Abbiamo parlato con un operaio metalmeccanico di Fincantieri di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, che preferisce restare anonimo. Ci ha raccontato com’è l’ambiente di lavoro in sede.
Iniziamo da te: da quanto lavori in Fincantieri?
Dagli anni 80, ma ho lavorato anche nei cantieri nautici privati napoletani. Oggi sono di base a Castellammare di Stabia (NA), ma ho avuto esperienze anche in altre sedi come Genova e La Spezia. Per questo motivo, ho avuto modo di vedere un po’ la situazione in tante realtà diverse.
Come sono stati vissuti i mesi del lockdown?
Siamo rimasti a casa, in cassa integrazione. L’ultima settimana prima del lockdown è stata terribile: non c’erano mascherine, né altro materiale per garantire la sicurezza dei lavoratori. Alcuni di noi si sono attrezzati con delle bandane sul viso per creare un minimo di filtro. Abbiamo dovuto organizzarci individualmente, ma in maniera del tutto improvvisata. Poi dal giorno 17 marzo è arrivata la chiusura imposta dal governo. La nostra impressione è che l’azienda non avesse nessuna intenzione di chiudere, né di provvedere alla messa in sicurezza del luogo di lavoro.
Al di là di questa ultima emergenza, com’è la situazione per i lavoratori Fincantieri in generale?
Da un paio di anni, lavoriamo in un clima pesante. Le cose sono peggiorate con la nomina del nuovo responsabile della sicurezza, un ex carabiniere. Prende decisioni arbitrarie, in base a criteri di simpatia personale. Basta un niente, vieni convocato nel suo ufficio e ne esci con una ammonizione, in base alla quale non puoi più lavorare liberamente in tutti i cantieri d’Italia, diventi indesiderato. Faccio un esempio. Un collega ha subito un infortunio sul lavoro, e a quanto pare gli è stato “consigliato” di non riportare in ospedale che l’infortunio era accaduto sul posto di lavoro. Un secondo collega ha preso le difese del primo, ed è stato convocato in ufficio. Lo hanno accusato di aver registrato indebitamente la conversazione che c’era stata, quella del “consiglio”. Lui ha provato a difendersi mettendo anche a disposizione il suo telefono, per provare che non aveva fatto alcuna registrazione. Non hanno voluto sentire ragioni. Ora c’è una causa in corso, vedremo come andrà a finire.
E i sindacati?
I sindacati sono stati messi alla porta. Temono questo individuo almeno quanto noi. Nessun sindacato della “triplice” ha preso nessuna iniziativa, di nessun tipo. Nonostante ci siano state vertenze, i sindacati sono inerti, completamente terrorizzati come dicevo. E questo, secondo me, è scandaloso. Si è creata un’atmosfera insostenibile.
Ovviamente, stiamo parlando della situazione di Castellammare di Stabia.
Assolutamente, faccio riferimento solo alla situazione di Castellammare. Però ti posso fare un esempio anche di un’altra realtà che ho conosciuto, La Spezia, che è un cantiere militare. Anche se non si sono mai verificati episodi eclatanti come quelli di Castellammare, posso dirti che l’atmosfera non è per nulla distesa, non si lavora bene. Si ha l’impressione di vedere delle squadre di controllori che ti tengono sotto osservazione, qualsiasi cosa tu faccia. Anche se banalmente durante la pausa caffè ti permetti di toglierti il casco per rilassarti un attimo, vieni ripreso. È una sorta di pressione psicologica.
Non sono pratiche che incidono sui costi, servono a tenerti sempre in tensione. Penso che a questo punto questa pressione psicologica sia una caratteristica di tanti se non tutti gli stabilimenti italiani.
Ma la situazione non è sempre stata così, vero? Da quando si è creata questa situazione?
No, assolutamente, 10 o 15 anni fa non avrei mai immaginato di dover arrivare a lavorare in simili condizioni. Diciamo che la svolta in negativo si è avuta dal 2008, in seguito all’ultima grande crisi. Da lì in poi le nostre condizioni sono molto peggiorate. Mi viene da pensare che queste crisi non siano casuali, ma siano pilotate per ottenere dei risultati di un certo tipo. Non sono un complottista, ma mi limito a notare che da ogni crisi c’è chi vede il proprio standard di vita peggiorare e chi si arricchisce molto.
E adesso?
Adesso siamo in cassa integrazione, i pagamenti di Marzo sono iniziati ad arrivare dalla metà di Maggio in poi. In questo senso, si tratta di un ritardo “regolare”, ci siamo abituati. Per quanto riguarda invece la ripresa del lavoro, abbiamo ripreso dal’11 Maggio, ma in regime di turnazione. Nella mia ditta siamo circa 100 operai, non possiamo rientrare tutti insieme. Al momento hanno ricominciato solo alcuni colleghi, oltre ovviamente alle ditte del servizio mensa e del servizio pulizie.
E stanno lavorando in sicurezza? Vengono rispettate le nuove norme anti-Covid?
Sì, assolutamente. Mi hanno confermato i colleghi rientrati che l’attenzione è massima. Anzi, semmai adesso c’è l’eccesso opposto, diventa difficile lavorare con tutte queste precauzioni. Ad esempio, c’è solo un bagno attivo, si entra uno alla volta e c’è una guardia giurata all’esterno che regola l’accesso. Ogni giorno ti misurano la febbre, negli spogliatoi gli accessi sono regolamentati. Insomma, da un regime di totale lassismo iniziale, ora sembra di essere in caserma.
A quanto pare questo regime andrà per le lunghe, forse tutto l’anno. A me toccherà rientrare a giugno, vedremo cosa succederà. Io di preciso non so ancora nulla.