Cresce la tensione in vista del referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno convocato per il prossimo 25 settembre 2017 dalle autorità della regione autonoma guidata dal presidente curdo Barzani e che vede la pressante richiesta di sospensione da parte delle autorità irachene e l’opposizione del governo turco che ha anche diretto i propri carri armati al confine iracheno. Per comprendere meglio la situazione attuale e il quadro in cui si sviluppano gli eventi e le pericolose tensioni connesse nella regione proponiamo questa intervista realizzata da SoL News con Kemal Okuyan, Segretario Generale del Partito Comunista di Turchia (TKP) che ha appena celebrato il suo 97° anniversario.
Okuyan indica che il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha avuto buone relazioni con il leader curdo iracheno Masoud Barzani fino a ieri, sostenendo che dietro la crisi nella regione ci sono emergenti conflitti d’interesse e affermando che il referendum in questione non è vantaggioso per i popoli della regione. Okuyan afferma che la classe operaia dovrebbe esser unita contro tutti gli attori borghesi e scenari imperialisti, tra cui gli interventi militari.
D: Il governo del Partito della Giustizia e Sviluppo (AKP) e il Partito del Movimento Nazionalista (MHP) hanno rilasciato delle dichiarazioni dopo il rifiuto da parte dei Barzani di rinviare il referendum. Alcuni sostengono anche che la Turchia svolgerà un intervento militare nella regione. In che misure questa tensione è realistica?
R: Ci sono molti elementi fittizi e ipocriti in questa tensione. Tuttavia, parliamo allo stesso tempo di una tensione reale. Cominciamo da quelli fittizi. Come è ampiamente noto, il Partito Democratico del Kurdistan (KDP), guidato da Barzani, è stato uno dei più importanti alleati della Turchia nella regione. Ciò non è cambiato durante il regime dell’AKP, ma le relazioni sono state ulteriormente rafforzate. Barzani non ha mai negato il suo obiettivo dell’”indipendenza”, a volte ha solo detto che non era ancora arrivato il momento. Anche l’amministrazione di Ankara era a conoscenza di questo fatto, ma hanno stabilito buoni rapporti con Barzani per vari motivi. Di conseguenza, Barzani non ha ingannato nessuno a questo proposito.
La politica della Turchia nei confronti di Barzani deriva solamente dalla necessità di trovare un elemento di bilanciamento o di un alleato kurdo contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK)?
Nessuno può negare questa intenzione. Da notare che la Turchia ha collaborato con Barzani, uno degli attori più filo-USA della regione, e quindi Barzani fa parte dell’alleanza in cui anche la Turchia ha partecipato in termini di equilibri internazionali. Inoltre, la regione curda è diventata un settore significativo di investimenti e profitto per la Turchia, in particolare a seguito dell’invasione statunitense in Iraq. Adesso, [il governo turco] sta mettendo da parte questa dimensione della cooperazione con Barzani, ma anche politici borghesi come Devlet Bahçeli [leader del partito fascista MHP], che oggi suonano le trombe di guerra, hanno portato avanti accordi commerciali e affari con Barzani. Alcuni hanno addirittura detto che tali investimenti e attività svolte dai capitalisti nazionalisti turchi a Erbil e Sulaymaniyah potrebbero anche aiutare a risolvere la questione kurda in Turchia. Questa è un’idea stupida per cui l’ambizione per il denaro e la libera impresa potrebbero portare alla pace e tregua. Il capitalismo non conosce limiti; non può esistere senza accendere il razzismo, la guerra e il militarismo, nonostante il capitale non abbia alcun principio, nazione e nazionalità.
Non saranno mai in pericolo questi investimenti?
