Cari compagni,
In qualità di membro della segreteria politica del Comitato Centrale del PCPE e Responsabile del movimento operaio e sindacale desidero ringraziare il Partito Comunista in Italia per l’invito ad essere presente a questa manifestazione di protesta contro i 60 anni del Trattato di Roma. Allo stesso tempo, trasmetto i saluti più fraterni internazionalisti e proletari a tutti gli altri partiti presenti a questi atti di denuncia dell’origine imperialista dell’UE.
Il trattato di Roma ha rappresentato uno dei primi passi per conformare la struttura imperialista europea nemica della classe operaia e dei popoli che oggi soffrono e che combattiamo nel nostro lavoro quotidiano da anni.
Il PCPE fin dalla sua fondazione nel 1984 così ha denunciato nella tesi promulgate nel Primo Congresso di Unità comunista:
La concentrazione e l’internazionalizzazione del capitale sono la base materiale che sta spingendo in avanti gli organismi di coordinamento economico, politico e militare dell’imperialismo. Le linee di coordinamento economico, politico e militare dell’imperialismo …
Il mercato comune
Il processo di integrazione economica che ha portato alla formazione del mercato comune europeo è un aspetto importante della nuova configurazione dell’imperialismo nella fase attuale. Un gruppo di nazioni, che sono state indebolite dalla seconda guerra mondiale dal crollo dei loro imperi coloniali, ha firmato il Trattato di Roma al fine di stabilire una barriera esterna comune, espandere i propri mercati nazionali ed aumentare il proprio peso economico nella competizione internazionale. Si tratta di un raggruppamento regionale di vecchie potenze coloniali per proteggere i propri mercati e rafforzare i propri monopoli nella competizione per il mercato mondiale. Cioè, ciò che è avvenuto è stato un processo di ristrutturazione imperialista. Nulla aveva a che fare la volontà dei popoli europei in un processo di questa natura.
Tuttavia, la forte espansione economica che ha caratterizzato il mercato comune, nella seconda metà degli anni ’50 e ’60, ha consentito alla borghesia europea di estendere la sua egemonia politica, ideologica e culturale. Gli strati intermedi e quelli che sono emersi nel processo di espansione si sono identificati con i progetti della classe dirigente, immaginando una “società del benessere eterno”. Importanti settori della classe operaia, che si trovano sulla difensiva, si sono lasciati vincere dalla tentazione riformista. L’ascesa dei partiti socialdemocratici in Gran Bretagna, Germania Ovest, Francia, Svezia e altri paesi e le deviazioni riformiste nel movimento operaio di tradizione comunista sono i risultati più tangibili del fenomeno di cui sopra e la pressione ideologica della borghesia. Questo spiega perché alcuni partiti comunisti abbiano accettato il mercato comune, il Fondo monetario internazionale e persino la NATO, lasciandosi trasportare dalla corrente dell’imperialismo europeo – come se il fatto di essere europeo facesse smettere di essere imperialista – pur mantenendo la propria opposizione alle forme più brutali della dominazione imperialista nel terzo mondo.
La politica dei comunisti per quanto riguarda il mercato comune deve basarsi su una posizione di classe chiara e ferma. L’integrazione economica europea è senza dubbio una operazione di matrice imperialista. Anche le relazioni economiche all’interno della CEE sono le relazioni di carattere imperialista. La divisione del lavoro all’interno della Comunità è una divisione diseguale propria del sistema imperialista …
Nel frattempo, l’”europeismo” è la forma a cui attualmente aderisce l’ideologia dell’imperialismo in Europa occidentale. L’ideologia della borghesia monopolista ha influenzato i partiti operai, che hanno avuto la tendenza a “europeizzare la loro politica”. L’accettazione acritica del mercato comune, come se il progetto economico della borghesia monopolista europea fosse l’espressione degli interessi di tutti gli europei, è estranea alla teoria marxista della lotta di classe, e non poteva portare altra conseguenza che l’indebolimento della tradizione rivoluzionaria del movimento operaio in Europa occidentale. Nel 1916, Lenin aveva messo in guardia contro i pericoli dello “sciovinismo europeo” che, in fondo, è una tolleranza dei partiti socialdemocratici rispetto agli appetiti imperialistici della borghesia, stimola le tendenze concilianti e riformiste in seno al movimento operaio e serve solo ad accentuare il predominio delle classi sfruttatrici. In realtà, l’eurocomunismo riguarda l’Europa – e i regimi parlamentari prevalenti nella metà occidentale – come la misura di tutte le cose e, sotto il mantello di “europeismo” tratto in prestito, ignora il vero rapporto tra fatti economici e forma politica, per cui la sua influenza su una parte della classe operaia europea estende il campo del riformismo socialdemocratico tradizionale. Non si può pretendere che la coscienza rivoluzionaria si sviluppi senza “coscienza anti-imperialista”.
