Questo XII numero è particolarmente importante. La Riscossa è ormai diventato molto più di un semplice bollettino, ma un giornale periodico imperdibile per migliaia di lettori (troppo pochi, ahinoi), che vi trovano condensate le notizie principali censurate dai media borghesi, oltre ad indicazioni operative e teoriche utili a comprendere meglio la fase storica in cui ci muoviamo.
Da questo numero emerge come per il governo Meloni i nodi stiano venendo al pettine, concretizzandosi in privatizzazioni economiche che arricchiranno i soliti ricchi a discapito delle masse popolari, che piangono il solito migliaio di morti sul lavoro (745 quelli “accertati” nel 2023) e soffrono per gli aumenti delle bollette energetiche, dei beni alimentari e di ogni altra merce materiale.
Il Governo è in difficoltà. La Meloni è in trincea con l’elmetto, cerca di salvare il salvabile ma appare evidente la crisi di consenso popolare di una leader dimentica dei discorsi elettorali e sempre più sfigurata dall’asservimento alle élite transazionali straniere, di cui Washington e Bruxelles sono solo le propaggini più evidenti. Non è solo l’Italia ma l’Europa intera che paga le conseguenze della guerra e della crisi. In Ucraina le cose vanno male per l’Occidente, bene per la Russia, che non solo torna in crescita economica, ma chiude il 2023 rafforzata dalla consolidata alleanza con la Cina e dall’espansione dei BRICS, a cui ora chiedono di aderire svariati altri paesi di ogni continente.
In Palestina le cose vanno malissimo per i palestinesi, che continuano a subire un genocidio che ormai i nostri media si guardano bene dal riportare. Lo scenario del medio oriente tiene volutamente alta la tensione nell’ambito della Terza guerra mondiale in corso.
L’impressione è che l’imperialismo occidentale sia in grande difficoltà. Gli scribacchini della piramide capitalistica che infestano le redazioni mass-mediatiche raccolgono le veline dall’estero e continuano a dire il contrario, ma il popolo è ormai maturo per aprire gli occhi: ha visto il portafogli vuoto, comincia a spegnere la televisione e smette di leggere i giornali. Nei circoli borghesi si discute accanitamente come ridare linfa ad una democrazia sempre meno liberale e sempre più screditata. Basta poco per scatenare una scintilla decisiva. Si sente l’aria di crisi e la necessità confusa di una transizione verso un nuovo modello di sviluppo. Anche se non c’è ancora una forza politica abbastanza forte e matura da assumere questo ruolo, questa consapevolezza è sempre più diffusa tra i ceti popolari, che rimangono però diffidenti verso la politica, scottati dal tradimento del M5S.
In questo come in altri contesti stolto è chi pensa che in politica qualcosa accada per caso.
I gravissimi fatti di Acca Larentia ci ricordano che permane un sottobosco di nostalgici di una delle epoche più buie della storia occidentale. Nonostante siano al più poche centinaia, essi sono tenaci, disciplinati, organizzati, e operano in varie maniere. Una volta erano iscritti alle giovanili del MSI, poi hanno studiato le “nuove destre”, appreso gli insegnamenti di gente come Alain de Benoist e hanno imparato a camuffarsi e infiltrarsi dappertutto. La Meloni è solo il caso più noto, ma gli allievi che si sono fatti questo cursus honorum sono stati migliaia, e agiscono tutt’oggi, diffondendo veleno ideologico. Si dice spesso che l’Italia non ha mai fatto i conti davvero con il fascismo. Non poteva farli: l’intera storia repubblicana del nostro paese è segnata da una sovranità limitata dalle élite anglo-statunitensi, le quali si sono ben guardate dal rinunciare a migliaia di fascisti per governare l’Italia e combattere i comunisti. Hanno fatto lo stesso in Germania con i nazisti. I fascisti sono stati usati contro gli operai e i comunisti negli anni ’60 e ’70, nella nota “strategia della tensione”.
La borghesia ricorre al fascismo quando non riesce più a governare pacificamente.
La discriminante antifascista non è solo un principio identitario politico doveroso, ma una necessità organizzativa, di sicurezza materiale e di difesa culturale, contro anche tutte quelle tendenze che in campo liberal-borghese lavorano per porre sullo stesso piano nazifascismo e comunismo.
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