E’ troppo presto per dire qualcosa su questo tema. La regione in cui siamo situati è aperta all’attrazione e alla tensione di decine di dinamiche che non possono entrare in un modello coerente, rendendo la coesistenza di queste dinamiche quasi impossibile. Le relazioni economiche dei capitalisti turchi con Barzani non possono determinare tutte queste dinamiche. La Turchia aveva significativi interessi economici nella Libia di Gheddafi, ma la Turchia ha involontariamente preso parte ai gruppi armati islamici che hanno disintegrato la Libia durante la cosiddetta primavera araba, il che ha quindi portato gravi svantaggi ai capitalisti turchi. Dopo tutto, non possiamo assicurare che Barzani e Erdoğan, che oggi litigano reciprocamente, non si incontreranno domani al palazzo di Erdoğan. I conflitti d’interesse si stanno affilando nella regione, e la Turchia partecipa a questi conflitti di interesse per quanto la sua forza gli permette, aggiornando la sua posizione ogni giorno come gli altri attori. In effetti, esiste un terreno che è inquinato dall’alto verso il basso dal sistema imperialista. Le posizioni, le menzogne e le incongruenze senza principi scoppiano bruscamente da ogni parte.
Può la Turchia tollerare un Kurdistan indipendente? Oppure, questi conflitti di interesse porteranno la Turchia ad un intervento militare?
Non sappiamo ancora se il referendum verrà spostato o no. Né sappiamo come sarà attuato il risultato del referendum… Barzani è tanto incoerente e irreprensibile quanto il governo dell’AKP. Tuttavia, ciò non significa che l’intervento militare della Turchia sia una probabilità remota. In primo luogo è chiaro che Erdoğan e anche il suo yes-man Bahçeli hanno bisogno di una “guerra” per la loro salvezza personale o comunque vedono la “guerra” come via d’uscita. Il movimento referendario di Barzani offre una sana giustificazione a Erdoğan per dichiarare una guerra. Le sue opportunità sono adesso limitate in Siria o nella regione dell’Egeo. Inoltre, la tensione accumulata nella nostra regione chiama oggi i conflitti militari. Le guerre nascono dai conflitti inter-imperialisti, tuttavia gli interessi economici non determinano da soli quando e come scoppiano le guerre. In questo sistema borghese, la razionalità e la logica non sono in nessun caso prerequisiti per i conflitti armati.
Qual è il risultato di un simile intervento?
La Turchia è diventata parte attiva di una guerra illegittima o guerre da anni. Nessuno potrà emergere come vincitore in un simile intervento. Non importa a quali etnie appartengono, i poveri saranno quelli che perderanno da un tale intervento.
E’ sbagliato dire che un intervento militare eviterebbe lo stabilimento di uno Stato curdo pro-USA e Israele?
E’ un fatto che in tutto il mondo nuovi stati, o piuttosto semi-stati, siano stati fondati a seguito del crollo dell’Unione Sovietica, determinando un grave danno ai popoli del mondo. Nella congiuntura odierna, nessun nuovo Stato potrebbe esser vantaggioso per i popoli oppressi e schiacciati. Nel nostro caso, è chiaro a cosa servirebbe un Kurdistan guidato da Barzani. Tuttavia, ciò non giustifica le attuali politiche attuate dalla Turchia dell’AKP. Soprattutto, le credenziali della Turchia sono estremamente deboli nelle questioni come la disintegrazione e la divisione dei paesi della regione. La Turchia fu molto entusiasta della disintegrazione della Jugoslavia. Volevano anche dividere la Siria in stati tribali per mezzo di un sanguinoso scenario.
Il governo dell’AKP sta anche sostenendo il separatismo in Nigeria. La Turchia ha svolto un ruolo importante nel consolidamento di Barzani in Iraq. Ora vogliono portare il paese in una guerra! Rifiutiamo per principio la mobilitazione militare transfrontaliera della Turchia. Per quale ragioni i giovani poveri andrebbero a fare una guerra? Per gli investimenti della Turchia. Per il profitto di chi? Di una manciata di capitalisti. La regione soffre di politiche e politici che cambiano continuamente i lati, ma non stanno mai con il popolo. La Turchia è stata contestata anche dal governo centrale iracheno fino a ieri, mentre Barzani era stato ospite d’onore, ora siamo testimoni dell’amicizia Baghdad-Ankara. Non possiamo prendere sul serio questa amicizia. I conflitti d’interesse sono esistenti a questo punto.
