Cari compagni,
anzitutto vorrei ringraziare gli organizzatori di questo incontro e la loro fraterna risolutezza.
I miei non sono ringraziamenti di circostanza. Credo che, in questo momento di intensificazione dell’aggressione imperialista e di gravissimi pericoli di guerra, sia urgente poter arrivare a una piattaforma condivisa mondiale, politica, ma anche organizzativa, per sincronizzare il movimento comunista internazionale nei suoi slogan e nei le mobilitazioni nelle piazze e nei luoghi di lavoro.
La dichiarazione proposta dice l’essenziale e lo sosteniamo pienamente. Mi limiterò quindi ad ulteriori considerazioni marginali per non perdere tempo, ribadendo gli stessi concetti.
L’enorme novità che caratterizza quest’ultimo anno è la totale sottomissione della borghesia europea alle politiche bellicose di Washington. Questo non è nuovo. Ma in precedenza i monopoli europei avevano sempre ritenuto conveniente rimanere all’interno di questo schieramento, seppur in posizione differenziata per quanto riguarda i vantaggi, e gli Stati Uniti si sono dimostrati in grado di gestire costi e benefici per ciascuno dei membri.
Ad esempio, nel 2011 l’Italia è stata gettata in un’aggressione contro la Libia di Gheddafi contro i propri interessi, essendo usata come trampolino di lancio avanzato per gli aerei della NATO. Tuttavia, dopo alcuni anni, i contrabbandieri italiani stanno ora commerciando illegalmente petrolio libico, in combutta con i tagliagole di Tripoli e questo è consentito e tollerato da UE e NATO.
Altri esempi illuminanti potrebbero essere forniti per il ruolo di paesi come Francia e Germania.
Ora la situazione è radicalmente cambiata. I costi per le economie europee delle continue sanzioni alla Russia e dell’invio di armi al regime nazista di Zelensky sono sotto gli occhi di tutti: inflazione, costi energetici alle stelle, recessione, disoccupazione.
Negli USA dal 2020 il prezzo del gas rimane abbastanza stabile, mentre in Europa è in forte rialzo, passando dallo stesso prezzo USA a 10 volte rispetto a prima. I costi energetici delle industrie americane sono un terzo di quelli europei. L’economia europea è fuori mercato.
I vantaggi non si vedono nemmeno per l’alta borghesia europea, con l’eccezione di pochissime grandi aziende.
Le classi politiche europee o sono del tutto colluse con Washington – come Draghi, von der Leyen e la dimissionaria Truss – o sono schiacciate, battute e messe in riga, come il cancelliere tedesco.
Durante il Vertice informale del Consiglio europeo, svoltosi a Praga il 7/8 ottobre, Draghi si è dimostrato ancora una volta il più obbediente servitore degli interessi della NATO e degli USA. L’Europa deve bere il calice amaro della recessione fino alla fine. Non sono ammesse eccezioni.
Gli Stati Uniti sono fuori di testa, perché la Germania sta resistendo nel momento cruciale. Dopo aver fatto saltare in aria il Nord Stream, gli stregoni di Washington pensavano di aver finalmente addomesticato i tedeschi, ma il parlamento tedesco ha respinto la proposta di aumentare l’invio di armi in Ucraina.
Anche il loro più forte alleato in Medio Oriente, l’Arabia Saudita, gli volta le spalle, votando insieme alla Russia nell’OPEC per ridurre la produzione di petrolio. “La Casa Bianca definisce “un atto ostile” la decisione di Russia e Arabia Saudita di ridurre la produzione di petrolio di 1 milione di barili al giorno”.
In Italia le classi dirigenti economiche tacciono, elemosinando da Washington di non essere troppo danneggiate (v. dichiarazioni della Confindustria).
Draghi è scappato giusto in tempo per impedire che ulteriori aumenti di bollette investissero il suo governo. Il popolo italiano, sebbene nei sondaggi la maggioranza si dichiari contro le sanzioni e contro l’invio di armi in Ucraina, o voti per gli stessi partiti che hanno promosso tutto questo (o addirittura si muova verso una destra che addirittura chiede un inasprimento di quelle misure), oppure non va a votare per circa la metà, stabilendo il record di astensione in Italia.
La proposta politica avanzata dal mio partito non ha avuto il successo sperato alle elezioni; un’alleanza elettorale con forze socialiste e/o antisistema, imperniata principalmente sul programma dall’uscita dalla NATO e dall’UE. Purtroppo i tempi molto brevi della campagna elettorale, il boicottaggio dei media di regime, la quasi totale assenza di mezzi finanziari e la creazione di liste di disturbo, hanno impedito il successo. Ma questo non è il momento di trovare scuse. Il percorso in Italia e nel resto d’Europa è lungo e faticoso. Tuttavia, un diaframma era rotto. La voce dei comunisti non è solo testimoniale, ma trova eco in gran parte del movimento italiano contro il sistema capitalista.
In Italia, come nel resto d’Europa, c’è uno spazio molto ampio per unire tutte le classi lavoratrici, dipendenti e autonome, contrastando la battaglia tra poveri e smascherando la politica delle classi dirigenti dell’alta borghesia, che hanno svenduto gli interessi di tutta la nazione.
Per questo, e solo per questo, dobbiamo criticare aspramente la politica dei governi borghesi europei. Non per suggerire aggiustamenti all’interno del sistema capitalista, ma per chiarire che le classi dominanti sono ormai del tutto incapaci di assicurare anche la minima sopravvivenza anche a se stessa e all’intera Nazione.
I comunisti hanno vinto quando sono riusciti a incarnare gli interessi della stragrande maggioranza dei lavoratori, ponendosi a capo delle rivendicazioni nazionali in chiave antimperialista. Per fare ciò, è necessario articolare un programma minimo che riunisca le più ampie forze popolari, alzare la bandiera dell’indipendenza nazionale contro l’imperialismo aggressivo e guerrafondaio, affrontare le forze borghesi con il loro suicidio pianificato dall’imperialismo statunitense e strappare l’egemonia avevano recuperato, anche all’interno della classe operaia, dopo la sconfitta seguita al crollo del socialismo in Europa e alla distruzione degli storici partiti comunisti di massa.
Bisogna articolare una proposta che segua gli insegnamenti dei Fronti Popolari, pur sapendo bene quali sono i pericoli e le contraddizioni che esso comporta, i comunisti devono sapersi mettere a capo di questo movimento non solo sventolando le proprie gloriose bandiere, ma soprattutto riuscendo a parlare ancora alle masse popolari, che oggi sono spaventosamente arretrate.
Ma hic Rhodus, hic salta. Non scegliamo noi le forme e i modi della lotta di classe e solo un esame materialistico-dialettico della realtà può guidare la politica dei comunisti.
Siamo ben consapevoli dei rischi che si corrono quando si mescolano forze eterogenee. Sta a noi saper creare egemonia al loro interno e non essere risucchiati nel pantano dell’indifferenza e della ribellione antiideologica.
L’alternativa è l’irrilevanza politica dei comunisti, dove la borghesia vuole relegarci.