di Sabrina Cristallo
“Tutto il mondo è paese” dove vige il regime capitalistico. Con la crisi pandemica, le forze capitalistiche e i governi al loro cospetto hanno colto immediatamente l’occasione per inasprire l’offensiva contro i diritti della classe lavoratrice e dei popoli.
Dagli Appennini alle Ande, la ricetta proposta è sempre la stessa: licenziamenti, privatizzazioni, innalzamento del debito pubblico e susseguenti riforme anti popolari. Le nostre lacrime, il nostro sangue per la salvaguardia e l’arricchimento di pochi.
All’unità d’azione delle élite mondiali, il proletariato deve agire contrapponendo l’internazionalismo e la solidarietà di classe.
Dalla capitale del Perù, giunge un esempio di resistenza importante e infaticabile che dalla scorsa primavera, al culmine dell’emergenza sanitaria, vede protagoniste le lavoratrici dell’igiene urbana e il sindacato Sitobur. Dopo 8 ore di lavoro essenziale, sacrificando ulteriore tempo alle proprie famiglie, le spazzine del Comune di Lima si uniscono in lotta per difendere i propri posti di lavoro dall’esternalizzazione pretesa dal sindaco Jorge Muñoz, nonostante una sentenza del 2018 della Corte Suprema stabilisca, a seguito della vittoria di una lunga stagione di lotta sindacale, il divieto di cessione del servizio pubblico di pulizie a terzi.
Sono più di 500 i posti di lavoro a rischio: per la maggioranza si tratta di donne di 40/50/60 anni difficilmente ricollocabili in un paese dove la fame fa molta più paura dell’epidemia; madri di famiglia che, come da copione, sono state definite eroine durante il lockdown e un momento dopo gettate via come quegli scarti che quotidianamente raccolgono, rendendo un servizio fondamentale all’intera società.
Isabel Cortez, grido portante delle proteste, sindacalista e operatrice ecologica con vent’anni di lavoro alle spalle e madre di tre figli, attualmente candidata alle prossime elezioni generali 2021 con la lista delle forze di sinistra Juntos por el Peru, ha subito qualsiasi angheria, dalle minacce all’ aggressione fisica, avvicinata per strada da individui e colpita alla testa con il calcio di una pistola. Decine le compagne trattenute durante le contestazioni e investite dalla violenta repressione che la polizia limeña riserva alle lavoratrici. Ma la lotta sacrosanta non conosce paura e si unisce in dicembre anche a quella dei lavoratori dell’igiene urbana della città di Callao, in agitazione in seguito a licenziamenti.
Ricordiamo la crisi istituzionale che ha colpito il Peru negli ultimi mesi e ha portato migliaia e migliaia di persone in strada in protesta contro il sistema neoliberista profondamente corrotto che governa da decenni lo stato andino. Un paese sofferente dove la violenza della polizia ha rubato la vita a due giovani manifestanti e ancora, ha ucciso un giovane lavoratore agricolo in sciopero.
Eppure, tutta questa violenza di stato, gli abusi e le intimidazioni svelano la vulnerabilità del potere di fronte a quella spinta implacabile capace di condurre la classe operaia alla testa di un conflitto di classe dove a vincere sarà chi resiste un minuto di più. Un minuto che riusciremo a guadagnare rinforzando la compattezza operaia perché solo la solidarietà dei lavoratori e delle lavoratrici e la loro unità faranno il socialismo di domani.