Il dottor Puoti è stato primario presso l’Ospedale di Marino (Roma) dal 1999 al 2015, ed è stato medico ospedaliero pubblico ininterrottamente dal 1980. Si è dimesso nel dicembre 2015 in polemica con la politica di distruzione della sanità pubblica perpetrato da tutti i governi nei decenni precedenti.
Successivamente è stato presente sui mezzi di soccorso in mare in svariate missioni di salvataggio dei profughi e quello che ha visto lo ha raccontato nei suoi libri pubblicati l’anno scorso: “Dialoghi con Pì. Storie di mare, migranti e non solo”, “Lettere a Pì. Del mare, dei migranti dell’amore e d’altro ancora”.
Oggi Claudio è impegnato in prima linea nella lotta contro il Covid-19, una lotta che egli esplica non solo attraverso la sua opera medica, ma anche – e soprattutto, vorremo dire da comunisti – da marxista attraverso la critica alla modalità con cui questa lotta viene affrontata dal sistema medico nazionale. Chiariamo subito, per allontanare strane idee complottiste, che nell’opera del dott. Puoti non troverete ricette miracolose o prive di una base scientifica più che solida e comprovata anche da altri risultati che si stanno accumulando nella pratica medica in tutto il mondo, e da scienziato e marxista non potrebbe essere diversamente. Ma l’analisi che lui fa non può non condurci a vedere sotto una nuova luce quello che sta accadendo nel nostro paese e nei paesi capitalistici.
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Caro compagno, il tuo intervento al Primo Maggio al comizio telematico del Partito Comunista ha suscitato grande interesse. Hai parlato nei brevi minuti che avevi a disposizione della crisi della sanità pubblica, del sacrificio degli operatori sanitari che vengono immolati in questa guerra dove vengono mandati allo sbaraglio, della retorica di regime che dietro l’esaltazione degli “eroi” poi non provvede conseguentemente. L’immagine che più vividamente rievocano le tue parole sono le guerre imperialiste, sia la Prima che la Seconda Guerra mondiale in cui i nostri proletari venivano mandati a morire con mezzi inadeguati e non sapendo neanche bene perché.
Qui vorremmo darti uno spazio maggiore in modo da poter chiarire le tue ricerche e le tue riflessioni per i nostri lettori.
1) Nella tua pagina facebook si può scaricare un protocollo che tu sottoponi all’attenzione della comunità scientifica internazionale, riguardante il trattamento del Covid-19. Ce ne vuoi parlare?
Questo trattamento è diverso da quello previsto dal sistema internazionale. La cosa che lo caratterizza – e che credo anche un non addetto ai lavori non può non osservare – è che: a) il protocollo si svolge tutto entro casa e non prevede costosi, debilitanti e rischiosi ricoveri; b) prevede un uso di farmaci a bassissimo costo immediatamente disponibili e non vaccini che dovranno arrivare chissà quando e costeranno chissà quanto; c) prevede un attento monitoraggio del medico di base che quindi deve essere a stretto contatto col malato; d) prevede un’attivazione la più precoce possibile e addirittura potrebbe essere somministrato anche nei casi dubbi, eliminando il rischio dei falsi negativi al tampone o le ricadute.
Non certo la panacea, insomma, ma un valido supporto che potrebbe, se attuato, non solo alleviare tante sofferenze, ma anche diminuire l’enorme afflusso di malati alle strutture sanitarie. Purtroppo forse ha un grave “difetto”: costa poco e mette il malato nelle mani del suo medico e non di una struttura.
2) Quindi ancora una volta abbiamo la prova provata che la medicina dev’essere intanto attenzione al malato prima che alla malattia. Che la scienza dev’essere al servizio della società. Che la sanità pubblica deve essere diffusa sul territorio.
Lo smantellamento di tutto questo ha già provocato e provocherà negli anni danni irreversibili da qui in avanti. È anche per questo che il mio impegno civile, che risale alla mia gioventù e non è mai venuto meno, cinque anni fa mi ha portato a dimettermi in polemica con le politiche governative sulla sanità e oggi mi porta ad avvicinarmi al Partito Comunista.
Credo che questo enorme tsunami che ha colpito tutto il mondo sta facendo capire il valore della sanità pubblica, istituita 42 anni fa dalla riforma sanitaria, che – con tutti i suoi errori e distorsioni, l’infezione della politica – ha funzionato, garantendo lo stato sociale a tutti. Questo era un paese in cui ogni quartiere, ogni paesello aveva il suo ospedale. Lavorare in provincia per me è stato qualcosa di estremamente bello per il rapporto che si crea con la popolazione.
