Dopo Soragna la Lega ci riprova. Una mozione per la messa al bando dell’ideologia comunista è stata avanzata e depositata al Comune di Padova da Alain Luciani, consigliere comunale della Lega Nord.
Nel testo della mozione, dopo aver tentato di farla passare ipocritamente per un atto che si inserisce nelle «iniziative per la Pace, la Democrazia e la condanna di tutti gli Estremismi», l’estensore si spaccia per “storico” e sputa la solita sentenza: «il Partito Comunista ha cagionato la morte di oltre cento milioni di persone sotto il simbolo Falce e Martello».
L’accusa è semplicemente ridicola, ma purtroppo – come diceva Goebbels – una bugia ripetuta più e più volte, diventa una verità. Ribadiamo che questa accusa – che tra l’altro contrasta con gli impetuosi incrementi demografici che hanno caratterizzato tutti i paesi socialisti, in primis l’URSS dall’epoca della sua fondazione fino al suo scioglimento – non è mai stata provata ed è stata avanzata da un testo di assai dubbia validità dal punto di vista della documentazione. Due soli esempi. Si dice che il comunismo in URSS ha provocato 20 milioni di morti. Facciamo presente che, mentre i 20/25 milioni di morti provocati dall’invasione nazista del 1941-45, sono ben documentati dalle tabelle demografiche, così come i milioni di morti provocati dalla prima guerra mondiale, nelle stesse tabelle non si ha traccia di questi fantomatici milioni, che avrebbero dovuto invece lasciare un segno molto profondo. La carestia russa del periodo del 1921-23 viene inoltre attribuita al “comunismo” e non alla guerra di aggressione imperialista che la Russia rivoluzionaria dovette subire. L’elenco dovrebbe continuare, smantellando uno ad uno tutte le volgari imposture di questo ignobile testo, ma non è questa la sede.
Mancano stranamente invece elencati i crimini dovuti al crollo del comunismo. Per quanto la storia finale dell’URSS non abbia brillato per tensione rivoluzionaria e i sintomi della corruzione interna del sistema fossero presenti, il tenore di vita del cittadino sovietico andò sempre aumentando, anche durante il periodo brezneviano, che in modo poco scientifico è stato definito il periodo della “stagnazione”. Invece il tracollo degli indici della produzione sovietica e il tenore di vita della maggior parte dei cittadini iniziarono con le “riforme” di Gorbacev e poi con la dissoluzione dell’URSS. In particolare la vita media si abbassò rapidamente di circa dieci anni, proprio perché le persone più deboli (anziani, malati, lavoratori a basso reddito) non avevano di che sfamarsi e di che curarsi, a causa della distruzione della sanità pubblica, il crollo dei salari e delle pensioni, la privatizzazione selvaggia di tutti i servizi.
Tornando alla mozione leghista, si prosegue ancora dicendo che «… ancora oggi il Partito Comunista in molti paesi del Mondo è sinonimo di feroci dittature o deboli democrazie, tra le più note: Corea del Nord e Venezuela». Che dire? Il Venezuela non è una “dittatura”, si vota ogni anno (se questa è la cartina di tornasole) e talvolta il partito socialista al governo (il partito comunista non è nemmeno al governo) è andato sotto. In ogni caso, prova della scarsa coerenza della mozione è il termine «deboli democrazie», che ci chiediamo cosa ciò possa significare? Un paese in cui le votazioni sono condizionate dal ricatto e dalla corruzione diffusa, dall’intromissione e dalla costante manipolazione di agenzie nazionali ed estere? Che paese viene in mente a queste parole?