La vittoria della controrivoluzione in URSS e negli altri paesi che costruivano il socialismo nei primi anni novanta del secolo scorso, ha liberato le forze del capitalismo – senza più il freno posto dal blocco socialista – lanciandosi quindi in una corsa frenetica per cercare di recuperare il tempo perduto. Così, si accelerano le condizioni per una tempesta perfetta che porta alla debacle dell’ultima crisi capitalistica che continua a trascinarsi dal 2007.
In questo scenario di crisi globale del capitalismo, tutti i fattori della mancanza di coesione interna del progetto UE peggiorano. L’oligarchia scatena una guerra brutale contro la classe operaia, attaccando tutti i diritti che essa considerava acquisiti una volta per tutte, aumenta il tasso di sfruttamento della forza lavoro in maniera brutale e sottopone a estremo impoverimento milioni di lavoratori e lavoratrici (un esercito di riserva di circa 30 milioni di lavoratrici e lavoratori disoccupati nella UE). Il divario esistente tra la minoranza oligarchica e la classe operaia e i settori popolari si allarga ulteriormente. Lo spazio per il consenso e il patto sociale è ristrettissimo, si acuisce lo scontro nella lotta di classe e un fantasma di nuovo si aggira per l’Europa: “tutte le forze della vecchia Europa sono entrate in una santa alleanza per esorcizzare questo fantasma”: Merkel, Hollande, Rajoy, Tsipras, Theresa May …
Altri mali sono sintomi dell’approssimarsi di una possibile soluzione violenta per ripristinare il capitalismo e ritornare al modello repressivo che cerca di recuperare il tasso di profitto ridotto a causa della sua tendenza permanente a cadere: l’ascesa di movimenti reazionari e xenofobi. Alla vigilia degli scontri bellici interimperialistici l’orda ideologica fascista si muove alimentata dalle stesse politiche europee che subiscono i lavoratori in fuga dalle operazioni militari in cui l’UE è un promotore di prim’ordine come in Africa e nel Medio Oriente. Ciò sta portando gli strati popolari a rifugiarsi verso posizioni ideologiche reazionarie, identificando i più deboli, come i rifugiati e i migranti, come capri espiatori, valuta di scambio per maggiore repressione e violenza per giustificare più alti livelli di capitalismo puro e duro. Con il fascismo, con la xenofobia, non si media, si combatte fino alla loro distruzione. Non possiamo permettere che questi movimenti portino le politiche anti-europeiste verso un capitalismo protezionistico, di carattere ultranazionalista e bellicista, trascinando ampi strati della classe operaia e popolare.
Questa manifestazione è un ottimo modo per unire e per mostrare la posizione forte e chiara dei partiti comunisti e dei lavoratori contro l’Europa imperiale. Il PCPE lavora per promuovere iniziative di coordinamento, per questo salutiamo iniziative come quella di oggi. Per il PCPE “uscita da euro, NATO e l’Unione (UE)” può diventare uno slogan della lotta quotidiana contro l’imperialismo. Quanto prima riconquisteremo l’egemonia tra le grandi masse dei lavoratori che oggi sono guidate dai populismi reazionari e opportunisti (Alberto Garzón, Pablo Iglesias, Tsipras, Grillo …) prima arriveremo al potere popolare e al socialismo. Dobbiamo lavorare per liberarli dagli opportunisti del PSE [Partito della Sinistra Europea], tutti questi nuovi discepoli Berstein.
Preparare tutti i partiti comunisti in Europa per passare all’offensiva e che riconoscendosi in essa la classe operaia si unisca alla battaglia decisiva in cui alla fine non può che esserci la vittoria sul capitale europeo.