21/02/2016 Roma, Rai, trasmissione televisiva in Mezz'Ora, nella foto Luigi Di Maio
Il governo Lega-5 Stelle, dopo essersi smascherato in politica estera (vedi qui e qui), ora mostra il suo vero volto antipopolare anche in politica economica – e non poteva essere diversamente. Vediamo in dettaglio cosa prevede il “decreto dignità”.
Le reazioni di Confindustria amplificano come solito le lagnanze dei padroni, che non sono mai contenti delle regalie pubbliche, e quelle del PD, ovviamente in perfetta sintonia con quelle di Confindustria, confermando come questo partito cerca ancora di proporsi come il più fedele interprete degli interessi padronali.
D’altro lato, Di Maio si è affrettato a tranquillizzare i padroni dicendo che il governo individuerà «le coperture per abbassare il costo del lavoro in modo selettivo su professioni, tipi di impresa e investimento che hanno un margine di crescita» nella prossima legge di Bilancio, confermando anche in questo la porzione della borghesia di cui M5S intende essere riferimento.
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Possiamo quindi avanzare un commento ai primi passi del governo giallo-verde, in piena sintonia con quello che ci si aspettava da un governo filo-padronale:
1) la distanza enorme tra quello promesso, per quanto in modo molto fumoso, in campagna elettorale (cancellazione del Jobs Act, del lavoro somministrato e precario, ripristino dell’art.18, salario minimo ecc.) e quanto mantenuto che non scalfisce per nulla l’impianto del Job Act.
2) Sui riders, si è individuata una categoria nuova, priva di ogni diritto, per farne un simbolo di propaganda del governo con il quale far passare il messaggio delle «tutele minime» come il massimo delle conquiste, con una contrattazione che deve eliminare il conflitto, confidando nella “sapienza” del governo/ministro. Un capolavoro di manipolazione degli interessi dei lavoratori: si parte da una esigenza giusta e sentita, anche se investe una parte minima dei lavoratori, si finge di farla propria e alla fine si propone una soluzione che in realtà nega il vero problema e anzi pone artificialmente tutto il resto della classe operaia su un piano di “privilegio”.
3) Ai proclami trionfalistici di Di Maio, per cui questo decreto sarebbe la «Waterloo del precariato», si associa la “narrazione” forviante dei sostenitori da “sinistra” del governo secondo cui “è pur sempre un miglioramento e un cambio di tendenza” (magari cooptando anche qualche settore sindacale accomodato sul collaborazionismo, come abbiamo visto all’ultimo congresso UIL e le dichiarazioni di Barbagallo, Camusso e Cofferati). Ma qual è in realtà il piano? Niente conflitto, niente conquiste, niente organizzazione di classe, ma qualche “concessione” del presunto “governo amico” nel quadro della comunione di intenti tra imprenditori e lavoratori assimilando questi ultimi alla tesi della fine delle contrapposizioni nella difesa dell’“interesse nazionale”. Mentre la narrazione di PD/FI/FdI è che si tratterebbe di un attacco alle imprese e quindi in ultima analisi agli interessi dei lavoratori, che alla fine coinciderebbero anche in questo caso con quella dei padroni. Un gioco delle parti con Confindustria che prepara il depotenziamento delle già misere misure del decreto in parlamento e a far cassa con gli annunciati “tagli del costo del lavoro” in nome della competitività delle imprese.
Le cose stanno andando da subito molto peggio di come si poteva prevedere a partire da un’analisi sulla natura di classe del governo (vedi qui la posizione del Partito Comunista). Quelle briciole che potrebbero arrivare si sono perse per strada. E del resto, mancando una forte opposizione di massa alle scelte del governo, perché i padroni dovrebbero concederle?
Dopo questi primi provvedimenti, molti lavoratori che – dopo essere stati platealmente traditi dal PD e delusi dalle sirene berlusconiane – per disperazione si erano rivolti, al nord e al sud, a questi due partiti, Lega e M5S, possono già vedere la reale natura di questo governo.
Occorre smascherare la natura di questo governo, che utilizzando la demagogia “populista” (qualunque cosa ciò possa significare), è in piena continuità con le scelte filo-padronali del passato, da Berlusconi al PD. Pertanto solo una presa di posizione indipendente della classe operaia, che non la collochi sotto questa o quella bandiera della borghesia, può costituire il primo passo per la ricostruzione di un fronte di classe in Italia per delle vere conquiste e non elemosine.