200 milioni di lavoratori indiani, del settore pubblico e privato, hanno partecipato allo sciopero generale nazionale di 48 ore convocato da 10 centrali sindacali e dozzine di federazioni indipendenti lo scorso 8 e 9 gennaio contro la politica antipopolare del governo Modi al servizio dei monopoli capitalistici. Lo sciopero dei lavoratori ha ricevuto un enorme sostegno e solidarietà da ampie sezioni della popolazione: in quasi tutti gli Stati, contadini, braccianti, studenti, giovani, pensionati e donne si sono uniti alle manifestazioni a sostegno dello sciopero in varie città. La rete ferroviaria è stata bloccata in gran parte del paese, paralizzando la circolazione dei treni, così come l’insieme del trasporto pubblico e importanti arterie stradali in diversi distretti e Stati.
Anche nel settore privato è stata forte l’adesione allo sciopero. Secondo i rapporti dei sindacati la partecipazione nelle principali aree industriali in tutto il paese è stata molto più alta rispetto ai precedenti scioperi: in particolare vengono segnalate le aree industriali di Nuova Delhi, del Bengala Occidentale, di Pune, Nashik e Aurangabad nel Maharashtra, di Bangalore nel Karnataka e in diversi distretti del Punjab e del Jharkhand, le raffinerie di petrolio in tutta l’Assam, i distretti di ingegneria nel Gujarat. Blocco totale nei monopoli multinazionali come BOSH, CEAT, Crompton, Samsonite nel Maharashtra e in tutte le unità di Volvo, Toyota e le sue filiali in Karnataka. Nell’industria del carbone si è registrata una adesione del 70/75%, cifre simili nelle acciaierie di Vizag e Salem, nelle miniere di ferro e di carbone. 3 milioni di dipendenti, impiegati e ingegneri del settore elettrico hanno aderito allo sciopero in tutto il paese su chiamata del proprio sindacato di categoria. Nel Kerala blocco totale del commercio. Il Gujarat, stato di residenza del Primo Ministro Modi, ha assistito per la prima volta a un tale sciopero congiunto dei lavoratori dopo molti decenni. Alta partecipazione anche nel settore bancario, assicurativo, farmaceutico, della sanità, degli edili e tra i dipendenti statali.
Protagoniste della straordinaria mobilitazione sono state principalmente le organizzazioni sindacali comuniste del Centre of Indian Trade Unions (CITU), affiliata alla Federazione Sindacale Mondiale (FSM) e vicina al Partito Comunista d’India (Marxista), la All India Trade Union Congress (AITUC), affiliata anch’essa alla FSM e vicina al Partito Comunista d’India (PCI), la All Indian Unite Trade Union Centre (AIUTUC), affiliata alla FSM e vicina al Centro di Unità Socialista d’India (Comunista), la All India Central Council of Trade Unions (AICCTU), vicina al Partito Comunista d’India (marxista-leninista) Liberazione, che nel complesso raggruppano decine di milioni di lavoratori. Enormi manifestazioni e raduni si svolti in tutti gli stati nei centri industriali con la partecipazione di migliaia di lavoratori in ciascuna. La manifestazione centrale si è svolta nella capitale di Nuova Delhi con una marcia unitaria di tutte le organizzazioni sindacali verso il Parlamento che ha coinvolto decine di migliaia di lavoratori, sostenitori e militanti. Nonostante gli ostacoli, le provocazioni, la repressione, divieti e meccanismi divisivi attuati dal padronato, dalle autorità statali e di governo, del partito BJP e dei paramilitari delle RSS, si è trattato a tutti gli effetti dello sciopero generale più grande mai realizzato nella storia mondiale, superando anche i due precedenti massicci scioperi svolti in India il 2 settembre 2015 e 2016 sempre contro il governo Modi.
Migliaia di attivisti e dirigenti dei partiti di sinistra e comunisti sono stati arrestati in tutto il paese, con scontri che si sono registrati in diversi stati, tra cui Bengala Occidentale, Nadu, Tamil, Assam, Jharkhand dove circa 1500 operai che presidiavano il cancello della fabbrica AC Daikin di Neemrana hanno dovuto affrontare le cariche, i cannoni ad acqua, i gas lacrimogeni lanciati dalla polizia, per fermare lo sciopero e il pacifico raduno. A Puducherry, circa un migliaio di persone sono state arrestate nei blocchi stradali in una dozzina di luoghi.
