*di Alessandro Sergio (segr. sez. “Gramsci” di Cava de’ Tirreni)
È una lunga lotta che va ormai avanti da quasi un anno quella presso l’Università degli Studi di Salerno, che vede impegnati i circa centocinquanta lavoratori adetti alle pulizie dell’azienda «Gioma Facility Management» che protestano contro le inaccettabile condizioni di lavoro imposte col cambio d’appalto a cui si aggiunge anche il ritardo nel pagamento degli stipendi.
Risale infatti al 1° luglio dell’anno scorso il passaggio di cantiere con l’azienda uscente – la «Fisciano Sviluppo» – e l’introduzione delle nuove condizioni contrattuali, a seguito della gara d’appalto che ha visto in lizza la vincitrice Gioma assieme ad altre 36 ditte, dove ad essere privilegiato è stato non il progetto tecnico, bensì il ribasso economico. La «Fondazione Universitaria» prima di indire la gara non ha compiuto difatti alcuna perizia tecnica per verificare il monte ore atto a garantire la copertura dei circa 18 km² del plesso universitario.
Passando ai numeri, sulla base d’asta di 3,2 milioni di euro, la ditta ha vinto con il 40,62% di ribasso: ciò sta a significare che l’azienda “dichiara” di poter sostenere e garantire il servizio con 1,8 milioni di euro, cifra che, ripartita sul monte ore, riesce in realtà a stento a coprire la metà delle ore necessarie per i lavoratori a garantire la pulizia del plesso universitario, stando alle precedenti condizioni contrattuali. Il nuovo monte ore previsto, infatti, è sottodimensionato in ragione dell’estensione dei circa 187 mila m² dell’Ateneo, senza contare, tra le altre cose, l’aumento di 45 mila m² rispetto al vecchio appalto.
Questi numeri vanno senz’altro a ripercuotersi sulla qualità dei servizi erogati per il mantenimento e il decoro dell’Università, vale a dire per garantire la salubrità delle migliaia di studenti – che ricordiamo, continueranno a pagare ugualmente le tasse universitarie, a fronte di un detrimento della qualità del servizio erogato dall’ente universitario – e dei lavoratori che periodicamente frequentano l’Ateneo.
Le nuove condizioni imposte dall’azienda si sono così ripercosse immediatamente – come al solito – sulla pelle dei lavoratori, innanzitutto a seguito della diminuzione complessiva del monte ore settimanale e del conseguente ribasso della paga oraria – da 7,65€ a 5,76€ –, di circa il 25%. Per fare un esempio concreto, in alcuni casi gli attuali stipendi – di circa 350€ – hanno subito un decremento percentuale anche del 50% rispetto alle precedenti retribuzioni delle vecchie condizioni contrattuali. Inoltre, in caso di malattia, il contributo cala a 2€ l’ora. I lavoratori infatti sarebbero in ogni caso tenuti a garantire gli stessi servizi che erogavano in precedenza; ma i nuovi ritmi a cui sono sottoposti, tramite la riduzione dell’orario lavorativo, ne rendono impossibile la reale ottemperanza.
Dunque non è stata svolta alcuna verifica sull’anomalia dell’offerta; questo è il risultato della politica della «Fondazione Universitaria», che gestisce i servizi più essenziali con logiche di profitto che hanno poco da invidiare a qualsiasi altra azienda privata, incurante degli effetti che suddetta politica ha sui lavoratori e sulle loro famiglie, sugli studenti e sul decoro dell’Ateneo salernitano.
La Fondazione venne creata per ottimizzare l’erogazione e la gestione dei servizi dell’Ateneo, per consentire l’ingresso di fondi dall’esterno, necessari per la ricerca, assicurando al contempo efficienza e trasparenza; peccato che, alla luce di questi fatti, si può dire che la Fondazione gestisca i servizi in modo totalmente scellerato, contro gli interessi della maggior parte delle persone coinvolte.
Ecco perché la lotta dei lavoratori della Gioma va appoggiata in quanto è la lotta comune di tutti i lavoratori e di tutti gli studenti. Va rivendicato come primo passo l’immediato ripristino delle condizioni dei lavoratori del 30 Giugno 2016.
Quali gli effetti di questa politica a lungo termine?
Occorre infatti dire che questo stato di cose non migliorerà affatto se non si rompe il torbido mondo delle esternalizzazioni dei servizi con appalti e sub-appalti al massimo ribasso dal quale emergono sempre più spesso solo peggioramento delle condizioni di lavoro, dei salari e tagli occupazionali: quando sarà indetto il prossimo appalto, infatti, le aziende partecipanti potranno partire con una base d’asta di circa 1,8 milioni di euro – vale a dire proprio quella cifra con cui la Gioma ha vinto la gara d’appalto del 2016! –, cosicchè l’azienda vincitrice potrà aggiudicarsi l’appalto con l’ulteriore ribasso di circa il 41%.
L’internalizzazione del servizio di pulizia va quindi rivendicata per evitare il reiterato ricatto delle gare d’appalto al massimo ribasso: solo così si potranno migliorare le condizioni e continuare la lotta per garantire la dignità dei lavoratori, degli studenti e di tutti coloro che oggi pagano le conseguenze di queste politiche scellerate.