendo alla messa in discussione della sicurezza nazionale sovietica.
Stessa cosa oggi si può fare osservando l’espansione militare della NATO e gli atteggiamenti iper-aggressivi degli Stati Uniti attraverso ingerenze politiche interne, sanzioni e dichiarazioni contro la Russia e il suo legittimo presidente. La storia ci insegna che in passato molte superpotenze per fermare o lenire le aggressioni del nemico abbiano invaso altre nazioni confinanti con il fine di creare “stati cuscinetto” e “ripristinare l’ordine sulla sicurezza nazionale” qualora si presentassero imminenti aggressioni militari.
Fin dal 1935 l’Unione Sovietica lavorò attraverso corpose trattative con il Regno Unito, la Francia e la Polonia per creare un’alleanza antinazista. Questo progetto sfumò perché le controparti avevano un atteggiamento ostile e diffidente verso i bolscevichi e il socialismo, cercando di indirizzare le pretese territoriali di Hitler verso est lasciando che fosse la Germania nazista ad occuparsi del regime sovietico, togliendo un enorme peso alle potenze capitaliste liberali. L’Unione Sovietica abbandonò lo sforzo di creare una sicurezza collettiva in Europa con le forze anglo-francesi e si mosse da sola. Conseguentemente a ciò l’Urss firmò il 23 agosto 1939 il trattato di non aggressione con la Germania Nazista, il patto Molotov-Ribbentrop. Nel protocollo addizionale al patto, rimasto per molti anni segreto, si prevedeva una spartizione della Polonia e la definizione complessiva delle “sfere di interesse” sovietiche nell’est Europa. Sarebbe sbagliato però non contestualizzare tali categorie al contesto che spingeva il gruppo dirigente bolscevico a ritenere la guerra con la Germania inevitabile, e quindi a contenere i danni cercando di migliorare la propria posizione militare con il recupero dei territori conquistati dall’imperialismo dopo la crisi rivoluzionaria del 1917. In ogni caso la spartizione della Polonia non fu un diretto risultato del patto quanto piuttosto dell’imprevista rapidità del collasso polacco dopo l’attacco della Germania nazista. Il 1° settembre 1939 la Germania nazista invase la Polonia. Ben 16 giorni dopo, il 17 settembre 1939 l’Armata Rossa intervenne in Polonia da est. L’Urss fu riluttante ad intervenire, ma fu costretta a farlo per una serie di ragioni riguardante proprio la “Sicurezza Nazionale”. Ufficialmente l’Urss intervenne per proteggere ucraini e bielorussi che vivevano nelle zone orientali della Polonia, dato l’immediato crollo del governo polacco, esso non poteva più garantire la sicurezza dei propri cittadini. Di fatto circa 12 milioni di cittadini ex polacchi (etnicamente: 5 milioni di ucraini, 4 milioni di polacchi, 2 milioni di bielorussi e oltre 1 milione di ebrei) erano ora diventati cittadini sovietici. Arriviamo al dunque.
L’operazione sovietica in Polonia, oltre a difendere i popoli contro la Germania nazista ed a metterli sotto copertura, servì essenzialmente per creare una zona cuscinetto tra l’ormai vicino esercito tedesco e l’Unione Sovietica, allontanando così il fronte di centinaia chilometri da Leningrado, Mosca e dai grandi centri industriali. Un’operazione militare del genere di fronte alla cosiddetta guerra lampo lanciata dalla Germania contro l’Unione Sovietica nel giugno 1941, servì ad allontanare il fronte di guerra ed aiutò i sovietici a preparare al meglio le proprie difese. Le Germania nazista con l’operazione Barbarossa si spinse alle porte di Mosca il 30 settembre 1941. Se non si fosse allontanato il fronte con questa lungimirante operazione di diplomazia e azione militare, i nazisti con molta probabilità avrebbero catturato la capitale dell’Unione Sovietica e con esso ribaltato il corso non solo della guerra ma della storia dell’umanità. Come per ogni altro aspetto della propria politica estera, di fatto l’URSS invase un paese per proteggere i propri interessi geostrategici, coincidenti con gli interessi del proletariato mondiale.
Stessa operazione fu portata avanti dai diplomatici sovietici e poi dagli apparati militari con i paesi baltici. L’URSS invase il 15 giugno 1940 la Lettonia, l’Estonia e la Lituania per creare ulteriori zone di cuscinetto contro l’imminente invasore, ormai sempre più vicino ai confini sovietici. Non entreremo nel merito, ma il discorso è abbastanza chiaro: chi invade, piaccia o no, lo fa anche per difendersi da imminenti aggressioni, nella logica della cosiddetta “guerra preventiva” e ciò è dimostrato attraverso ampie documentazioni storiche. Smontare le calunnie di imperialismo sulla Russia passa dal ricordare che le operazioni di intervento militare della Russia sono avvenute tutte lungo i propri confini nazionali a difesa del proprio territorio nazionale; le preoccupazioni di Putin o dei russi riguardo l’onestà del campo occidentale a guida statunitense nel condurre la politica estera sono nelle ragioni sopra elencate. Di fatto la Russia non è isolata sul campo internazionale, e riceve continue dichiarazioni di vicinanza da parte di molte nazioni del mondo, che non solo non hanno aderito alle sanzioni volute dagli Stati Uniti, ma sempre più stringono rapporti di amicizia e collaborazione con Mosca nel campo economico, militare e tecnologico) sperando che questo sia l’inizio di una nuova era di riscatto sociale e politico. Il discorso vale per tutti quei popoli che hanno vissuto sotto i regimi coloniali anglosassoni e che lottano per il mondo multipolare guidato da nuove regole e rapporti internazionali fondati su reciproci interessi e sulla legittima sovranità dei singoli Stati. Contro l’unipolarismo statunitense o anglosassone e la loro retorica che ha diviso il mondo in un giardino fiorito abitato da un miliardo di cittadini dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, insidiato dalla giungla del mondo barbaro e da civilizzare.
Ecco perché la crisi in Ucraina è in realtà il terreno di uno scontro ben più ampio: è la crisi del mondo occidentale; è la crisi del mondo unipolare sotto il dominio USA. Viviamo in un’epoca in cui si stanno rimettendo in discussione le regole della globalizzazione che fino ad oggi ha visto come unica guida al comando gli Stati Uniti. Ormai si è messo in discussione il dollaro come moneta di scambio internazionale. L’era dell’unipolarismo e del dominio imperialistico incontrastato statunitense si appresta a terminare e il mondo si accinge ad entrare in una nuova era, quella del multipolarismo.
Gery Bavetta
Per leggere l’articolo in formato PDF: Imperialismo Russo?
2 Comments
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L’informazione dalla parte giusta della storia.
📚 t.me/lariscossa
https://www.marx21books.com/prodotto/n-1-2-del-2022/
In questo numero di MarxVentuno (1-2 2022 – La guerra ucraina. Cause impatto conseguenze) è contenuto un saggio di due ricercatori che, utilizzando le categorie leniniane contenute nell’opera citata nell’articolo per analizzare la struttura economica della Fed. Russa, spiegano perché la Fed. Russa non è imperialista. Interessante.