La CITU ha definito lo sciopero «un successo storico», affermando nel suo comunicato che la classe operaia indiana ha respinto in modo totale e inequivocabile la campagna condotta dal governo e dalle sue forze contro lo sciopero. «L’ampia e attiva partecipazione senza precedenti dei lavoratori nello sciopero di due giorni è una chiara indicazione dell’entità della rabbia e del risentimento dei lavoratori contro le politiche neoliberiste e gli attacchi alle loro condizioni di lavoro e di vita perpetrate da queste politiche. È un riflesso della loro disillusione e malcontento nei confronti del governo del BJP guidato da Modi, che ha accelerato queste politiche a beneficio dei grandi monopoli, sia nazionali che stranieri, senza alcuna preoccupazione per la difficile situazione del popolo. Questo sciopero è un chiaro avvertimento da parte della classe operaia indiana che non ha alcuna intenzione di accettare gli attacchi ai loro diritti e condizioni di vita. È un forte avvertimento che le politiche che ipotecano il paese agli interessi delle multinazionali non saranno tollerate. È anche un forte rifiuto delle politiche comunitarie e di divisione del BJP e del RSS per distogliere l’attenzione delle persone dalle loro scottanti questioni quotidiane». La CITU avanza infine la piattaforma rivendicativa unitaria dello sciopero che riguarda misure contro la disoccupazione dilagante e la compressione del potere d’acquisto, aumento di salari e pensioni dignitose per tutti, l’istituzione di un salario minimo, misure di contrasto all’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, estensione della sicurezza sociale per tutti, la cancellazione della riforma del lavoro Trade Unions (Amendment) Bill 2018 (che modica il Trade Unions Act del 1926) dove il riconoscimento dei sindacati diventa a discrezione del governo rendendo quindi impossibile una reale contrattazione salariale e, in generale, la fine della politica neo-liberista portata avanti dal governo con la privatizzazione dei settori pubblici e concessioni minerarie a prezzi irrisori alle multinazionali.
Il Partito Comunista d’India (PCI) ha dichiarato che il successo dello sciopero «è un duro colpo per le politiche anti-popolari e anti-operaie del governo BJP controllato dal RSS e guidato da Narendra Modi».
Il Partito Comunista d’India (marxista-leninista) – Liberazione, ha sottolineato che «lo sciopero è stata una dichiarazione di rifiuto del disastroso regime di Modi da parte della popolazione. L’ultimo tentativo del governo di Modi di deviare e distogliere l’attenzione del popolo dalle richieste chiave dello sciopero, l’occupazione universale, dei salari minimi e della sicurezza sociale per tutti annunciando solo qualche misura per le caste superiori espone solo la disperazione e la disonestà del regime di Modi. Il popolo indiano lotterà insieme per la giustizia sociale, i diritti economici e il benessere e caccerà il governo Modi per la sua brutale guerra contro il popolo».
In solidarietà e sostegno allo sciopero, la Federazione Sindacale Mondiale (WFTU-FSM) aveva dichiarato che «negli ultimi anni, la classe operaia indiana ha resistito, intraprendendo lotte a livello locale, settoriale e nazionale» per cui questo sciopero «è la continuazione e l’escalation delle precedenti lotte contro la politica che crea un paese di disoccupazione e stagnazione dei salari in combinazione con l’aumento dei prezzi, implacabili attacchi contro i diritti dei lavoratori e una politica di privatizzazione del settore pubblico senza precedenti», sottolineando che «la lotta con orientamento di classe per una vita e un lavoro dignitosi è l’unica via d’uscita dalla barbarie capitalista».
Il successo di questo sciopero evidenzia l’avanzamento della lotta di classe in India e del processo di accumulazione di forze operaia-contadina, il rafforzamento dell’unità della classe operaia e dell’intera classe lavoratrice con tutte le altre sezioni delle masse popolari a pochi mesi dalle elezioni generali.
Oltre i due precedenti massicci scioperi generali, vanno ricordate le storiche immense marce contadine che hanno mobilitato centinaia di migliaia di contadini e braccianti a marzo e novembre dello scorso anno, le proteste e mobilitazioni di massa di settembre, così come la storica e significativa mobilitazione delle donne nel Kerala negli scorsi giorni.
Ma questo sciopero è un esempio per i lavoratori di tutto il mondo e lancia un messaggio di fiducia e consapevolezza: la storia non è finita.
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