Oggi, quello che cercano di nascondere sotto la maschera degli interessi generali della Turchia, in realtà sono gli interessi della classe egemonica, sfruttatrice, predatoria, disonesta e ladra della Turchia. Seguiremmo quelli che hanno trasformato questo paese in un parco giochi degli USA e della NATO in nome di questa classe, solo perché parlano in questo momento della “patria”! Ciò che salverà la Turchia da tutto questo caos è la costruzione di un sistema a favore del popolo, socialista ed egualitario che eliminerà l’intera discriminazione etnica e settaria senza escludere alcun cittadino, valorizzando l’intera ricchezza del paese.
L’attuale ordine in Turchia ha trascinato la questione kurda in questa situazione. Le politiche di negazione, esclusione e eliminazione, così come le iniziative o il processo di pace condotti con affari a porte chiuse senza obiettivi apparenti… Non è questo il vero cammino. A sua volta, le analoghe politiche sviluppate da coloro che agiscono in nome del popolo curdo hanno portato agli stessi risultati. Tali politiche che ignorano o riducono la contraddizione tra il capitale e il lavoro, che non evidenziano le diseguaglianze sociali, ma le distinzioni etniche non portano a soluzioni. Le dimensioni internazionali della questione kurda della Turchia sono oggi ulteriormente complicate e coloro che hanno condotto il paese in una traiettoria filo-USA per quarant’anni e commesso omicidi in nome della NATO dicono adesso “Siamo contro uno Stato curdo filo-USA”! Questa non è altro che una buffonata.
Ma non si potrebbe considerare la fondazione di uno stato kurdo in Iraq come autodeterminazione di una nazione?
Alcuni lo considerano, senza dubbio. Tuttavia, questo non è un approccio marxista o progressista come alcuni sostengono. Alcuni stanno parlando di tale autodeterminazione esulando da ogni altro aspetto, mentre l’umanità è nel mezzo della lotta progressiva, mentre le diseguaglianze di classe si approfondiscono e tutti i gruppi capitalistici di tutto il mondo si scontrano in un parco giochi! Oggi questo diritto è diventato una carta vincente per la rivalità imperialista proprio come ieri. I lavoratori dovrebbero unirsi contro gli sfruttatori per evitare questa trappola. Perché Barzani e il popolo curdo avrebbero un destino comune? “Ma i curdi lo vogliono”, manca l’essenza della questione. Tutte le nazioni e paesi dovrebbero risolvere i loro problemi senza ingerenza esterna, ma a questo punto dovremmo sostenere le forze oppresse, progressiste e giuste. Se domani si tiene un referendum e si chiede alla gente “Preferisci la sharia?” e questo referendum ottiene il 51 percento di “sì”, dovremmo accettarlo come “volontà popolare”? Costoro che sostengono oggi che il referendum in questione aprirà la strada per l’emancipazione dei poveri dei popoli curdi, arabi o turkmeni in Iraq stanno mentendo. No, questo non accadrà, ma anzi emergeranno nuovi conflitti, portando i poveri a scontrarsi.
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Quindi il Partito Comunista di Turchia (TKP) è contro il referendum sullo stato kurdo?
Sarebbe possibile il contrario? Siamo contro sia Barzani che l’indipendenza di un “Barzanistan”. Siamo contro la mobilitazione militare della Turchia. Per rispondere a come impedirlo: solo una politica unitaria è possibile; i lavoratori si devono unire contro l’imperialismo, lo sfruttamento e le forze reazionarie. Coloro che non concordano con questa opzione, annegheranno in un mare di nazionalismi e alla scellerata economia di mercato.