Quanto alla Repubblica Popolare Democratica di Corea, possiamo solo invitare i lettori che ne hanno la possibilità a fare un viaggio in quel paese per rendersi conto della realtà, se è il regno del terrore o un sistema che vuole e persegue testardamente la pace e la prosperità. Vari report di viaggiatori indipendenti riportano una realtà ben diversa da quella favoleggiata nella mozione. Certo è indiscutibile però che la Corea del Nord oggi è un paese in sviluppo e moderatamente prospero, e non è ridotto ad un cumulo di macerie fumanti come la Libia o la Siria, grazie alla politica di autodifesa messa in atto da sempre dai suoi dirigenti contro le aggressioni dell’imperialismo USA e dei suoi alleati. I recenti colloqui diretti tra i rappresentanti delle due parti della nazione fanno ben sperare.
Nel commento alla sua iniziativa il rappresentante leghista commette lo scivolone tipico anche di molti storici, nominando il cosiddetto “totalitarismo”, cappello sotto cui si annovera tutto ciò che non è il sistema liberalista. Per cui i regimi fascisti e nazisti, che sottomettevano l’economia agli interessi dei monopoli nazionali, distruggendo col terrorismo le organizzazioni operaie, macchiandosi dei peggiori crimini razzisti e infine gettandosi nella peggiore guerra di aggressione imperialista … vengono assimilati a sistemi politici socialisti, basati sull’esproprio dei monopoli privati e lo sviluppo culturale e politico dei lavoratori; che si sono difesi dall’aggressione imperialista e ne hanno costituito un argine invalicabile (e ci siamo resi conto di quanto fosse importante l’azione antimperialista dei paesi socialisti, quando essa è cessata!); che hanno costituito nei propri confini oasi di pace e fratellanza per tutte le etnie (si pensi al ruolo estremamente attivo che hanno sempre avuto gli ebrei in Unione sovietica, nel campo politico, artistico e culturale in generale; si pensi alla soluzione del problema delle etnie Rom in Ungheria o in Romania, problemi riesplosi solo dopo il crollo del socialismo, ecc.); che hanno salvato l’umanità dal mostro nazista, fascista e dal militarismo giapponese…
Ma probabilmente non è il terreno storico che interessa, quanto la politica odierna. Oggi viene classificato come “totalitarista” qualunque sistema che non sia la dittatura del capitalismo monopolistico internazionale, in particolare filoamericano. In quel paese le agenzie di sovversione internazionale possono scorrazzare impunemente? NO? Regime totalitarista. La banca centrale è sottomessa ai diktat della finanza internazionale? NO? Regime totalitarista. E così via.
Questo nuovo tentativo, impregnato di ignoranza storica, mostra anche l’opportunismo politico di un partito reazionario come la Lega che al di là delle parole della campagna elettorale, criminalizzando ogni idea alternativa al capitalismo e attaccando le forze politiche che si battono dalla parte dei lavoratori, si propone nei fatti per un nuovo governo al servizio del grande capitale dimostrando il profondo legame tra anticomunismo e imposizione di misure e leggi antipopolari in continuità col PD. Per tutte queste ragioni la risposta del Partito Comunista nel Veneto non si è fatta attendere con un comunicato in cui si rivendica che «l’ideologia comunista e il PCI in Italia hanno fatto avanzare e di molto le rivendicazioni della classe operaia». Ricordando tutte le «conquiste che senza l’indispensabile apporto dei comunisti non si sarebbero mai potute ottenere» e che «nonostante i tentativi di smantellamento degli ultimi decenni, sono patrimonio del proletariato», i comunisti veneti affermano che «non è dunque un caso che, dopo l’eliminazione di tutti quei risultati storici conseguiti dai comunisti nel secolo scorso, l’interesse sia rivolto adesso al mezzo a cui i lavoratori possono ancora rivolgersi per lottare, il Partito». «Proposte del genere vengono fuori quando si vuole stroncare sul nascere la possibilità che riemerge nuovamente una nuova coscienza di classe. Il capitale ha paura», conclude il comunicato chiamando «i lavoratori a non lasciarsi intimidire da questi pallidi tentativi di piegare i nostri diritti ai loro interessi».