In seguito all’emergenza sanitaria sono stati riaperti reparti che erano stati chiusi, si è capito che senza di questi il sistema non può reggere. Ma non deve essere fatto solo nell’emergenza, deve proseguire. Dobbiamo ricominciare da lì. D’ora in poi nulla potrà essere come prima.
Cominciamo a ragionare di nuovo sul valore del personale medico e paramedico, sul precariato. Dal primario al portantino. Intanto per ridare dignità ai lavoratori, ma anche ridare responsabilità politica e capacità di governo delle proprie strutture a chi deve dirigere le strutture e i reparti che non può essere un servo, un dipendente del politico di turno.
Quindi il controllo dei lavoratori anche in quel settore delicatissimo che è la sanità.
3) Ancora dalla tua pagina facebook leggiamo che questa terapia è già stata sperimentata da tanti medici che si sono ribellati alle imposizioni previste dai protocolli ufficiali, desolati dal veder morire tanta gente intorno a loro.
Anche qui il parallelo che vien da fare con la guerra, è quella di tanti ufficiali che se ne infischiavano delle direttive degli alti comandi e badavano a salvaguardare la vita dei propri uomini. Quei medici rischiano grosso, ma devono rispondere innanzitutto alla propria coscienza e alla propria deontologia. È strabiliante che nei loro racconti riportino di tanti e tanti successi, ma immaginiamo se qualche familiare di pazienti deceduti si fosse voluto rivalere contro di loro per la loro “insubordinazione”. Questi sono veri eroi!
4) Il Partito Comunista ha denunciato le conseguenze economiche che questa pandemia provocherà: distruzione del piccolo tessuto produttivo e indebitamento a vita delle piccole attività e poi dello stato, cioè di tutti i contribuenti. Anche i diritti costituzionali residui subiscono un duro attacco. Scenario greco, insomma. Abbiamo detto: se non ci fosse stata la pandemia, per il capitalismo la si sarebbe dovuta inventare: distruzione delle forze produttive, concentrazione monopolistica, indebitamento e assalto ai piccoli risparmi e alla piccola proprietà: una guerra senza bombe. Certamente non ci sono prove che tutto questo sia stato programmato in laboratorio.
Io sono sommerso da messaggi di tanti che si fanno megafono di ipotesi sia sociali che mediche che definirei quantomeno fantasiose. Ora, la medicina è una scienza che si porta avanti con gli strumenti scientifici e non con il complottismo. La guerra tra sostenitori di schieramenti contrapposti è ridicola, se non fosse innanzitutto deleteria per combattere il virus, così come tutte le altre malattie. Quindi, dico io, mettiamo da parte la fantascienza e la fantapolitica.
Oggi credo che la sfida più importante sia quello di rimettere al suo giusto posto la scienza e la tecnologia. Non supremazia della tecnocrazia, ossia la dittatura di chi detiene quegli strumenti, ma il futuro a cui dobbiamo guardare è quello in cui essi sono resi “democratici”, in possesso di tutti e al servizio di tutti e non dei soliti pochi.
D’altro lato è chiaro che un Partito che vuole fare sintesi politica, come il partito comunista, deve avere uno sguardo più ampio, deve ragionare secondo una logica in cui si guardano tanti aspetti.
Tuttavia, se mi permettete, credo che dobbiamo fare insieme un Partito comunista vicino alla gente, ai lavoratori, a farlo parlare con la lingua della gente comune. Altrimenti, per quanto le nostre idee possano essere giuste, non potranno mai marciare sulle gambe di migliaia o milioni di persone vere.
E anche a questo proposito si apre una grande prospettiva in cui tutti i lavoratori, dipendenti e autonomi, possano marciare insieme contro l’avversario comune. Quella che abbiamo chiamato fino a ieri un po’ altezzosamente “piccola borghesia”, oggi non lo è più, né oggettivamente sempre più proletarizzata, ma anche soggettivamente essa guarda sempre più al proletariato come alleato e non più la grande borghesia. Essa è schiacciata da questa crisi e la via d’uscita o è comune per tutti i lavoratori, o non è.
Il Primo Maggio, al quale ho avuto il piacere di partecipare insieme a voi, credo sia stato un ottimo esempio di quello che dobbiamo fare da qui in avanti.
Ringraziamo il dottore, lo scienziato, il marxista e compagno Claudio Puoti per la stimolante e istruttiva intervista che ci ha concesso.